La brughiera di Egdon era stata sempre sin dall’inizio qualcosa d’ostinatamente indomabile, ribelle. La civiltà era sua nemica; e sin da quando s’era coperta di vegetazione, aveva continuato a portare la stessa antica veste scura, naturale, invariabile indumento della sua particolare formazione terrestre. Quell’unica venerabile veste pareva rivolgere una punta di satira alla umana vanità degli indumenti. Nella brughiera, una persona che indossi abiti di taglio e colore moderni appare sempre fuori posto. Dove la veste della terra è così primitiva, anche gli uomini dovrebbero portare gli abiti più antichi e più semplici.

A chi si sedesse sul ceppo d’un albero nella valle al centro di Egdon, in quest’ora tra il pomeriggio e la sera, quando vi si scorgono soltanto le vette e le creste che limitano l’orizzonte allo sguardo, veniva fatto di pensare che tutto quanto aveva attorno e sotto di sè esisteva sin dai tempi della preistoria, immutato come le stelle al disopra del suo capo; e questo dava un senso di stabilità allo spirito alla deriva, in continuo mutamento, e ossessionato dall’irresistibile Nuovo. Il grande spazio inviolato dava un senso d’antichità e permanenza a cui lo stesso mare non può pretendere. Chi può dire che un determinato mare è antico? Distillato dal sole, impastato dalla luna, si rinnova di anno in anno, di giorno in giorno, di ora in ora. Il mare è mutato, sono mutati i campi, i fiumi, i villaggi, ma Egdon è rimasta intatta. La sua superficie, non tanto scoscesa da poter essere corrosa dalle intemperie, non è d’altra parte così piatta da essere esposta a inondazioni e sedimentazioni. A eccezione di un’antica strada maestra e di un’ancor più antica montagnola costruita dall’uomo, su cui ritorneremo ben presto - quasi cristallizzate anch’esse dal tempo in prodotti naturali - anche le sue piccole irregolarità non erano prodotte dal piccone, dall’aratro o dalla vanga, ma ancora portavano i segni dell’ultimo sovvertimento geologico.

La strada maestra cui s’è accennato tagliava, da un orizzonte all’altro, la zona più bassa della brughiera. In molti tratti si confondeva con una vecchia strada vicinale, staccatasi dalla grande via occidentale dei romani, la Via Iceniana, o Ikenild Street, che passava lì vicino. In questa sera di cui stiamo parlando si sarebbe potuto notare che, sebbene la tenebra fosse ormai tanto aumentata da ricoprire, confondendoli, gli aspetti minori della brughiera, la bianca superficie della strada rimaneva quasi chiara e visibile come sempre.

 

ENTRA IN SCENA L’UOMO E CON LUI L’AFFANNO

 

 

Sulla strada camminava un vecchio. Aveva la testa bianca come una montagna con la vetta coperta di neve, le spalle curve, e dava un’impressione di decadenza. Portava un cappello lucido, le scarpe e una vecchia giacca da marinaio con un’ancora sui bottoni di metallo. Teneva in mano un bastone col pomo d’argento, di cui si serviva come se fosse stato una terza gamba, continuando a battere con la punta in terra a ogni passo. Si sarebbe detto che fosse stato, da giovane, ufficiale di marina.

Dinanzi a lui si stendeva la lunga strada faticosa, arida, vuota e bianca. Aperta alla brughiera su entrambi i lati, tagliava l’ampia superficie scura come una riga su una testa dai capelli neri, facendosi piccola e svoltando all’estremo orizzonte.

Il vecchio continuava a scrutare davanti a sè il lungo tratto di strada che doveva ancora percorrere. Finalmente vide, a grande distanza, un puntino che si muoveva e che si rivelò un veicolo volto nella sua stessa direzione. Era l’unica particella di vita visibile nel paesaggio e serviva soltanto a rendere più evidente la generale solitudine. Avanzava con lentezza e il vecchio guadagnava sensibilmente terreno.

Quando fu più vicino, vide che si trattava d’un carrozzone di forma comunissima, ma d’un color rosso cupo piuttosto singolare. Il conducente gli camminava accanto; ed era, come il suo carro, rosso dalla testa ai piedi. Uno strato di colore gli copriva gli abiti, il berretto che aveva in capo, gli stivali, il volto e le mani. Non si trattava d’una coloritura momentanea: tutta la persona n’era impregnata.

Il vecchio capì di che si trattava. Il conducente del carro era un venditore d’ocra, il cui mestiere consisteva nel fornire ai contadini il colorante per marcare le pecore. Apparteneva a una classe che nel Wessex viene ora rapidamente estinguendosi ed occupa, nel mondo rurale d’oggi, il posto occupato nel secolo scorso dal dodo nel mondo degli animali. Rappresenta un legame curioso, interessante e quasi scomparso, tra le antiche forme di vita e quelle oggi in genere prevalenti.

Un passo dopo l’altro, l’ex ufficiale raggiunse l’altro viandante e gli augurò la buona sera. Il conducente girò la testa a guardarlo e ricambiò il saluto con aria triste e preoccupata. Era giovane, e il suo volto, pur non potendosi dire veramente bello, lo era quanto bastava perché si capisse che lo sarebbe stato nel suo colore naturale. Gli occhi, che lampeggiavano stranamente nel volto deturpato dal colore, avevano un certo fascino: acuti come quelli d’un uccello da preda e azzurri come le nebbie autunnali. L’assenza di barba e baffi permetteva di scorgere le morbide curve della parte inferiore del volto.