La peggior cosa era la mancanza d’acqua, poiché il Popolo della Giungla beve raramente, ma bisogna che beva molto.
Il caldo cresceva sempre e succhiava tutta l’umidita, finché alla fine la corrente principale della Waingunga fu l’unico fiumiciattolo che portasse un filo d’acqua tra le rive morte, e quando Hathi, l’elefante selvatico che vive cento e più anni, vide affiorare una lunga e sottile cresta di roccia azzurrastra proprio nel mezzo della corrente, capì che era la Rupe della Pace e subito alzò la proboscide e proclamò la Tregua dell’Acqua, come aveva già fatto suo padre cinquant’anni prima. I cervi, i cinghiali e i bufali risposero con rauchi gridi al segnale e Chil, il Nibbio, volò con larghe ruote lontano a ripetere fischiando e stridendo l’avviso.
Secondo la Legge della Giungla, una volta dichiarata la tregua dell’Acqua, c’è la pena di morte per chi uccide ai posti di abbeverata, per la ragione che il bere è più necessario del mangiare. Tutti nella Giungla riescono a tirare avanti in qualche modo, anche quando la selvaggina è scarsa, ma l’acqua è l’acqua e, quando non c’è che una sola fonte per abbeverarsi, tutta la caccia cessa mentre il Popolo della Giungla vi accorre per saziare la sete.
Nella buona stagione, quando l’acqua è abbondante quelli che scendono ad abbeverarsi alla Waingunga, o in qualche altro luogo, lo fanno a rischio della loro vita ed il rischio costituisce gran parte della attrattiva nella avventura notturna. Scendere così cautamente da non muovere foglia, guadare, immersi fino al ginocchio, i bassifondi dove lo scroscio dell’acqua copre ogni altro rumore; bere guardandosi dietro con la coda dell’occhio, con ogni muscolo teso, pronti per il primo balzo disperato in preda al più folle terrore, rotolarsi sulla sabbia della riva e tornare, col muso gocciolante e col ventre ben gonfio, al branco che attende ammirando, è una cosa che forma 3
la delizia di tutti i giovani daini dalle lunghe corna, appunto perché essi sanno che da un momento all’altro Bagheera o Shere Khan possono piombar loro addosso e abbatterli.
Ma ora quel gioco di vita e di morte era finito, ed il Popolo della Giungla si trascinava affamato e sfinito al fiume, che era ridotto ad un rigagnolo, e la tigre, l’orso, il cervo, il bufalo e il cinghiale, bevevano insieme l’acqua torbida e vi indugiavano sopra, troppo stanchi per riallontanarsene.
I cervi ed i cinghiali avevano vagato tutto il giorno in cerca di qualche cosa di meglio della scorza secca e delle foglie avvizzite. I bufali non avevano trovato pantani entro cui rinfrescarsi né messi verdi da rubare. I serpenti avevano lasciato la Giungla e si eran calati fino al fiume con la speranza di acchiappare qualche ranocchio sperduto. Si arrotolavano intorno alle pietre umide e non facevano nemmeno l’atto di colpire, se il grugno di un porco che grufolava li smuoveva. Le testuggini d’acqua dolce erano state uccise da un pezzo da Bagheera, il più a bile dei cacciatori, ed i pesci si eran nascosti in fondo alla melma secca. Soltanto la Rupe della Pace si stendeva attraverso i bassifondi come una lunga serpe, e le piccole onde lente vaporavano sibilando sui suoi fianchi ardenti.
Mowgli si recava là tutte le notti in cerca di fresco e di compagnia. Il più affamato dei suoi nemici avrebbe appena mostrato di accorgersi di lui allora.
La pelle nuda lo faceva apparire più misero e magro di tutti i suoi compagni.
Il sole gli aveva sbiadito i capelli riducendoglieli del color della stoppa; le costole gli sporgevano rilevate come le armature di un paniere e le grosse giunture appariscenti e incallite dei ginocchi e dei gomiti, su cui soleva trascinarsi carponi, davano alle sue membra rinsecchite l’aspetto di fusti nodosi. Ma lo sguardo, sotto il ciuffo arruffato, era freddo e calmo, poiché Bagheera, il suo consigliere in quei momenti difficili, gli raccomandava di muoversi lentamente, di cacciare con calma e di non arrabbiarsi mai per nessuna ragione.
E’ una gran brutta stagione, disse la Pantera Nera, fa caldo come in una fornace. Brontola la pancia ma passerà, se resistiamo fino all’ultimo.
Sono giorni che non ho mangiato niente. Credi, Bagheera, che le piogge ci abbiano dimenticato e che non verranno mai più?
Io so che rivedremo fiorire la mohwa e ingrassare i cerbiatti con l’erba novella. Vieni giù alla Rupe della Pace a sentire le novità. Sulla mia groppa, Fratellino.
Non è il tempo questo di portar carichi. Sono in grado di reggermi in piedi da me, ma è certo che non sembriamo dei giovenchi grassi nessuno dei due!
Bagheera si guardò i fianchi spelacchiati e polverosi e sussurrò: Iersera ho ammazzato un giovenco sotto il giogo. Sono mal ridotta al punto che credo non avrei osato saltargli addosso, se fosse stato sciolto. Wou!
Mowgli rise. Sì, siamo grandi cacciatori ora, disse.
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