Infatti quelle due partite bizzarre erano proprio partite-specchio: a ogni mossa, i bianchi e i neri riproducevano esattamente la stessa disposizione dei pezzi. Ora, la posta in gioco era il vostro specchio veneziano. E osservate ancora questo. Non si potrebbe dire che il campo degli assedianti e quello degli assediati sono ciascuno l’immagine fedele dell’altro attraverso la muraglia della cittadella assediata? Com’è strano, tutto questo!
Faber non rispose. Ma quelle riflessioni collimavano perfettamente con quelle che lui stesso andava facendo da settimane.
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5.
Colpo di scena
La notte del 14 dicembre sarebbe stata illuminata dalla luna piena, se una fitta nebbia non avesse sommerso l’intera vallata della Loira fin dal crepuscolo. Ne risultava un’oscurità madreperlacea nella quale si camminava come in sogno. Forse per effetto di quell’atmosfera irreale, quella sera i vicoli della città erano stranamente calmi e non si erano viste accozzaglie di ubriachi o parapiglia di giocatori, che erano diventati pane quotidiano a mano a mano che la situazione all’interno si deteriorava.
Rammentando le prime ore di quella notte, Faber pensò in seguito che c’era stata attesa, c’era stato raccoglimento nell’aria, come se tutti avessero obbedito all’oscuro presentimento di eventi eccezionali.
A mezzanotte meno un quarto, gli armigeri di sentinella si preparavano, bevendo vino caldo, alla ronda regolamentare che doveva essere effettuata di lì a poco. Il silenzio era impressionante, quasi anormale. D’improvviso, fu lacerato da una detonazione violenta che scosse l’intera città. Cosa succedeva? Gli inglesi stavano attaccando? Tutti si precipitarono sulle armi e si affrettarono a raggiungere i posti di combattimento. Si correva in ogni senso sulle scale e sui camminamenti di ronda dei bastioni. Di lì a poco, un capannello si formò nei pressi della merlatura dov’era fissata la colubrina puntata sul buio. L’arma fumava ancora. Era chiaro che il colpo era partito qualche secondo prima. Una torcia fissata al muro faceva danzare la fiamma. Ma chi aveva acceso la miccia? Le domande e le congetture si moltiplicavano, quando sopraggiunse un arciere che tirava per le orecchie uno strano personaggio. Era un bambino – a giudicare dalla statura – ma lo si sarebbe potuto scambiare per una donna per via dell’enorme parrucca bionda che calzava. Nel momento stesso in cui si udiva lo scoppio, lo avevano visto correre imparruccato sui camminamenti. Lo avevano appena scovato nascosto in una garitta.
Era Lucio. Confessò di aver rubato la parrucca al padre per giocarci con i suoi coetanei. Ma, passando davanti alla merlatura dov’era fissata la colubrina, si era attardato ad ammirare il bell’oggetto. L’arma era carica, giacché la miccia ne usciva torcendosi alla luce. Al muro, la torcia accesa gettava luci bizzarre sul merlo. La notte argentata dalla nebbia invitava a un’azione magica. Lucio non aveva saputo resistere alla sollecitazione delle cose.
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