In fatto non s’inginocchiò ma restò di sasso e Benedetto gli dovette dire due volte: «ora andate, Nazzareno; andate, figliolo caro.» Avviatolo amorevolmente così al Sacro Speco, s’incamminò egli stesso verso Santa Scolastica.

La petraia chiara era vôta di spiriti buoni e rei. Montagne, nuvole, le stesse fosche mura del monastero e la torre parevano, nella luce scialba, gravi di sonno. Benedetto entrò nell’Ospizio e coricatosi, senza spogliar le vesti bagnate, sul misero giaciglio, si raccolse al petto le braccia in croce, si addormentò profondamente.

 

CAPITOLO QUARTO.

 

A fronte.

I

Il rombo del tuono svegliò, dopo le due, Noemi, che da pochi momenti aveva potuto prender sonno. Ella dormiva nella camera vicina a quella di Jeanne, con l’uscio aperto. Jeanne la chiamò subito. Avevano conversato fino alle due e Noemi, esausta, aveva finalmente ottenuto dall’instancabile amica, dopo molto pregare inutile, di essere lasciata in pace. Finse di non udire. Jeanne la chiamò da capo:

«Noemi! Il temporale! Ho paura!»

«Non hai paura niente!» rispose Noemi, irritata. «Taci! Dormi!»

«Ho paura! Vengo da te!»

«Proibisco!»

«Allora vieni tu!»

Noemi replicò un «vuoi finirla?» tanto risoluto che l’altra si chetò. Per poco. La voce di bambina dolente, che Noemi conosceva bene, ricominciò:

«Non hai dormito abbastanza? Non puoi parlare, adesso? Avrai dormito tre ore!»

Noemi accese uno zolfanello e guardò l’orologio col quale alla mano aveva prima invocato il silenzio.

«Ventidue minuti!» diss’ella. «Basta!»

Jeanne tacque un momento e poi mise fuori quei piccoli hm! – hm! – hm! che son preludio al pianto di un bambino viziato. E seguì la voce sommessa:

«Non mi vuoi niente bene! – Hm! Hm! – Abbi pietà, parliamo un poco! – Hm! Hm!»

Noemi sospirò nella sua lingua nativa:

«Oh, mon Dieu!»

E si rassegnò con un secondo sospiro:

«Avanti! Cosa puoi dirmi che tu non abbia già detto in quattr’ore?»

Il tuono ruggì ma Jeanne oramai non se ne curava più.

«Domattina andremo al monastero» diss’ella.

«Ma sì, va bene!»

«Andremo noi due sole?»

«Ma sì, è già inteso!»

La voce piagnolosa tacque un momento e riprese:

«Tu non mi hai mica promesso, ancora, che qui in casa non dirai niente?»

«Dieci volte te l’ho promesso!»

«Sai, non è vero, cosa devi dire per quello svenimento di ieri sera, se ti domandano?»

«Lo so!»

«Devi dire che quel padre non è lui, che ho perduta una illusione e che mi sono sentita male per questo.»

«Ma mio Dio, Jeanne, queste son venti, delle volte!»

«Come sei cattiva, Noemi! Come non mi vuoi bene!»

Silenzio.

La voce di Jeanne riprende:

«Dimmi quello che pensi. Credi proprio che mi abbia dimenticata?»

«Non rispondo più.»

«Rispondi, invece! Una parola sola! Dopo ti lascio dormire.»

Noemi pensa un poco e poi risponde asciutta, per finirla:

«Ebbene, credo di sì. Credo che non ti abbia mai amata!»

«Questo lo dici perché te l’ho detto io» ribatte Jeanne, aspra, senza lagrime nella voce. «Tu non puoi saperlo!»

«Bon, ça!» brontolò Noemi. «C’est elle qui me l’a dit et je ne dois pas le savoir!»

Silenzio.

La voce flebile:

«Noemi.»

Nessuna risposta.

«Noemi, ascolta.»

Niente. Jeanne si mette a piangere e Noemi cede.

«Ma, santo cielo, cosa vuoi?»

«Piero non può sapere che mio marito è morto.»

«Bene. E allora?»

«Allora non può sapere che sono libera.»

«E dunque?»

«Stupida! Mi fai venire una rabbia!»

Silenzio. Jeanne sa bene quale specie di rabbia è la sua. L’amica pensa troppo come lei stessa che vorrebbe tanto essere contraddetta nel suo presentimento doloroso, avere una parola di speranza.

Rise un riso lieve, forzato:

«Noemi, fai l’offesa, adesso, apposta, per non parlare.»

Silenzio.

Jeanne riprende, mansueta:

«Senti. Non credi che avrà delle tentazioni?»

Silenzio.

Jeanne non si cura, stavolta, che Noemi non risponda. Esclama:

«Sarebbe bella che proprio adesso non avesse più intenzioni!»

Il suo sdegno è tanto comico che Noemi, pure molto scandolezzata, non può a meno di ridere; e ride anche lei. Noemi ride; però anche la sgrida di queste sciocchezze enormi che dice senza riflettere. Perché Noemi conosce Jeanne e sa che Jeanne in questo momento non è la vera Jeanne, conscia e signora di sé; o forse è la Jeanne più vera ma non certo quella che starà a fronte di Piero Maironi se mai s’incontrano.

Il tuono tace e Jeanne vorrebbe vedere il tempo che fa, ma le pesa di scendere dal letto, teme di sentirsi male, teme il dubbio di non poter salire fra qualche ora al monastero. Teme poi anche le difficoltà che gli ospiti farebbero se il tempo fosse troppo cattivo; le preme dunque di sapere come si dispone il cielo.