La libertà è una cosa più grande dell’amore, la più grande della vita. Gli esseri più felici, anche senza amore, senza ricchezze, senza potenza, sono gli esseri liberi.
Così trillava il canarino, saltellando da una parte all’altra del ramo che pareva di corallo: intorno a sé vedeva i frutti e le foglie del suo stesso colore, e tutti del colore del sole; e, sotto, l’orto, ben diverso da come lo vedeva dal portico; tutt’altra leggiadrìa, luminosa e fantastica, sotto quel liquido cielo d’autunno, quasi un fondo marino. Tutto vi scintillava e tremolava, tutto vi era felice, anche le foglie che cadevano per lasciare ai frutti l’intero sole, anche i funghi velenosi che, nei cantucci d’ombra, parevano fiori di carne.
Solo l’uomo zoppo e nero ansava di pena, aggrappato alla scala come ai suoi sogni impossibili. E l’impossibile sogno del vecchio era, in quel momento, di acciuffare il suo Cecé.
- Cecé uslìn, bello, piccolino, andiamo. Ti aspetta la tua Cicì; andiamo, su, buono, vieni.
Sì! Appena sentita la mano del padrone, il canarino sgusciò via, come un raggio di sole. Andò a posarsi sul pero, dove le foglie erano più fitte e del suo preciso colore. Ci vollero tempo e pazienza, e torcicolli e scambio di strilli tra i vecchi coniugi, per scoprirlo una seconda volta. Una seconda volta la scala fu appoggiata alla pianta, e la moglie dové tenerla ferma perché il marito salì fino all’ultimo scalino, e di là s’inerpicò fra i rami del pero.
- Cecé, animalaccio, mi fai dannare l’anima, dunque? Vieni, su, o ti strozzo.
Il canarino preferì salvarsi. Con salti di danza cambiò posto, sparì: parve caduto con le foglie che si staccavano dal pero per gli scossoni del vecchio.
- E addio! Non si vede più; maledetta tu sii, vecchia strega maledetta.
La vecchia si salvò anche lei; ma dal portico vide di nuovo, tra il verde cupo di un cespuglio di alloro, il canarino che, con le ali aperte, vi si dondolava come un girasole.
- Pino, baccalà, perché non gli fai vedere la gabbia? Ci rientrerebbe da sé.
Ecco la gabbia in giro, con la canarina che doveva sentire il turbamento dell’ora perché era tutta arruffata e vibrante: l’ospite, invece, ignaro del dramma, beveva dalla tazzina di latta: beveva, ma senza sete, sollevando ogni tanto la testina pelata. Aveva, in tutto, un aspetto di vecchietto, con le zampine magre, la coda corta, il colore smorto: eppure, appena il padrone sollevò con ambedue le mani la gabbia, volgendola di qua, di là, come 46
sull’altare fa il prete con l’ostensorio, e il fuggitivo vide il nuovo venuto, qualche cosa di straordinario accadde.
Il canarino volò dall’alloro ad un piccolo susino lì accanto: non voleva arrendersi ancora, ma, certo, un impeto di gelosia vinceva già l’ebbrezza della libertà. No, non voleva arrendersi, perdere il bene trovato, la felicità dello spazio e del solo amore a sé stesso; ma quel raggiare della gabbia nel sole, con dentro il richiamo della compagna e la muta beffa dell’ospite, pareva gli destasse, come nelle allodole prese di mira dallo specchietto, l’allucinazione di un riverbero. Tornare? Volare? Andarsene lontano per non soffrire oltre la visione di quei due che ben presto si sarebbero consolati insieme? Per stordirsi trillò; ripetendo a sé stesso che la libertà è infinitamente più bella dell’amore; ma al suo canto rispose quello della canarina; ed allora il vecchio, accorgendosi che il fuggitivo stringeva le ali e non saltellava più, si avvicinò silenzioso. Con una mano continuò a fargli vedere la gabbia, con l’altra lo prese.
E quando lo rimise dentro, caldo di sole e di passione, per vendicarsi del patema attraversato, gli soffiò addosso, dicendogli:
- Babbalèo, non vedi che l’altro è cieco?
DENARO
Era finalmente arrivato, dall’America. Cifra rotonda: cinquanta mila lire.
La piccola vedova andò dunque dal suo parente Merlin, impresario di costruzioni edilizie, per domandargli se aveva da venderle subito un appartamento.
- Nelle due camere al pianterreno, che tu mi hai venduto anni or sono, non ci posso più stare: sono umide e mi hanno fatto venire i dolori reumatici. Eppoi fra poco i ragazzi torneranno, Giuseppe dal servizio militare, Gianni dall’America: abbiamo dunque bisogno di allargarci.
L’uomo ascoltava indifferente: non occorreva ch’ella cercasse quasi di scusare, con la rete di tutte quelle parole, l’incipiente fortuna della sua famiglia.
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