Poi, fissò l’avversario con sguardo interrogativo.
Porcaro intervenne:
— Ser Exmoor, non capiamo. Non si può fare questa mossa.
— Perché? — domandò Exmoor. — Il mio pezzo non può muoversi a quel modo?
— Ser Exmoor — disse Porcaro, — si tratta di una Torre, non di un Cavallo. Lo ignorate?
— Amico Porcaro, amico Faber — disse Exmoor alzandosi – e la sua pancia urtò la scacchiera rovesciando tutti i pezzi — francamente sì, lo ignoravo. Come ignoro tutto di questo gioco. È la prima volta nella vita che tocco un pezzo degli scacchi e, in fede mia, non ho mai capito niente delle regole di questo gioco. E, per dirvela tutta, non me ne importa un fico secco.
Faber si alzò a sua volta e, fatto unico, sembrava che tremasse di rabbia.
— Affermate di ignorare tutto degli scacchi e mi avete battuto in meno di dodici mosse, e per due volte di seguito?
— È la pura verità, messeri, e – credetemi – ne sono sorpreso quanto voi.
— Ma allora come avete potuto rispondere ad ogni mia mossa, e con un simile successo?
— Ma è semplicissimo, amico Faber. Non sapendo niente di questo gioco, mi restava una sola risorsa: imitarvi in tutto e per tutto. È quello che ho fatto. Ad ogni vostra mossa, ho risposto con una mossa identica. Che io abbia potuto battervi, e per due volte di seguito, giocando in tal modo, è un miracolo di Fortuna.
E, togliendosi un’altra volta la parrucca, la baciò con trasporto.
La tela della tenda si gonfiò per le risate.
Gli inglesi si davano violenti spintoni urlando di gioia. Mai e poi mai un capo militare aveva conosciuto una simile ovazione!
Faber e Porcaro si diressero verso l’uscita, accompagnati dai loro due servitori.
Exmoor li raggiunse.
— Spero, messeri, che la mia ospitalità vi lasci un piacevole ricordo.
Naturalmente, mi tengo la sorcière veneziana che mi piace infinitamente, lo confesso, con la sua gota tonda e scintillante. L’immagine grottesca di me che mi restituisce mi colma di allegria. Ma, a proposito di ricordi, ser Faber, non andatevene a mani vuote, lasciate che ve ne offra uno che vi rammenterà questa serata memorabile e di cui mi sembra che abbiate enorme bisogno, giacché è un potente portafortuna, come avete appena avuto modo di constatare.
E gli tese con ambo le mani l’enorme parrucca, bionda e riccia, zuppa del suo sudore. Faber esitò. Non ci mancava che quello per concludere quella serata burlesca!
35
Poi, si strinse nelle spalle e, strappato a Exmoor il suo portafortuna capelluto, raggiunse a passi rapidi l’uscita.
Un po’ più tardi, mentre si avvicinavano alla Combe-aux-Geais, Porcaro ruppe il silenzio scontroso di Faber.
— Quello che mi stupisce, vedete, in tutta questa faccenda, è la costanza del tema dello specchio.
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