Ah, Lei è protestante? Non Le rincrescerà, però, di entrare nella nostra chiesa? Non dico nella Chiesa cattolica» soggiunse sorridendo e arrossendo «dico nella chiesa del nostro monastero.»
E raccontò di un inglese, protestante, innamorato di San Benedetto, che faceva lunghi soggiorni a Subiaco, frequentava Santa Scolastica e il Sacro Speco.
«È un’anima bellissima» diss’egli.
Ma Noemi voleva ritornare al primo soggetto, sapere se qualcuno venisse mai dal mondo a servire il monastero per spirito di penitenza, senza vestire l’abito. Non ebbe risposta perché don Clemente, veduto un colossale monaco entrare nel chiostro, le si scusò, andò a parlargli e ritornato a lei con il maestoso compagno, Le presentò in don Leone una guida superiore a lui di gran lunga per copia e profondità di dottrina; e, con molto dispetto di lei, si allontanò.
Rimasta sola, Jeanne fu ripresa dalla palpitazione violenta. Dio, come riviveva il passato, come riviveva Praglia! Pensare ch’egli andava e veniva per quell’ingresso, per quei chiostri, chi sa quante volte al giorno, che aveva tanto dovuto ricordare Praglia, quell’ora disposta dal destino, quell’acqua versata, quell’ebbrezza, quelle mani strette, nel ritorno, sotto la coperta di pelliccia! Pensare ch’egli era libero e che anche lei lo era! Che febbre, che febbre!
Fra Antonio, sgomentato sulle prime di trovarsi lì questa signora che pareva senza fiato, rimase poi sbalordito della rapida loquela con la quale, a un tratto, ella lo assalì di domande. Il monastero, non aveva un orto vicino? – Sì, vicinissimo, a tramontana. Di mezzo non c’era che una stradicciuola. – E chi lo coltivava? – Un ortolano. – Giovane? Vecchio? Di Subiaco? Forestiere? – Vecchio. Di Subiaco. – E nessun altro? – Sì, Benedetto. – Benedetto? Chi era Benedetto? – Un giovane, del paese del Padre foresterario. – Di dov’era il Padre foresterario? – Di Brescia. – E questo giovine si chiamava Benedetto? – Tutti lo chiamavano Benedetto; se fosse proprio il suo vero nome fra Antonio non lo poteva dire. – Ma che uomo era? – Oh, questo sì, fra Antonio lo poteva dire. Era quasi più santo dei frati. Si capiva dalla faccia che doveva essere di buona famiglia e alloggiava come un cane, non mangiava che pane, frutta ed erba, qualche notte la passava in preghiere, magari sulla montagna. Lavorava la terra e anche studiava in biblioteca col Padre foresterario. E un cuore, un cuore grande! Tante volte aveva dato ai poveri anche quel magro vitto del convento. – E dove lo si potrebbe vedere adesso? – Eh, nell’orto certamente. Fra Antonio supponeva che stesse amministrando il solfato di rame alle viti.
A Jeanne batte il cuore tanto forte che la vista le si oscura. Ella tace e non si move. Fra Antonio crede che non pensi più a Benedetto. «Ah signora» dice «Santa Scolastica è un bel monastero, ma bisogna vedere Praglia!» Perché fra Antonio nella sua giovinezza, prima della soppressione dell’Abbazia di Praglia, vi ha passato alcuni anni, e ne parla come di una madre venerata. – Ah, la chiesa di Praglia! I chiostri! Il chiostro pensile, il refettorio! – Alle inattese parole Jeanne si esalta. Esse le dicono: va, va, va subito! Ella scatta dalla seggiola.
«Quest’orto? Per qual parte ci si va?»
Fra Antonio, un po’ sorpreso, le risponde che può recarvisi attraversando il monastero oppure girandolo di fuori. Jeanne esce, chiusa nel suo pensiero ardente, passa il cancello, gira a destra, entra nella galleria sotto la biblioteca, vi si ferma un momento stringendosi le mani sul cuore e procede.
Il vaccaro del convento, fermo sull’entrata del cortile dov’è l’Ospizio dei pellegrini, le mostra sull’opposto fianco della viuzza chiusa fra due muri, l’uscio dell’orto. Ella gli domanda se avrebbe trovato nell’orto un tale Benedetto. Malgrado lo sforzo di dominarsi, le trema la voce nell’attesa di un sì. Il vaccaro risponde che non sa, si offre di andar a vedere, bussa più volte, chiama: «Benedè! Benedè!»
Un passo, finalmente. Jeanne si appoggia allo stipite, per non cadere. Dio, se è Piero, cosa gli dirà? L’uscio si apre, non è Piero, è un vecchio.
1 comment