Tra questa folla di concorrenti adunque…” Il Siciliano fece qui qualche pausa, ed un ribrezzo di presentimento sospese la nostra respirazione. “Tra questa folla adunque” proseguí il medesimo “quel che mi stava seduto a lato mi fece osservare un Francescano che stavasi immobile quale colonna, di statura alta e scarna, e d’aspetto cenerognolo, e che tenea fisso uno sguardo serio e mesto sopra la coppia degli sposi. La gioia che sorridea festosa sopra tutti i volti degli astanti sembrava fuggire da questo solo; la sua cera rimaneva inalterabilmente la stessa, come quella d’un busto sovrapposta a figura vivente. La stranezza di quello sguardo, che sorprendendomi in mezzo alla gioia, e facendo un sí duro contrapposto con tutti gli oggetti che in allora mi circondavano, tanto piú profondamente sopra di me agiva, lasciommi nell’animo una sí indelebile impressione, che per essa soltanto fui posto in istato di riconoscere i lineamenti di volto di quel frate nella fisionomia del Russo (poiché le signorie loro capiranno già, ch’egli faceva una sola identica persona col loro Armeno), lo che altrimenti mi sarebbe stato assolutamente impossibile. Spesso io cercava di distogliere gli occhi miei da quell’orrida figura, ma involontariamente vi ritornavano, e sempre la trovavano inalterabile. Io urtai il mio vicino, questi un altro; la stessa sorpresa girò per tutti i commensali; un generale improvviso silenzio legò la lingua di tutti: il Frate non l’interruppe. Questo Frate stavasi immobile, e sempre lo stesso con serio e mesto sguardo sopra la coppia degli sposi. Ognuno fu attonito per questo fenomeno; la giovane Contessina sola rinveniva la sua propria afflizione sul volto di quello straniero, e con tranquilla voluttà si attaccava all’unico oggetto in tutta l’adunanza che mostrava capire il suo cordoglio, ed esserne a parte. A poco a poco si disperse l’affollato concorso, la mezzanotte era già passata, la musica cominciava ad avere un suono piú dimesso e fioco, le fiaccole oscuravansi, e molte estinguevansi, ed i discorsi riducevansi a pochi e sommessi bisbigli, la male illuminata sala andava sempre piú spopolandosi; ma il Frate, immobile e sempre lo stesso, rimanevasi con tacito e mesto sguardo fissato sopra la coppia degli sposi.“Si leva la mensa, i convitati si disperdono qua e là, la famiglia si raduna in piú stretto circolo, il Frate non invitato rimansi in questo circolo. Non so perché nessuno volesse parlar seco lui. Nessuno si attentava di discorrer seco. Di già le conoscenti ed amiche si fanno d’intorno alla timida Sposa, la quale indirizza uno sguardo supplichevole ed implorante soccorso al venerabile straniero, ma lo straniero non le corrisponde.“Gli uomini si radunano istessamente d’intorno allo Sposo. Un silenzio pieno d’aspettativa li teneva sospesi. “Che noi ci troviamo qui cosí felici insieme” disse finalmente il vecchio, che solo fra noi tutti sembrava non far attenzione allo straniero, oppure non maravigliarsi di lui; “che noi siamo cosí felici” diss’egli “e che debba mancare il mio figlio Girolamo!” “L’hai tu forse invitato per dire ch’egli abbia mancato di qui recarsi?” dimandò il Frate. Quest’era la prima fiata ch’egli apriva la bocca. Noi ci mettemmo a mirarlo con paura. “Ah! egli è ito in luogo da dove non piú si ritorna” rispose il vecchio. “Intendetemi bene, reverendo. Mio figlio Girolamo è morto.” “Forse teme egli soltanto di comparire in questa compagnia” continuò il Frate. “Chi sa qual cera possa avere il tuo figlio Girolamo! Fagli sentir la voce, ch’egli sentí per l’ultima volta. Prega tuo figlio Lorenzo che lo chiami.” “Che vuole significar questo? ” mormorarono tutti: Lorenzo cangiò di colore.“Io confesso che i miei capelli mi si arricciarono sul capo. Il Frate erasi frattanto avvicinato alla credenza, dove avendo preso un bicchier di vino se lo pose alle labbra. “In memoria del nostro caro Girolamo!” ei gridò. “Chi amava il defunto imiti il mio esempio.” “Chiunque voi siate, reverendo Padre” gridò finalmente il Marchese “voi avete nominato un caro nome. Siate il benvenuto! Animo, amici!” rivolgendosi a noi, e facendo portar in giro i bicchieri “Non ci lasciamo confondere da uno straniero! Alla memoria di mio figlio Girolamo.”

  • “Giammai, cred’io, fu fatto un brindisi di cosí mala voglia. “Qui v’è un altro bicchier pieno. Perché ricusa mio figlio Lorenzo di corrispondere a questo brindisi amichevole?”

  • “Tremando ricevette Lorenzo il bicchiere dalla mano del Francescano, tremando recollo alle labbra. “Al mio dilettissimo fratello Girolamo!” balbettò egli, e con ribrezzo lo depose. “Questa è la voce del mio uccisore” gridò una terribile figura, che tutto ad un tratto apparve in mezzo a noi, con veste grondante di sangue, e sfigurata da orrende ferite…“Ma non mi si ricerchi il rimanente di questo fatto” disse il Siciliano con tutti gli indizi dello spavento sul suo volto. “Io perdei l’uso dei sensi dal momento che portai lo sguardo sulla figura, siccome tutti gli altri che si trovaron presenti.