- E chi le invidia?

- Beh, di’ la verità, però: un anello, almeno uno, te lo hai desiderato.

Ella guardò i piccoli anelli che aveva alle dita, e spalancò gli occhi meravigliati in viso allo sposo.

- Ma ti pare? Chissà quanto costano.

- Di’ la verità, bambina: qualche cosa l’hai pure desiderata.

- Ebbene, sì, te lo dico: c’è un nidino d’oro con dentro i pulcini d’oro.

Egli la guardò: era tutta rossa in viso, sfavillante di sincerità. E anche il viso di lui, gli occhi celesti, le ali dei suoi capelli dorati si illuminarono di una gioia che era anche l’allegria di uno che vuol combinare una burla.

Disse, con esagerata serietà:

- Il nido: i pulcini. Simbolo ottimo. Questi sentimenti altamente ti onorano: e avranno il loro meritato guiderdone.

Ella era abituata ad esser presa in giro da lui: quindi gli sbatté lievemente sulle spalle la salvietta e protestò ma senza forza:

- Adesso basta con le tue ironie.

28

Ma egli parlava sul serio: e un giorno, il giorno della festa di lei, - l’ora dei suoi venti anni, - entrò nella piccola casa il nido d’oro con dentro i pulcini d’oro: il tutto grande come un mezzo guscio di nocciola.

Ella aprì la scatoletta indovinando quello che conteneva; e non parlò: ma stette a lungo tranquilla a guardare il dono, come si trattasse di una conchiglia o di un fiore: poi si alzò di scatto e si mise a ballare. E pareva lo facesse anche lei per burla, per imitare i modi del marito; ma era veramente per una gioia infantile e profonda. Egli disse:

- Ecco la vera felicità.

Ed ella pensò che nessuna delle donnine che si fermavano davanti alla vetrina del gioielliere sarebbe mai stata davvero felice come lei.

Eppure, ogni volta che usciva sola e faceva la solita passeggiata senza mai decidersi ad attraversare il fiume travolgente e rumoroso della strada grande, si fermava davanti alla vetrina, forse più pericolosa ancora della strada. Un altro nido aveva sostituito il primo: lei, naturalmente, non lo desiderava più, ma era un po’ gelosa che altri potesse averlo. Il nido però rimaneva lì; nessuno pensava di comprarlo; e le donne che guardavano la vetrina come si guarda il cielo stellato, non lo vedevano neppure.

Solo un pomeriggio di novembre, già umidiccio e giallo, una bambina con un funghetto verde in testa disse alla signora ancora giovane che l’accompagnava:

- Lo vedi il nidino? Me lo compri per la mia festa? Me lo compri, vero? Di’ che me lo compri; ma su, dillo!

- Santa pazienza - rispose la donna. - C’è tempo ancora: eppoi, che te ne fai?

- Così, mi ci diverto. Eppoi, cosa vuoi che costi?

- Costerà, costerà.

- Ma che costare! Se tutta la roba che c’è qui è falsa.

La donna lo sapeva, e quindi non protestò né dimostrò sorpresa. Chi cadde da un’altezza prodigiosa e protestò con violenza fu il cuore della sposa. Ah, traditore, imbroglione e turlupinatore di un marito!

Ma il furore le passò lungo la strada, si disperse col profumo delle belle donnine, si fece a poco a poco consolazione e allegria: e quando fu alla svolta per tornare a casa, ella si volse e guardò la folla che passava sui marciapiedi come la vedesse per la prima volta. E la vedeva, sì, per la prima volta, nella sua crudele realtà: come le gemme e gli ori falsi nella vetrina del gioielliere.

FERITI

I padroni erano venuti a passare il tempo della vendemmia nella casa colonica: moglie, marito, signorina e signorino. La signorina faceva la cura dell’uva, e non pensava ad altro; i genitori al contrario preferivano quella dei polli e dei tacchini arrosto; il signorino si rimpinzava di frutta, di carne, di quanto gli capitava sotto mano, e si annoiava a morte.

Aveva quattordici anni.