A queste parole, il ragazzo fece arditamente un passo avanti. Era seccato che il papero, così franco quando si trattava di se stesso, apparisse tanto reticente quando si trattava invece di lui, Nils. — Non nascondo affatto chi sono — disse. — Mi chiamo Nils Holgersson, e sono il figlio di un fittavolo. Fino a ieri ero un essere umano, ma questa mattina…
Non poté continuare: appena ebbe pronunciato la parola essere umano, Akka fece tre passi indietro, e le altre più ancora, e tutte allungarono il collo e soffiarono infuriate. — L’ho sospettato non appena ti ho visto sulla riva — disse Akka. — E
adesso vattene, non tolleriamo uomini tra noi.
Ma Mårten insorse: — Non è possibile che voi oche selvatiche abbiate paura di un cosino tanto piccolo. Domani tornerà di sicuro a casa sua, ma per questa notte lasciate che resti con noi. Potremmo forse lasciare questo poverino alle prese con volpi e donnole?
Akka si avvicinò circospetta e disse: — Ho imparato a temere tutto ciò che è umano, grande o piccolo che sia. Ma se tu rispondi di lui, papero, che resti pure.
D’altronde, non credo che il nostro ricovero notturno andrà a genio a te o a lui, perché dormiremo sul ghiaccio galleggiante.
Indubbiamente pensava che il papero avrebbe esitato a seguirle, ma Mårten si limitò a dire:
— Scelta saggia, la vostra.
— Comunque, mi assicuri che l’essere umano domani se ne andrà? — soggiunse Akka.
— Vuol dire che dovrò andarmene anch’io — replicò il papero — perchè ho promesso di non abbandonarlo.
— Sei libero di andartene quando e dove vuoi — rispose l’oca selvatica e, allargate le ali, andò a posarsi sul ghiaccio, seguita dalle compagne.
Nils era desolato che il suo viaggio in Lapponia andasse in fumo, e poi temeva la notte. — Andiamo di male in peggio, papero — esclamò. — Moriremo assiderati sul ghiaccio.
Ma Mårten appariva di buon umore: — Niente paura va a cercare paglia ed erbe, e portane più che puoi.
Quando il ragazzo ebbe raccolto una buona bracciata di erbe secche, il papero lo afferrò per il colletto della camicia, si alzò con lui e lo portò sul ghiaccio, dove le altre oche, immote su un piede solo, la testa sotto l’ala, dormivano già.
— Ora stendi l’erba sul ghiaccio perché le zampe non mi ci si attacchino. Aiutami, e io aiuterò te — disse il papero. Il ragazzo obbedì, e Mårten lo afferrò di nuovo con il becco e se lo mise sotto un’ala perché stesse al caldo. Nils si sentiva benissimo tra le piume morbide e, stanco com’era, ben presto s’addormentò.
LA NOTTE
Si sa che il ghiaccio inganna e non c’è da fidarsi. Nel cuor della notte, il banco del lago di Vomb si spostò e toccò riva. Se ne avvide Smirre, il volpone che aveva la tana nel parco del convento di Öved ed era intenta alla caccia notturna. Aveva già notato le oche la sera al loro arrivo, ma senza speranza di poterle avvicinare. Corse immediatamente sul ghiaccio.
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