Io non avrei dovuto far questo?
— Io vedo bene, che questo era necessario.
— Io non avrei dovuto mettermi nella necessità?
Io tacqui.
— Davvero! Non avrei mai dovuto passare i limiti de’ soli desideri e divenir canuto come sono divenuto uomo! Mentre io dalla triste monotonia della mia passata vita mi scosto alquanto, e guardo se pur mi si apre qualche fonte di ristoro… mentre io…
— Se questa è stata una prova, Altezza, non mi resta piú nulla a soggiungere… in tal caso le esperienze che le avrà procurate, non sarebbero troppo care anche al triplo di quanto le costano. Mi affliggeva, lo confesso, che l’opinione del mondo avesse a decidere sopra la questione del come ella debba essere felice.
— Felice voi, che potete disprezzare l’opinione del mondo! Io sono sua creatura, io deggio essere suo schiavo. Che altro siam noi se non opinione? Tutto in noi Principi è opinione. L’opinione è nostra nudrice ed aja nella fanciullezza, nostra legislatrice ed Amasia negli anni virili, nostra gruccia in vecchiaia. Toglieteci ciò che abbiamo dall’opinione, ed il piú infimo di tutte le altre classi sarà meglio di noi; poiché il suo destino lo avrà aiutato a conseguire una filosofia che lo consola di questo stesso destino. Un Principe che deride l’opinione annichila se medesimo, come il Sacerdote che nega l’esistenza di Dio.
— Eppure, Altezza!
— So cosa dir mi volete. Io posso oltrepassare il circolo che la mia nascita mi ha posto d’intorno… ma posso io pure svellere dalla mia reminiscenza tutte le false idee che l’educazione e la forza dell’abito vi hanno fatto pullulare, e che cento mila teste deboli fra voi altri vi hanno fatto radicare sempre piú profondamente? Ognuno ama d’essere interamente ciò ch’egli è, e la nostra esistenza consiste appunto nel parere felici. Perché noi non possiamo esserlo alla vostra maniera, non dobbiamo dunque esserlo punto? Se noi non possiamo piú attingere la gioia alla sua pura fonte immediata, non dovremo neppure farci illusione con un godimento fittizio? Non oseremo noi ricevere da quella mano stessa che ci ha spogliati una debole indennizzazione?
— Questa la trovava ella nel di lei cuore.
— E s’io ora non ve la ritrovo piú? O perché veniamo noi a questi discorsi? Perché avete voi risvegliate in me queste memorie? Se io ricorro adesso a questo tumulto di affetti per soffocare un’interna voce che forma l’infelicità della mia vita, per acchetare questa sofistica ragione, che come falce tagliente ruota pel mio cervello, e ad ogni nuova indagine recide un ramo della mia felicità?
— Mio ottimo Principe! — egli si era alzato, e girava per la camera con straordinaria commozione.
— Se tutto avanti a me, e dietro a me si inabissa, se il passato mi sta a tergo in tetra uniforme, e quasi immensa mole di sasso, se il futuro nulla m’offre, s’io veggo tutto il circolo della mia esistenza rinserrato nell’angusto spazio del presente, chi mi biasimerà, se questo misero dono del tempo - il momento presente - lo stringo fra le braccia con ardor insaziabile, come un amico ch’io veggo per l’ultima volta?
— Altezza, ella credeva altre volte ad un bene piú durevole.
— Deh, fate che quell’aereo simulacro non si dissipi, e mi vedrete abbracciarlo con ardenti amplessi. Qual gioia può darmi la contemplazione di fenomeni che domani saranno spariti com’io? Non è forse tutto in fuga a me d’intorno? Tutto si urta per iscacciare il suo vicino, bere di fretta un sorso alla fonte dell’esistenza, e partendo lambirsi le labbra. Ora nell’istante in cui son lieto delle mie forze, un futuro vivente è già destinato alla mia distruzione. Mostratemi qualche cosa di durevole, ed io sarò virtuoso.
— Chi ha dunque potuto espellere dal di lei animo que’ benefici sentimentali, che altre volte formavano la delizia e la norma della di lei vita? Il seminar per l’avvenire, il servire ad un ordine sublime ed eterno.
