Questo ufficiale, diversamente da quelli del suo mestiere, era troppo di buonumore, teneva la bocca troppo spalancata, esprimeva la propria approvazione in misura inopportuna e una volta - capitò in occasione dell'acquisto della Bionda Circassa per cinquecentomila piastre d'oro ed era anche un buon prezzo - abbracciò perfino una dopo l'altra la schiava, la Favorita e il califfo. (Tra parentesi, lasciatemelo dire: che Dio benedica Masrur e che tanti siano i figli e le figlie su quel tenero petto capace di lenire l'asprezza dei tanti giorni trascorsi da allora!).
La signorina Griffin era un modello di decoro e non so proprio immaginare se avesse saputo, quando ci faceva sfilare in riga per due lungo Hampstead Road, che stava avanzando con passo marziale alla testa di poligami e maomettani. Credo che la misteriosa e terribile gioia che ci suscitava la contemplazione della signorina Griffin nello stato di perfetta ignoranza in cui si trovava e la sinistra sensazione dominante tra noi che ci fosse un potere spaventoso nel sapere quello che la signorina Griffin (che conosceva tutto ciò che si può apprendere dai libri) non sapeva, fosse quello che soprattutto ci spingeva a mantenere il nostro segreto. Esso fu meravigliosamente conservato, ma una volta fu sul punto di tradirsi da solo. Corremmo questo pericolo e lo scampammo una domenica. Come ogni domenica, eravamo tutti e dieci allineati in una parte bene in vista della galleria della chiesa, con la signorina Griffin alla nostra testa - una propaganda in certo qual modo celestiale per il nostro collegio - quando fu letto il brano in cui si parla di Salomone nel suo paradiso domestico. Proprio nel momento in cui venne pronunciato il nome del monarca, la coscienza mi sussurrò: "Anche tu, Harun". Il ministro officiante ebbe un lampo negli occhi e questo permise alla mia coscienza di credere che stesse leggendo appositamente per me. Un rossore cremisi, seguito da un sudore spaventoso mi coprì il volto.
Il Gran Visir sembrò più morto che vivo e l'intero serraglio arrossì come se il tramonto di Bagdad si riflettesse direttamente sui loro volti deliziosi. In quel momento funesto, la tremenda Griffin si alzò in piedi e con occhio torvo passò in rassegna i figli dell'Islam. La mia sensazione era che Chiesa e Stato si fossero uniti in complotto con la signorina Griffin per smascherarci e che ci avrebbero avvolti in candidi sudari ed esposti al pubblico ludibrio nella navata centrale. Ma la dirittura morale della signorina Griffin era così occidentale se mi è concessa questa parola, per esprimere quello che si oppone a quanto associamo all'Oriente -che lei sospettò solo bazzecole e noi fummo salvi.
Del serraglio ho detto che era unito. Solo su una questione, se il Principe dei Credenti avesse l'ardire di esercitare il diritto di baciare in quei sacri recinti del palazzo i suoi ospiti di rango inferiore, si trovarono divisi. Zobeide accampò un pari diritto della favorita a graffiare, e la Bionda Circassa per ripararsi il volto lo infilò in una sacca di panno verde, originariamente destinata ai libri. Al contrario, una giovane gazzella di bellezza celestiale, giunta dalle fertili pianure di Camden Town (dalle quali era stata condotta da mercanti con la carovana di metà anno che aveva attraversato il deserto dopo le vacanze) espresse opinioni più liberali, ma stabilì di escludere da un simile beneficio quel cane o figlio di un cane del Gran Visir, che non aveva diritti ed era pertanto fuori discussione. Alla fine, la disputa fu ricomposta grazie alla nomina di una giovanissima schiava in qualità di deputata.
Costei, in piedi su uno scanno, riceveva ufficialmente sulle guance gli omaggi di baci destinati dal grazioso Harun alle altre sultane e riceveva in privato una ricompensa attinta dai forzieri delle signore dell'Harem.
Accadde ora, che al culmine del piacere per la mia abitudine io diventassi profondamente inquieto; cominciai a pensare a mia madre e a quello che avrebbe detto quando a metà dell'estate avessi riportato a casa otto delle più bionde fanciulle della stirpe degli uomini, ma del tutto inaspettate. Pensai al numero di letti da preparare a casa nostra, alla rendita di mio padre, al fornaio e il mio sconforto raddoppiò. Il serraglio e il malevolo Visir, sospettando l'origine dell'infelicità del loro signore, fecero tutto quello che era in loro in potere per accrescerla. Professarono incondizionata fedeltà e dichiararono che avrebbero vissuto e sarebbero morti insieme a lui. Ridotto all'estrema prostrazione da quelle solenni dichiarazioni di devozione, giacevo ore e ore ogni notte senza riuscire a prendere sonno, rimuginando sulla mia tremenda sventura.
Nella mia disperazione, pensai di cogliere quanto prima l'occasione di prostrarmi in ginocchio davanti alla signorina Griffin, confessare la colpa di voler emulare Salomone e supplicarla di essere punito secondo le leggi violate del mio Paese, se non mi si fosse presentata un'imprevista via d'uscita.
