Certo, le altre in quella sala non erano meglio vestite di Amelia e molte non avevano le calze, ma Ginia guardava specialmente le giacche bianche dei camerieri e pensava che fuori era pieno di automobili. Poi capì di essere scema a sperare che la in mezzo ci fosse il pittore di Amelia.

Quell’anno faceva tanto caldo che bisognava uscire ogni sera, e a Ginia pareva di non avere mai capito prima che cosa fosse l’estate, tanto era bello uscire ogni notte per passeggiare sotto i viali. Qualche volta pensava che quell’estate non sarebbe finita più, e insieme che bisognava far presto a godersela perché, cambiando la stagione, qualcosa doveva succedere. Per questo non andava più con Rosa alla vecchia sala o nel loro cinema, ma qualche volta usciva sola e correva a un cinema del centro. Poteva farlo lei, se lo faceva Amelia. Amelia venne una sera e le disse mentre uscivano: - Ieri ho trovato.

Ginia non si stupì. Se l’aspettava. Chiese tranquilla se cominciava subito. - Già cominciato stamattina, - disse Amelia. - Due ore. - Sei contenta, - disse Ginia.

Poi le chiese che quadro facevano. - Nessun quadro. Mi fa dei disegni. Mi copia la faccia. Io parlo e ogni tanto lui butta giù un profilo. Non è un lavoro che duri. - Non posi, allora?- disse Ginia. - Cosa credi, - fece Amelia, - che posare sia soltanto mettersi nude e star lì?

- Domani ritorni? - disse Ginia.

Amelia ci tornò l’indomani, e per diversi giorni. La sera dopo ne parlava ridendo e raccontava del pittore che non stava mai fermo e le chiedeva se qualcuno l’aveva mai disegnata a quel modo, camminando come faceva lui. - Mi ha fatto un nudo stamattina. È di quelli che la sanno lunga e ci arrivano poco alla volta. Ma poi con quattro disegni ti mettono in carta e di te non han più bisogno -. Ginia le chiese com’era e Amelia disse: un ometto. - Come l’ha trovato? -Era stato per caso. - Vienimi a prendere domani, - disse Amelia. Combinarono di andarci insieme, per il pomeriggio di sabato.

Sotto il sole, per tutta la strada, quel pomeriggio Amelia la fece ridere. Sbucarono per una scala a chiocciola in un grande stanzone semibuio, che solo in fondo, da uno spacco di tende, prendeva un po di luce fresca. Ginia, col cuore che batteva, s’era fermata sugli ultimi scalini. Amelia gridò forte «buon giorno» e camminò fino al centro, nella penombra, e dalle tende uscì un uomo - grasso e barbetta grigia - che disse, scrollando le mani: - Niente da fare ragazze. Oggi scappo-.