Egli avea portato seco tre altri quadri che avea destinati per la galleria del palazzo Cornaro. Questi quadri rappresentavano l’uno una Madonna, l’altro un’Eloisa ed il terzo una Venere quasi ignuda… tutti tre di stupenda bellezza, e di pregio cosí eguale l’uno all’altro ch’era quasi impossibile di decidersi per l’uno dei tre esclusivamente. Solo il Principe non rimase un istante indeciso: appena gli furono presentati, che la Madonna si attrasse tutta la sua attenzione: negli altri due fu da lui ammirato l’ingegno dell’artista, ma in questo obliò l’artista, e l’arte sua, unicamente occupato a bearsi nella vista di sí mirabil’opera: egli ne era straordinariamente commosso; egli non poteva quasi staccarsene. Il pittore, in cui ben si vedeva che nel suo cuore confermava il giudizio del Principe, ebbe il capriccio di non voler separare questi tre pezzi, e domandò di tutti la somma di 1500 zecchini. Il Principe gli offerse la metà per quello solo che piú gli piaceva; il pittore non volle recedere dalla sua condizione, e chi sa cosa seguíto sarebbe, se non si fosse trovato un altro compratore piú risoluto. Due ore dopo tutti i tre pezzi furono venduti: noi non li vedemmo piú. Ora il Principe si risovvenne del detto quadro.

— Io dimorava — continuò egli — assorto a contemplarla. Ella non mi osservava; la mia venuta non la disturbò punto dalla sua divozione. Ella adorava la sua divinità, ed io adorava lei… sí, io l’adorava… tutte quelle immagini de’ santi, quegli altari, quelle torce accese non mi aveano avvertito dove io era; in quel punto solamente io m’avvisai d’essere in un santuario. Ve lo confesserò io? In quell’istante io credei fermamente a quello che la sua bella mano toccava. Io leggeva persino la sua risposta ne’ di lei occhi. Grazie alla sua divozione edificante! Essa me lo rendea reale… io la seguiva per tutti i suoi cieli.

“Ella si levò, ed allora soltanto io rinvenni in me stesso. Con timida confusione io mi ritirai da un lato, e lo strepito ch’io feci mi scoperse a lei. L’inaspettata vicinanza d’un uomo dovea sorprenderla, la mia arditezza in appressarmele potea offenderla; né dell’una e dell’altra cosa io m’avvidi nello sguardo che a me rivolse. Placidezza, inesprimibile placidezza io vi scorsi, ed un benigno sorriso scherzava sulle sue gote. Ella discendea dal cielo ed io era la prima fortunata creatura che si presentava alla sua benevolenza. Ella era ancora sull’ultimo gradino della sua divota estasi, né ancor toccava la terra.

“In un altro angolo della cappella udii pure un movimento. Era una dama piuttosto attempata che si levò da un inginocchiatoio ch’era dietro di me assai vicino. Io non l’avea sino allora osservata. Non essendo che pochi passi da me lontana, ella avea osservati tutti i miei movimenti. Ciò mi sconcertò… io abbassai gli occhi, ed elleno passarono oltre d’un passo rapido e leggiero.

“Io le seguii cogli occhi per tutta la lunghezza della chiesa. Quel bellissimo corpo era ritto - che amabile maestà! che nobile portamento! ella piú non è l’essere di poco fa - nuove grazie - una comparsa affatto nuova. Elleno rallentarano il passo. Io le seguii da lontano timido, incerto se arrischiar mi dovessi a raggiungerle, o se non dovessi farlo. “Mi guarderà ella ancora?” dicea fra me stesso. “Mi ha ella guardato mentre passandomi da vicino, io tenea gli occhi bassi, non potendo alzarli sino a lei?” Oh quanto mi tormentava questo dubbio!

“Elleno si fermano, ed io… non oso mover piede dal mio posto. La dama attempata, sua madre, o qual ch’ella si fosse, osserva il disordine ne’ bei capegli, e si dà premura di riordinarli, dandole frattanto il parasole da tenere. Oh quanto disordine io desiderai in que’ capegli, quanta inesperienza in quelle mani!

“La toletta è fatta, e già s’avvicinano alla porta. Io affretto i miei passi… una metà dell’amabile figura si cela a’ miei sguardi… poi l’altra metà… non rimane che l’ombra del suo abito sventolante indietro… È ita… No, ella ritorna. Un fiore le cade, ella si china a raccoglierlo… si guarda un’altra volta indietro… è a me?… Chi d’altro può ricercare il suo sguardo in quelle solitarie mura? Dunque io non le era piú un oggetto straniero.