Un giorno, mentre eravamo fuori camminando in riga per due - in questa occasione il Visir era stato come al solito incaricato di tenere d'occhio il ragazzo al cancello, e se costui avesse profanato con il suo sguardo le bellezze dell'Harem (cosa che puntualmente succedeva) di farlo strangolare con un laccio durante la notte - accadde che i nostri cuori fossero velati di cupa tristezza.
Un'irresponsabile azione da parte della gazzella aveva precipitato lo Stato in disgrazia. Quell'incanto di fanciulla, con il pretesto che il giorno prima era stato il suo compleanno e che per la sua celebrazione era stata inviata una cesta piena di immensi tesori (affermazioni tutte e due infondate) aveva in segreto ma con insistenza invitato a un ballo con banchetto trentacinque principi e principesse dei paesi confinanti e aveva loro imposto la clausola particolare di "non farsi venire a prelevare prima di mezzanotte".
Risultato di simili vaneggiamenti della fantasia della gazzella fu l'improvviso arrivo alla porta della signorina Griffin, con gran seguito e un numero imprecisato di scorte di numerosi ospiti in pompa magna, che furono depositati in cima alle scale in un'ebbrezza di entusiastiche attese e poi congedati in lacrime. Non appena il cerimoniere aveva cominciato a scandire i nomi degli invitati battendo la mazza due volte, la gazzella si era rifugiata nella soffitta sul retro e aveva messo il catenaccio alla porta; e a ogni nuovo arrivo la signorina Griffin si turbava sempre di più, e a tal punto che alla fine l'avevano vista portarsi le mani ai capelli. Alla resa finale da parte della colpevole avevano fatto seguito la reclusione della stessa nello stanzino della lavanderia a pane e acqua e una ramanzina di vendicativa lunghezza rivolta a tutti noi, in cui la signorina Griffin aveva usato espressioni del tipo, primo: "Sono certa che voi tutti ne eravate al corrente"; secondo: "Quanto a perfidia l'uno vale l'altro"; terzo: "Una masnada di piccoli furfanti".
Date le circostanze, passeggiavano molto tristi; io in particolare, con le responsabilità di musulmano che gravavano sulle mie spalle ero proprio giù di morale. A un certo punto uno sconosciuto si avvicinò alla signorina Griffin e dopo aver camminato per un po' al suo fianco conversando con lei, mi guardò. Supponendo che fosse uno scagnozzo della legge e che la mia ora fosse giunta, corsi via immediatamente col vago proposito di riparare in Egitto.
Quando vide che me la battevo con quanta più forza avevo nelle gambe (mi parve che la prima svolta a sinistra e un giro nei pressi del può fossero la strada per le Piramidi) tutto il serraglio gridò, la signorina Griffin urlò nella mia direzione, il perfido Visir mi corse dietro e il ragazzo al cancello mi strinse contro un angolo come una pecora e mi tagliò la strada. Nessuno mi rimproverò quando fui catturato e riportato indietro; la signorina Griffin disse soltanto, con sbalorditiva gentilezza che tutto era molto strano. Perché ero corso via quando l'uomo mi aveva guardato?
Se avessi avuto abbastanza fiato per rispondere, oso dire che non avrei dato nessuna risposta: non avendo fiato di sicuro non risposi.
La signora Griffin e lo sconosciuto mi presero in mezzo a loro e mi scortarono fino a palazzo come se fossi nella condizione di non so chi ma certamente (come non potei fare a meno di rendermi conto stupito) non in quella del colpevole.
Arrivati là, ci ritirammo in una stanza da soli e la signorina Griffin chiamò in suo aiuto Masrur capo degli scuri guardiani dell'Harem. Masrur, dopo che gli fu sussurrato qualcosa all'orecchio, comincio a piangere.
- Che siate benedetto, cuoricino! - disse quell'ufficiale rivolto a me - Il vostro papà se l'è vista proprio brutta!
Sconvolto nell'intimo chiesi: - E' molto malato?
- Che il Signore mitighi il vento su di voi, agnellino mio! - disse il buon Masrur inginocchiandosi, sì che potessi trovare conforto appoggiando la testa sulla sua spalla - Il vostro papà è morto!
A quelle parole Harun al-Rashid svanì; il serraglio scomparve; da allora non vidi mai più nemmeno una delle otto più bionde fanciulle della stirpe degli uomini.
Fui riportato a casa e il debito era lì almeno quanto la morte; ci fu così una vendita all'asta. Il mio lettino fu cinicamente scrutato da una potenza a me sconosciuta, nebulosamente definita "Commercio" e fu così che un secchiello di ottone, un girarrosto e una gabbia furono messi insieme per ricavarne un lotto e furono poi venduti per un tozzo di pane. Lo addentai, lo masticai e pensai quanto era duro e amaro da mangiare quel pane!
Poi fui mandato in una immensa, fredda e tetra scuola per ragazzi più grandi, dove tutto quello che c'era da mangiare e da mettersi addosso era pesante e dozzinale, senza essere sufficiente; dove tutti, grossi o piccoli che fossero, erano crudeli; dove i ragazzi sapevano tutto della vendita all'asta già prima del mio arrivo e mi chiedevano quanto ero riuscito a raggranellare, chi mi aveva comprato, e mi strillavano dietro: "Uno due aggiudicato!".
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