Sgomentato alla vista di Jeanne, smorta smorta, cadente sul fianco della sua compagna, il vecchio umile fraticello pose in mano a Noemi la scodella di zuppa che aveva portata per l’accattone, corse per la sedia e per l’acqua. Un po’ la comicità di quella scodella fra le mani di Noemi sbalordita, un po’ il riposo, un po’ l’acqua, un po’ la visione del chiostro antico dormiente in pace, un po’ il reagire della volontà ristorarono sufficientemente Jeanne in pochi minuti. Fra Antonio andò in cerca del Padre foresterario che guidasse le visitatrici.
«Gli dica le due signore di casa Selva « fece Noemi.
Don Clemente si presentò arrossendo, nel suo verginale candore d’animo, di conoscere i casi di Jeanne all’insaputa di lei, come avrebbe arrossito di un inganno. Scambiò Noemi, che prima gli si fece incontro, per la Dessalle. Alta, snella, elegante, Noemi rappresentava bene una seduttrice; però non mostrava più di venticinque anni, non poteva essere, per questo verso, la donna di cui Benedetto gli aveva raccontate le vicende. Ma il benedettino non seppe fare di questi calcoli. A Noemi premeva di assicurarsi che fra Antonio avesse adempiuto bene il suo incarico.
«Buongiorno, padre» diss’ella con la sua bella voce cui l’accento straniero aggiungeva grazia. «Ci siamo visti iersera. Lei usciva di casa Selva.»
Don Clemente fece un lievissimo cenno del capo. Veramente Noemi lo aveva appena intravvisto. Era però rimasta colpita dalla sua bellezza e aveva pensato che se quello era il signor Maironi si capiva la passione di Jeanne. Nella coscienza della propria fresca gioventù non le passò per la mente che i suoi venticinque anni fossero stati scambiati per i trentadue di Jeanne. Jeanne, intanto, meditava di trar partito dal suo malessere.
«Non erano aspettate, iersera» disse don Clemente a Noemi. «Lei viene dal Veneto?»
Dal Veneto? Noemi parve sorpresa.
«I signori Selva mi hanno detto» soggiunse il padre «che Lei abita nel Veneto.»
Allora Noemi capì, sorrise, rispose con un monosillabo che non era né un sì né un no, e pensò ella pure di trar partito dal caso, di prepararsi, grazie a questo equivoco, un colloquio particolare con don Clemente, per istruirlo se fosse necessario. Le parve anche divertente di conversare con quel bel frate essendo creduta Jeanne. Avvertì con un’occhiata quest’ultima che guardava ora lei, ora il frate, imbarazzata, avendo capito l’errore di lui, non sapendo se tacere o parlare.
«La mia amica» diss’ella «conosce già Santa Scolastica, naturalmente. Io invece non ci sono stata mai.
Si volse a Jeanne:
«Se il padre» disse «ha la bontà di accompagnarmi, mi pare che tu, poiché non ti senti bene, potresti restare.»
Jeanne acconsentì tanto prontamente che Noemi dubitò di qualche suo segreto disegno, si domandò se non commettesse un errore. A ogni modo adesso era troppo tardi. Don Clemente, poco soddisfatto di aver ad accompagnare una signora sola, propose di attendere. Forse l’altra signora, fra poco, si sentirebbe meglio. Jeanne protestò. No, non dovevano attendere, ella era contentissima di rimaner lì.
Nel passare dal primo al secondo chiostro Noemi ricordò nuovamente al padre l’incontro della sera precedente.
«Lei aveva un compagno?» diss’ella e subito vergognò del suo simulare, di non aver tratto il monaco dall’inganno in cui era caduto. Don Clemente rispose quasi sotto voce;
«Sì signora, un ortolano del monastero.»
Erano rossi in viso tutt’e due ma non si guardarono, ciascuno sentì solo il rossore proprio.
«Lei sa chi siamo?» riprese Noemi.
Don Clemente rispose che supponeva di saperlo. Dovevano essere le due signore aspettate dalla signora Selva. Gli pareva che la signora Selva gli avesse nominata sua sorella e la signora Dessalle.
«Ah Lei lo ha saputo da mia sorella?»
A queste parole di Noemi don Clemente non poté trattenersi dall’esclamare:
«Dunque la signora Dessalle non è Lei?»
Noemi comprese che l’uomo sapeva. Quindi aveva provveduto, certo; un improvviso incontro non era possibile. Respirò, e il suo cuore femminile, vôto d’inquietudine, si riempì di curiosità.
Don Clemente le parlava della torre, delle arcate antiche, degli affreschi presso la porta della chiesa ed ella pensava: come farlo parlare di Maironi? Lo interruppe spensieratamente mentre le mostrava la processione dei fraticelli di sasso, per domandargli se capitassero spesso al monastero anime stanche del mondo, disilluse, avide di darsi a Dio.
«Sono protestante» diss’ella. «Questo mi interessa molto.»
Don Clemente pensò in cuor suo che questo le interessasse molto non per il suo protestantesimo ma per la sua amicizia colla signora Dessalle.
«Spesso no» rispose «Qualche volta. Di solito quelle anime preferiscono altri Ordini.
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