Il suo naturale cominciava ad alterarsi, il cattivo umore lo deturpava. La piú bella dote del suo carattere, la sua prudenza, avealo abbandonato; gli adulatori aveano avvelenato il suo cuore eccellente. La rispettosa delicatezza del suo tratto, che quasi avea fatto dimenticare a’ suoi Cavalieri ch’egli fosse il loro padrone, dava ora luogo assai sovente ad un tuono imperioso e decisivo, che tanto piú sensibilmente offendea perché fondato non era sopra l’esteriore distanza dei natali, di cui non è difficile consolarsi, e di cui egli stesso faceva poco caso, ma sopra una ributtante supposizione della sua personale elevatezza al di sopra degli altri. Siccome egli nella propria casa dava sovente luogo a riflessioni che lo avrebbero trovato inaccessibile nel tumulto della società, perciò le persone di servigio ben di rado lo vedeano tutt’altro che tetro, schizzinoso ed infelice, mentre animava le straniere conversazioni con una forzata allegria. Con vivo rincrescimento lo vedevano correre per sí malaugurato cammino; ma nello strepitoso vortice ove aggiravasi egli piú non udiva la timida voce dell’amicizia, ed era ancora troppo felice per darle ascolto.

Già ne’ primi tempi di quest’epoca un affare d’alta importanza che non avrei osato posporre al piú vivo interessamento d’amicizia, aveami richiamato alla corte del mio sovrano. Una mano invisibile, da me non iscoperta che assai lungo tempo dopo, avea trovato il mezzo di colà imbrogliare i miei affari, e di spargere sul conto mio de’ rumori ch’io dovetti darmi premura di smentire colla mia presenza. Il congedarmi dal Principe fu per me doloroso, ma per lui non fu che indifferente. Già da gran tempo eransi allentati que’ legami che stretta aveano la nostra amicizia. Ma il suo destino avea risvegliato in me il piú vivo interesse; io mi feci dunque promettere dal Barone di F*** di tenermi al giorno, col suo carteggio meco, di quanto seguirebbe in appresso, ed egli mantenne esattamente la sua promessa. D’ora in avanti io non sarò dunque piú testimonio oculare di queste avventure: mi si permetta di sostituire a me stesso il Barone di F***, e di completare quanto rimane a narrarsi per mezzo di estratti delle sue lettere. Sebbene la maniera di rappresentare le cose della quale si serve questo mio amico non sia sempre quella di cui mi sarei servito io medesimo non ho voluto fare verun cangiamento alle sue espressioni, dalle quali il leggitore potrà senza molta pena rilevare la verità.

 

LETTERA I

 

Il Barone di F*** al Conte d’O***

 

Maggio, 17**

 

L

e rendo grazie, mio pregiatissimo amico, della permissione accordatami di continuare, anche durante la di lei assenza, la familiare conversazione che durante il di lei soggiorno in questa città faceva il migliore de’ miei piaceri. Qui, com’ella sa, non v’è alcuno col quale osassi spiegarmi sopra certe cose… checché ella dir mi possa in contrario, io non posso indurmi ad amar questo popolo. Dopo che il Principe è divenuto uno di essi, e dopo ch’ella ci è stato tolto affatto, io mi trovo isolato in mezzo a questa popolosa città. Z*** se la passa meglio, e le belle di Venezia sanno fargli dimenticare i disgusti che deve soffrire meco in casa. E qual motivo avrebb’egli di affliggersene? Egli non vede, e non cerca altro nel Principe che un padrone che può trovar da per tutto, ma io! Ella sa quanto il mio cuore s’interessa nel bene e nel male del nostro Principe, e quanto io ne abbia ragione. Sono sedici anni che vivo intorno alla sua persona, e non vivo che per lui. Io entrai al suo servigio giovane di diciannove anni, e dopo quell’epoca non mi sono giammai separato da lui per cosa del mondo. Io sono cresciuto sotto a’ suoi occhi; una lunga convivenza mi ha connaturalizzato a lui; io ho passate insieme tutte le sue grandi e piccole avventure. Vivo nella sua sorte. Sino a quest’anno mal avventurato non ho ravvisato in lui che il mio migliore amico, il mio fratello maggiore; come allo splendore di chiaro sole io vivea sotto gli occhi suoi, nessuna nube offuscava la mia felicità; e tutto questo dovrò io veder distrutto adesso in questa sgraziata città di Venezia?

Dopo ch’ella si è allontanato da qui, tutto si è presso di noi cangiato. Il Principe di **d** è qui giunto la settimana scorsa con numeroso seguito, ed ha dato al nostro circolo un nuovo movimento tumultuoso. Essendo egli sí strettamente congiunto di parentado col nostro Principe, e vivendo essi in assai buona intelligenza insieme staranno poco tempo lontani l’uno dall’altro durante il soggiorno del primo in questa città che, a quel che sento, durerà sino alla festa dell’Ascensione. Il principio si è fatto a maraviglia; già da dieci giorni il Principe non ha quasi avuto tempo di rifiatare. Il Principe di **d** ha cominciato a dirittura a sfoggiare, e potrà continuare a farlo, poiché tra poco se ne parte; ma il peggio si è che ha messo nell’impegno anche il nostro Principe, perché non poteva decentemente esimersi, e nella special relazione che sussiste fra le due case, egli ha creduto di dover fare qualche sagrifizio al rango contrastato della sua. Si aggiunge a ciò che tra poche settimane s’avvicina anche la nostra partenza da Venezia; e con ciò sarà dispensato dalla continuazione ulteriore di questa straordinaria spesa.

Il Principe di **d**, per quel che vien detto, è entrato in affari con quest’Ordine ***, e crede di farvi una luminosa figura. Ella può facilmente immaginarsi che si sia tosto impossessato di tutte le conoscenze del Principe nostro. Nel Bucentauro principalmente egli è stato introdotto con gran pompa, poiché già da qualche tempo gli è saltato in testa di farla da bell’ingegno e da spirito forte, siccome anche in tutte le corrispondenze, che mantiene in tutte le parti del mondo, egli non si fa chiamare con altro nome che quello di Principe filosofo. Io non so s’ella abbia avuta la sorte di vederlo. Un esteriore vantaggioso, occhi in continuo moto, cera sentimentale, sfoggio di erudizione, molta naturalezza artificiale (se è lecito cosí esprimersi) ed una degnazione principesca pei sentimenti di umanità, aggiungasi un’eroica presunzione di se stesso, ed una vittoriosa eloquenza. Chi potrebbe ricusare omaggio a sí brillanti prerogative d’un’Altezza Reale? L’esito ci farà poi vedere qual figura farà il merito silenzioso, laconico e sodo del nostro Principe in parallelo a queste strepitose perfezioni.

Nella nostra economia sono ultimamente seguiti molti e grandi cambiamenti.