Egli non è andato ancora molto lontano, che sente da lungi una soavissima musica. Egli va come incantato dietro al suono di questa musica, e trova Biondello nella sua camera, che suona il flauto fra mezzo ai suoi camerati. Egli diffida de’ suoi occhi, delle sue orecchie, e gli ordina di continuare. Con sorprendente facilità questi estemporeggia lo stesso melodioso adagio con le piú graziose variazioni, e con tutte le finezze d’arte d’un virtuoso. Il Principe, che è un dilettante, come ella ben sa, sostiene che Biondello potrebbe arditamente farsi udire nel miglior teatro.
— Io deggio licenziare quest’uomo — mi disse la mattina susseguente — io non ho facoltà bastanti per ricompensarlo secondo il suo merito.
Biondello, che avea fatto attenzione a queste parole, comparve e disse: — Altezza, s’ella fa questo, mi toglie la mia migliore ricompensa.
— Tu sei destinato a qualche cosa di meglio, che a servire — disse il suo padrone. — Non mi dà l’animo d’impedirti la tua fortuna.
— Non mi auguri pure altra fortuna, Altezza, che quella che mi sono scelto da me stesso.
— E trascurare un simil talento. No! Non ho cuore di permetterlo.
— Mi permetta dunque, Altezza, ch’io lo eserciti qualche volta alla di lei presenza.
E tosto furono date le opportune disposizioni a tale oggetto. Biondello ebbe una camera vicina all’appartamento di riposo del suo padrone, dove potrà conciliargli il sonno con la musica, e risvegliarnelo con essa. Il Principe volea raddoppiargli il suo stipendio, ma egli se ne schermí, aggiungendo però la preghiera che il principe volesse permettergli di deporre nelle sue mani stesse questo grazioso aumento come un capitale, di cui forse in breve tempo avrebbe avuto bisogno di disporre. Il Principe attende ora ch’egli venga presto a chiedergli qualche cosa; e qualunque ella possa essere, l’ha di già a lui concessa. Ella si conservi sano, mio pregiatissimo amico. Attendo con impazienza notizie da K***n.
LETTERA III
Il Barone di F*** al Conte d’O***
Il 4 giugno
I
l Marchese di Civitella, che ora è perfettamente guarito delle sue ferite, si è fatto dal Cardinale suo zio introdurre la settimana scorsa dal Principe, e dopo quel giorno ei lo segue come l’ombra del suo corpo. Biondello non mi ha però detto la verità di questo Marchese, o almeno l’ha molto esagerata. Egli è una persona d’esteriore amabilissimo ed alle cui maniere non si può far resistenza. Non è possibile di volergli male; il suo primo sguardo mi ha guadagnato. S’immagini la figura piú incantatrice, un misto di dignità e di leggiadria, un volto pieno di spirito e di sensibilità, una fisionomia aperta ed attraente, un tuono di voce lusinghiero, una fluida e naturale eloquenza, la piú florida giovinezza accompagnata da tutte le grazie della piú elegante educazione. Egli non ha niente di quel soverchiante orgoglio, di quell’affettato sussiego che ci rende cosí insoffribile la maggior parte della nobiltà. Tutto in lui spira giovanile allegria, benevolenza, calore di sentimento. Quanto ai suoi disordini trascorsi devono essermi stati prodigiosamente esagerati, poiché io non ho mai veduto un tipo piú perfetto, piú bello di ottima salute. S’egli è realmente sí cattivo come lo dice Biondello, egli è una Sirena, cui niuno può resistere.
Egli si è meco esternato a dirittura con molta sincerità. Egli mi ha confessato con la piú graziosa ingenuità, che non è troppo in buon concetto presso il Cardinale suo zio, e che non è forse senza suo demerito. Ma ch’egli è seriamente risoluto di emendarsi, e che tutto il merito di questa sua risoluzione sarà dovuto al Principe. Che spera con ciò di riconciliarsi con suo zio, giacche il Principe può tutto sull’animo del Cardinale. Che finora altro non gli è mancato che un amico ed un Mentore, e che spera di ritrovarli ambidue nel Principe.
Il Principe in fatti usa sopra di lui tutti i diritti di un direttore, e lo tratta con la vigilanza ed il rigore di un Mentore. Ma questo stesso contegno dà anche a lui certi diritti sul Principe, che egli sa far valere molto bene. Egli non lo visita piú in particolare, ma egli è di tutte le partite di divertimento cui interviene il Principe; quanto al Bucentauro - e questa è per lui una fortuna - egli è stato sinora troppo giovane per esservi ammesso. Da per tutto, dove si trova col Principe, lo rapisce alla società con la scaltra maniera con cui egli sa occuparlo e tirarlo seco lui. Dicono, che nessuno ha saputo domarlo, e che il Principe merita un monumento di eterna memoria per questa fatica erculea se avrà buon successo. Temo molto però che seguir debba il contrario, e che l’aio abbia ad esser condotto a scuola dal pupillo; della qual cosa parmi già scorgere tutte le piú verosimili apparenze. Il Principe di **d** è finalmente partito con grande soddisfazione di noi tutti, non eccettuato neppure il mio padrone.
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