Egli è uno de’ miei camerati che cosí travestito mi ha già resi altri buoni servigi.— Ma per qual fine avete voi ciò disposto?— Per darle da pensare… per preparare in lei una disposizione d’animo tale che render la dovesse suscettibile di quelle impressioni stravaganti e prodigiose che per lei erano state da me immaginate.— Ma la danza pantomimica che si terminò d’una maniera tanto singolare quanto sorprendente… almeno quella non è stata di vostra invenzione?— La ragazza che rappresentava la Regina, era stata da me ammaestrata, e tutta la sua pantomima fu opera mia. Io pensai che Vostra Altezza resterebbe non poco sorpresa di vedersi conosciuta in quel luogo, e, Vostra Altezza mi perdoni, l’avventura dell’Armeno mi fece sperare ch’ella sarebbe di già inclinata a disprezzare le naturali interpretazioni, ed a rintracciare origini piú recondite di ciò che le accadeva di straordinario.— In fatti — esclamò il Principe con una cera di sdegno e di stupore, dando un’occhiata significante a me in particolare — in fatti — esclamò egli — ciò non me lo sarei aspettato.— Ma — continuò egli poi dopo un’assai lunga pausa — come avete voi prodotta l’immagine che apparve sulla parete del camino?— Per mezzo d’una lanterna magica ch’era stata appostata all’imposta della finestra dirimpetto dov’ella avrà pur anche osservata l’apertura ivi praticata a tale oggetto.— Ma come mai alcuno di noi non si è di ciò avveduto? — disse Lord Seymour.— Ella si rammenterà, Eccellenza, che un denso fumo ottenebrava tutta la sala, quando essi vi ritornarono. Io ebbi altresí la precauzione di far appoggiare i mattoni levati dal pavimento ed il telaro di finestra colà dove la lanterna magica era stata introdotta; con ciò io impedii che non desse loro nell’occhio l’imposta della finestra di cui si è parlato. Del resto la lanterna magica rimase pure coperta da un picciolo sipario, sinché tutti ebbero preso posto, e che piú non v’era da temersi ulterior esame da loro in quella camera.— Mi parve — io interruppi a questo passo — di udir appoggiare una scala in vicinanza di quella sala, allorché guardai dalla finestra dell’altro appartamento. Era la cosa veramente cosí?— Appunto. Era quella stessa scala su cui il mio camerata si aggrappò sino alla nota finestra per dirigervi la lanterna magica.— La figura — ripigliò il Principe — sembrava realmente avere qualche lieve rassomiglianza col mio defunto amico; e principalmente ne’ capelli ch’erano assai biondi. Fu questo un mero azzardo o da dove l’avete voi ricavato?— Vostra Altezza si rammenterà d’aver lasciato sulla tavola al di lei posto una tabacchiera, su cui v’era il ritratto a miniatura in ismalto d’un ufficiale in uniforme ***. Io le dimandai, se non portava seco qualche memoria di quell’amico. Al che ella mi rispose affermativamente: da ciò argomentai che potesse essere il di lui ritratto quello che vedevasi sulla scatola. Io lo avea benissimo osservato in quel frattempo per ritenerne la fisionomia, ed essendo io molto esercitato nel disegno, ed anche non mediocre fisionomista, non mi fu difficile di dare alla figura quella lieve rassomiglianza da lei ravvisata; e ciò tanto piú che le fattezze del Marchese sono assai marcate ed originali.— Ma la figura sembrava pur anche muoversi.— Cosí sembrava a dir vero; non era però la figura, ma il fumo della luce veniva illuminato.— E l’uomo che stramazzò dalla gola del camino era dunque quello che rispondeva per l’apparizione?— Quello appunto.— Ma egli non poteva intender bene le dimande?— Egli non ne avea neppur bisogno. Ella si ricorderà, Altezza, che io avea proibito rigorosamente ad essi tutti di fare la benché minima dimanda allo spettro. Eran quindi tra noi concertate le dimande e le risposte; ed affinché non seguisse alcuno sbaglio io gli avea ordinato di fare lunghe pause fra una risposta e l’altra ch’egli dovea regolare colle oscillazioni d’un oriuolo.— Voi avete dato l’ordine all’oste di far estinguere diligentemente con acqua tutti i fuochi ch’erano accesi in quella casa, ciò è seguíto senza dubbio…— Per garantire colui ch’era su pel camino dal pericolo di rimaner soffocato, perché tutti que’ camini hanno comunicazione fra loro, ed io non mi stimava affatto sicuro delle persone del di lei seguito.— D’onde avvenne — interrogò Lord Seymour — che il vostro spettro non si trovò né piú presto né piú tardi al posto di quello che vi abbisognava?