Più tardi lei si oppose a tale corso di eventi, ma le furono tirati i capelli finché non cedette).

- Non dovrò essere gelosa? - chiese la signorina Bule, abbassando gli occhi.

- No, Zobeide - risposi - tu sarai sempre la sultana favorita; il primo posto nel mio cuore e sul mio trono sarà tuo per sempre.

Confortata da questa assicurazione, la signorina Bule accettò di proporre l'idea alle sue sette magnifiche compagne. Quello stesso giorno venimmo a sapere che avremmo potuto contare sulla complicità di un'anima dal ghigno perpetuo ma di indole gentile di nome Tabby, l'inserviente della casa, informe come un letto e con la faccia sempre più o meno imbrattata di nerofumo; a quello scopo, dopo cena feci scivolare un bigliettino in mano alla signorina Bule in cui mi dilungavo sul fatto che il nerofumo era stato in qualche modo impresso su quella faccia dal dito della Provvidenza, e indicavo in Tabby Masrur, il famoso capo dei Negri dell'Harem.

Creare l'agognata istituzione incontrò qualche difficoltà, come ne incontra ogni impresa collettiva. L'altra creatura si dimostrò di carattere ignobile e dopo essere stata sconfitta nelle sue aspirazioni al trono, simulò degli scrupoli di coscienza rifiutando di inchinarsi davanti al califfo e di chiamarlo Principe dei Credenti; ne parlò poi in modo sprezzante e indegno, come si trattasse di un individuo qualsiasi. Affermò, quest'altra creatura, di "non voler recitare" - recitare! - e in altre occasioni si dimostrò volgare e offensiva. La meschinità della sua condotta, però, suscitò l'indignazione unanime di un unito serraglio e così io diventai il beato tra i sorrisi di otto delle più belle fanciulle della stirpe degli uomini.

Quei sorrisi potevano essere accordati solo quando la signorina Griffin guardava altrove e solo con grande circospezione, poiché tra i seguaci del Profeta correva voce che lei vedesse attraverso un minuscolo ornamento rotondo al centro del motivo che decorava il dietro del suo scialle. Tutti i giorni però, dopo cena, ci ritrovavamo insieme per un'ora e allora la Favorita e le altre dell'Harem reale gareggiavano su chi dovesse colmare di delizie gli ozi del Serenissimo Harun quando si riposava dalle fatiche del governo: che, come succede in tutti gli affari di governo, in genere si rivelavano di natura aritmetica, poiché il Principe dei Credenti era allergico al far di conto.

In queste occasioni il fedele Masrur, capo dei Negri dell'Harem, si teneva sempre a disposizione (proprio allora la signorina Griffin si metteva a scampanellare come una furia reclamando i servigi di quell'ufficiale) ma non si distinse mai in misura degna della sua memorabile reputazione. Prima di tutto non si riuscì mai a chiarire in modo del tutto soddisfacente perché, nonostante in quel momento avrebbe potuto benissimo farne a meno, si introdusse con una scopa nella sala del Consiglio del califfo anche quando Harun indossava sulle spalle il rosso mantello dell'ira (la mantellina della signorina Pipson). In secondo luogo, sempre sogghignando, si produceva in esclamazioni del tipo: "Cribbio che carucce!" che non erano né orientali né rispettose. In terzo luogo, anche se appositamente addestrato a dire "Bismillah" diceva sempre "Alleluia!". Questo ufficiale, diversamente da quelli del suo mestiere, era troppo di buonumore, teneva la bocca troppo spalancata, esprimeva la propria approvazione in misura inopportuna e una volta - capitò in occasione dell'acquisto della Bionda Circassa per cinquecentomila piastre d'oro ed era anche un buon prezzo - abbracciò perfino una dopo l'altra la schiava, la Favorita e il califfo. (Tra parentesi, lasciatemelo dire: che Dio benedica Masrur e che tanti siano i figli e le figlie su quel tenero petto capace di lenire l'asprezza dei tanti giorni trascorsi da allora!).

La signorina Griffin era un modello di decoro e non so proprio immaginare se avesse saputo, quando ci faceva sfilare in riga per due lungo Hampstead Road, che stava avanzando con passo marziale alla testa di poligami e maomettani. Credo che la misteriosa e terribile gioia che ci suscitava la contemplazione della signorina Griffin nello stato di perfetta ignoranza in cui si trovava e la sinistra sensazione dominante tra noi che ci fosse un potere spaventoso nel sapere quello che la signorina Griffin (che conosceva tutto ciò che si può apprendere dai libri) non sapeva, fosse quello che soprattutto ci spingeva a mantenere il nostro segreto. Esso fu meravigliosamente conservato, ma una volta fu sul punto di tradirsi da solo. Corremmo questo pericolo e lo scampammo una domenica. Come ogni domenica, eravamo tutti e dieci allineati in una parte bene in vista della galleria della chiesa, con la signorina Griffin alla nostra testa - una propaganda in certo qual modo celestiale per il nostro collegio - quando fu letto il brano in cui si parla di Salomone nel suo paradiso domestico. Proprio nel momento in cui venne pronunciato il nome del monarca, la coscienza mi sussurrò: "Anche tu, Harun". Il ministro officiante ebbe un lampo negli occhi e questo permise alla mia coscienza di credere che stesse leggendo appositamente per me. Un rossore cremisi, seguito da un sudore spaventoso mi coprì il volto.