— Avvenire! ordine eterno! Leviamo ciò che l’uomo ha cavato dal suo proprio seno ed ha attribuito alla supposta sua Divinità come scopo, ed alla natura come legge, che ci resta ancora? Ciò che mi ha preceduto, e ciò che mi seguirà io li considero come due impenetrabili e tenebrosi veli pendenti ad ambi gli estremi dell’umana vita, e che niuno de’ mortali ha sinora potuto squarciare. Già molte centinaia di migliaia di generazioni stanno con la face davanti, e s’ingegnano d’indovinare, che mai vi sia al di là. Molti vi vedono le loro proprie ombre, le figure della loro passione muoversi ingrandite sul velo dell’avvenire; si scuotono e raccapricciano davanti alla loro propria immagine. Poeti, filosofi e statisti hanno dipinti questi veli coi loro segni, o piú lieti o piú tristi secondo che il cielo era per essi o piú chiaro o piú fosco; e la prospettiva ingannava da lontano. Anche molti giocolieri hanno approfittato di questa generale curiosità, e con istrani travestimenti hanno sbalordite le elettrizzate fantasie. Un profondo silenzio regna al di là di questo velo; nessuno di que’ che sono iti al di là ha giammai fatto udire la sua voce al di qua; tutto quel che si è udito fu un eco profondo della dimanda, come se si fosse chiamato alcuno in una grotta. Dietro questo velo devono andar tutti, e lo afferrano con fremito, incerti di chi vi stia di dietro per accoglierli: Quid sit id quod tantum perituri vident. Veramente vi sono stati anche degl’increduli nel loro numero, i quali sostennero, che questo velo sia un gabbamondo, e che non vi si è veduto nulla perché nulla appunto eravi di dietro, ma per convincerli si sono mandati tosto al di là del medesimo.
“Era sempre una illazione temeraria se non aveano altro miglior fondamento onde appoggiarla, che quello di non veder nulla.
“Vedete ora, mio caro amico, io m’accontento volentieri di non istar a guardare dietro di questo velo, ed il partito piú saggio sarà pur quello di disavvezzarmi da ogni curiosità. Ma mentre io mi circoscrivo questo impreteribil circolo, e rinserro tutta la mia esistenza ne’ limiti del presente, mi diventa tanto piú caro ed importante questo piccolo spazio, ch’io era in pericolo di trascurare per vani pensieri di conquiste. Ciò che voi chiamate lo scopo della mia esistenza, ora non m’importa piú nulla. Io non posso sottrarmene, né posso farlo meglio disporre; so però, e credo fermamente che deggio adempiere, e che adempio a questo scopo. Sono eguale ad un messaggiero che porta un foglio suggellato al luogo del suo destino. Il suo contenuto può essergli indifferente - egli non ha altro da guadagnare che il prezzo del suo messaggio.”
— A quale meschina condizione ella mi mette!
— Ma dove ci siamo noi traviati? — gridò in seguito il Principe mentre guardava sorridendo sulla tavola, ove stavano i rotoli di danaro. — Non però tanto traviati! — soggiuns’egli — poiché voi forse tornerete a ritrovarmi ora in questo mio nuovo metodo di vita. Anch’io non potea sí tosto disavvezzarmi da una ricchezza immaginaria, né cosí presto staccare i sostegni della mia moralità e felicità dall’amabil sogno nel quale era sí profondamente immerso tutto ciò che sinora aveva in me vissuto. Io sospirava quella leggerezza di mente, che rende sopportabile l’esistenza della maggior parte degli esseri che mi circondano. Tutto quello che toglieva me da me stesso erami gradito. Degg’io confessarvelo? Io desiderava d’inabissarmi per distruggere la fonte di questa mia passione con la sua energia.
Qui c’interruppe una visita. Nel venturo ordinario io le parlerò d’una novità che difficilmente potrebbe figurarsi dopo un colloquio, come quello che le ho descritto. Sono, ecc.
LETTERA V
Il Barone di F*** al Conte d’O***
Il 10 luglio
A
vvicinandosi a rapidi passi la nostra partenza da Venezia, questa settimana sarà forse impiegata ad osservare tutto quello che vi è di rimarcabile e degno da vedersi in pitture ed edifizi; lo che si suole comunemente differire agli ultimi momenti allorquando si fa un lungo soggiorno in qualche luogo.
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