— Il mio spettro era già da lunga pezza nella camera, prima ch’io lo citassi a comparire; ma sintanto che lo spirito ardeva, non si poteva scorgere quella debole apparizione. Terminata la formula del mio scongiuro io feci chiudere col tocco d’una molla il recipiente ove ardeva lo spirito; la sala divenne oscura, ed allora soltanto si scorse la figura sulla parete del camino che già da lungo tempo vi riflettea dalla lanterna.— Ma nel momento stesso che apparve lo spettro noi tutti sentimmo una scossa elettrica. Come avete voi ciò operato?— Ella ha scoperta la macchina ch’era sotto l’altare. Ella ha pur veduto ch’io posava i miei piedi sopra un tappeto di seta. Io li feci schierare a me d’intorno in semicircolo, e prendersi l’un l’altro per mano; quando venne il momento opportuno accennai ad uno di loro di afferrarmi pei capelli. Il Crocefisso era il conduttore elettrico, ed eglino sentirono la scossa quando io lo toccai colla mano.— Voi avete comandato al Conte di 0*** ed a me — disse Lord Seymour — di tener due spade nude incrocicchiate sopra del vostro capo sintanto che durava lo scongiuro. Perché mai questo?— Per null’altro che per tenerli sinché durava questa funzione, occupati l’uno e l’altro, de’ quali io mi fidava meno che di tutti gli altri. Ella si ricorderà ch’io prescrissi loro espressamente di tener le spade sospese all’altezza d’un pollice; affinché facendo essi continuamente attenzione a serbare tale distanza, fossero impediti di portare i loro sguardi dove io non li avrei di buon grado sofferti. Io non mi era per anco avveduto qual fosse il mio peggior nemico.— Non posso negare — disse Lord Seymour — che ciò si chiama operar con cautela; ma perché abbiamo noi dovuto spogliarci?— Puramente per dare alla funzione un’aria piú imponente e per vie piú scuotere la loro fantasia con una cosa straordinaria.— La seconda apparizione non fece parlare il vostro spettro — disse il Principe —. Cosa avremmo noi propriamente risaputo dal medesimo?— All’incirca quello che hanno di poi inteso. Non senza disegno io interrogai Vostra Altezza s’ella detto mi avea tutto quello che il moribondo le avea confidato; e s’ella non avea fatto ulteriori indagini rapporto al medesimo nella sua patria; io giudicai necessario ciò per non essere in collisione coi fatti che contraddir potessero alle deposizioni del mio fantasma.“Io domandai, se rapporto a certi giovanili trascorsi, fosse il defunto stato irreprensibile in sua vita; e sulla risposta io fondai poscia la mia invenzione.”— Sopra tutto questo affare — ripigliò il Principe, dopo qualche intervallo di silenzio — voi mi avete data soddisfacente evasione. Ma mi rimane ancora una circostanza principale sopra la quale io chiedo lume da voi.— Se ciò sarà in mio potere, e…— Non voglio condizioni. La giustizia, nelle cui forze voi siete, non sarà sí discreta nelle sue dimande. Chi era quell’incognito dinanzi al quale vi vedemmo prostrarvi? Cosa sapete di lui? D’onde è egli a voi noto? E sotto quale aspetto dobbiamo noi ravvisare questa seconda apparizione?— Clementissimo Principe…— Allorché voi lo guardaste in volto piú da vicino alzaste un acuto grido, e vi prostraste a terra. Perché ciò? Che significava questo?— Quell’incognito, clementissimo Principe…Ei si tacque, divenne visibilmente piú inquieto, e ci guardò tutti l’uno dopo l’altro con torbido sguardo e turbato.— Sí per Dio, clementissimo Principe, quell’incognito è un essere terribile.— Che ne sapete di lui? Qual relazione ha egli con voi? Non isperate di nasconderci la verità.— Io me ne guarderò bene… poiché chi mi può garantire che in questo istante non si trovi egli qui tra noi?— Dove? Chi? — gridammo noi tutti insieme, e ci guardammo l’un l’altro d’intorno per la camera fra il riso e la sorpresa. — Questo non è possibile.— Oh! a quest’uomo, o a chi ch’egli esser possa, sono possibili delle cose assai piú incomprensibili.
— Ma chi è egli dunque mai? D’onde trae la sua origine? È egli Armeno, o Russo? Cosa si dee credere di quello ch’egli si spaccia di essere?
— Nulla di tutto ciò ch’egli pare. Vi sono pochi stati, caratteri e nazioni di cui egli non abbia già portata la maschera. Chi egli sia? Dond’egli venga? Dove egli vada? Nessuno lo sa. Ch’egli sia stato lungo tempo in Egitto, siccome molti sostengono, e ch’egli abbia tratto il suo sapere arcano da una di quelle piramidi non lo affermo, né lo niego.
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