Il Gran Visir sembrò più morto che vivo e l'intero serraglio arrossì come se il tramonto di Bagdad si riflettesse direttamente sui loro volti deliziosi. In quel momento funesto, la tremenda Griffin si alzò in piedi e con occhio torvo passò in rassegna i figli dell'Islam. La mia sensazione era che Chiesa e Stato si fossero uniti in complotto con la signorina Griffin per smascherarci e che ci avrebbero avvolti in candidi sudari ed esposti al pubblico ludibrio nella navata centrale. Ma la dirittura morale della signorina Griffin era così occidentale se mi è concessa questa parola, per esprimere quello che si oppone a quanto associamo all'Oriente -che lei sospettò solo bazzecole e noi fummo salvi.

Del serraglio ho detto che era unito. Solo su una questione, se il Principe dei Credenti avesse l'ardire di esercitare il diritto di baciare in quei sacri recinti del palazzo i suoi ospiti di rango inferiore, si trovarono divisi. Zobeide accampò un pari diritto della favorita a graffiare, e la Bionda Circassa per ripararsi il volto lo infilò in una sacca di panno verde, originariamente destinata ai libri. Al contrario, una giovane gazzella di bellezza celestiale, giunta dalle fertili pianure di Camden Town (dalle quali era stata condotta da mercanti con la carovana di metà anno che aveva attraversato il deserto dopo le vacanze) espresse opinioni più liberali, ma stabilì di escludere da un simile beneficio quel cane o figlio di un cane del Gran Visir, che non aveva diritti ed era pertanto fuori discussione. Alla fine, la disputa fu ricomposta grazie alla nomina di una giovanissima schiava in qualità di deputata.

Costei, in piedi su uno scanno, riceveva ufficialmente sulle guance gli omaggi di baci destinati dal grazioso Harun alle altre sultane e riceveva in privato una ricompensa attinta dai forzieri delle signore dell'Harem.

Accadde ora, che al culmine del piacere per la mia abitudine io diventassi profondamente inquieto; cominciai a pensare a mia madre e a quello che avrebbe detto quando a metà dell'estate avessi riportato a casa otto delle più bionde fanciulle della stirpe degli uomini, ma del tutto inaspettate. Pensai al numero di letti da preparare a casa nostra, alla rendita di mio padre, al fornaio e il mio sconforto raddoppiò. Il serraglio e il malevolo Visir, sospettando l'origine dell'infelicità del loro signore, fecero tutto quello che era in loro in potere per accrescerla. Professarono incondizionata fedeltà e dichiararono che avrebbero vissuto e sarebbero morti insieme a lui. Ridotto all'estrema prostrazione da quelle solenni dichiarazioni di devozione, giacevo ore e ore ogni notte senza riuscire a prendere sonno, rimuginando sulla mia tremenda sventura.

Nella mia disperazione, pensai di cogliere quanto prima l'occasione di prostrarmi in ginocchio davanti alla signorina Griffin, confessare la colpa di voler emulare Salomone e supplicarla di essere punito secondo le leggi violate del mio Paese, se non mi si fosse presentata un'imprevista via d'uscita.

Un giorno, mentre eravamo fuori camminando in riga per due - in questa occasione il Visir era stato come al solito incaricato di tenere d'occhio il ragazzo al cancello, e se costui avesse profanato con il suo sguardo le bellezze dell'Harem (cosa che puntualmente succedeva) di farlo strangolare con un laccio durante la notte - accadde che i nostri cuori fossero velati di cupa tristezza.

Un'irresponsabile azione da parte della gazzella aveva precipitato lo Stato in disgrazia. Quell'incanto di fanciulla, con il pretesto che il giorno prima era stato il suo compleanno e che per la sua celebrazione era stata inviata una cesta piena di immensi tesori (affermazioni tutte e due infondate) aveva in segreto ma con insistenza invitato a un ballo con banchetto trentacinque principi e principesse dei paesi confinanti e aveva loro imposto la clausola particolare di "non farsi venire a prelevare prima di mezzanotte".

Risultato di simili vaneggiamenti della fantasia della gazzella fu l'improvviso arrivo alla porta della signorina Griffin, con gran seguito e un numero imprecisato di scorte di numerosi ospiti in pompa magna, che furono depositati in cima alle scale in un'ebbrezza di entusiastiche attese e poi congedati in lacrime.