— Sono nato a Skanör la primavera scorsa. In autunno sono stato venduto a Holger Nilsson di Vemmenhög, dal quale sono stato fino a ora.
— Non mi sembri di nobile schiatta — disse Akka. — E dunque, come mai t’è venuta l’idea di seguire le oche selvatiche?
— Forse per mostrarvi che anche noi oche domestiche sappiamo fare qualcosa.
— Non chiediamo di meglio — replicò Akka. — Abbiamo visto le tue prodezze nel volo. Ma forse te la cavi meglio col nuoto, eh?
— Non potrei dirmi un campione — rispose Mårten, con l’impressione che volessero liberarsi di lui. — Non ho mai percorso a nuoto più di uno stagno.
— Ma forse corri bene — disse l’oca selvatica.
— Non ho mai visto correre un’oca domestica, e non mi ci sono mai provato —
dovette ammettere il papero.
Ormai era certo che Akka l’avrebbe scacciato dal gruppo, e fu dunque molto sorpreso quando la udì dire: — Rispondi sinceramente alle domande, e chi ha coraggio può diventare un buon compagno anche se da principio non sa far nulla.
Potresti forse restare con noi qualche giorno perché si possa vedere di che cosa sei capace. Ti va?
— Eccome — rispose l’ocone tutto contento.
A questo punto Akka indicò col becco Nils: — Chi è questo che ti porti dietro?
Mai visto un essere simile.
— É il mio compagno di viaggio — spiegò il papero. — É stato guardiano d’oche tutta la vita, e penso che potrebbe esserci utile.
— Utile forse a un’oca domestica — ribatté Akka. — Come si chiama?
— Ha vari nomi — rispose il papero con una certa esitazione: non sapeva come trarsi d’impaccio e non voleva tradire il ragazzo. — Si chiama Pollicino — si decise a dire.
— Appartiene forse alla famiglia dei coboldi? — chiese Akka ancora insoddisfatta.
— A che ora vi mettete a dormire voi oche selvatiche? — replicò il papero per cambiare discorso. — A me già si chiudono gli occhi dal sonno.
Akka era molto vecchia, lo si vedeva subito: il piumaggio era grigio pallido senza strie più scure; aveva la testa più grossa, le zampe più robuste, i piedi più logori delle altre. Le piume erano rade, le scapole risaltavano sotto il collo magro. Solo gli occhi non erano stati vinti dall’età: avevano anzi una vivacità più giovanile di quelli delle sue compagne.
Con aria altera disse al papero: — Sappi che io sono Akka di Kebnekajse. L’oca che vola alla mia destra è Yksy di Vassijaure; quella che vola alla mia sinistra è Kaksi di Nuolja. La seconda a destra è Kolmo di Sarjektjåkko, e la seconda a sinistra è Neljä di Svappavaara, dietro a questa volano a destra Viisi dei fiells di Ovik e Kunsi di Sjangeli. E sappi che tutte, comprese le sei giovani che volano tre a destra, e tre a sinistra, in coda alle altre, sono tutte oche di alta montagna e delle migliori famiglie. Non pensare dunque che noi siamo vagabonde pronte ad accogliere chiunque tra noi, e tieni presente che non condividiamo il nostro giaciglio con chi non vuol dire da quale famiglia discenda.
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