Va da sé che lo spionaggio era particolarmente temuto dagli assediati, e che entrate e uscite, ogni tipo di scambio con l’esterno, erano rigorosamente proibiti. Con una cerimonia in pompa magna, era già stato impiccato un artigiano colpevole di intelligenza con gli assedianti. Con l’aggravante, nel suo caso – va detto – che egli conosceva le fortificazioni cui aveva lavorato.

I tre discoli furono a lungo interrogati dal preposto e dai suoi assistenti. Risultò subito che quella non era la loro prima impresa, dato che conoscevano il numero, la disposizione e l’armamento degli inglesi. Furono in grado di fornire al capitano Fulgence preziose informazioni.

Faber trasse due lezioni dalla disavventura. In primo luogo, che avrebbe dovuto sorvegliare di più Lucio. Ma quel diavolo d’un ragazzo riusciva sempre a far sì che le sue scappatelle finissero nel migliore dei modi!

Bisognava ammetterlo: Lucio era fortunato. Era nato sotto una buona stella, e le sue sventatezze più riprovevoli volgevano quasi sempre a suo vantaggio. Faber ne ebbe ulteriore prova scoprendo nel sottotetto di una guardiola un vero tesoro di Alì Babà al quale Lucio andava ad attingere in segreto. C’erano viveri, indumenti e perfino gioielli a profusione. Interrogato, il bambino confessò che erano i suoi guadagni al gioco dei dadi. Generosamente, propose al padre di dividerli con lui.

Faber non sapeva che partito prendere.

Ma tutto ciò aveva un’importanza secondaria. Ben più grave fu la decisione che prese allora: seguire l’esempio del figlio e fare delle sortite dalla cittadella. Il rischio valeva la candela, giacché osservare gli inglesi e scoprire i loro punti deboli era vitale. Gli bastava tornare a indossare i panni di finto veneziano. Orlando, che si annoiava, sarebbe stato più che felice di intraprendere quelle escursioni con lui.

Già l’indomani, fra il lusco e il brusco, i due presero la strada della Combe-aux-Geais attraverso la galleria della torre orientale. Sbucarono così a meno di un quarto d’ora dal borgo di Boisrenard.

9

La locanda dormiva nella penombra, e a fatica Faber e il suo compagno riuscirono a farsi servire un bicchiere. Il banconiere, Sylvain, fece capire loro che da un bel pezzo soltanto gli inglesi frequentavano la locanda e soltanto dopo il coprifuoco al campo. I due decisero di aspettare. Era buio fatto quando si presentarono i primi soldati. Erano due cavalieri borgognoni, stremati da una giornata di cammino, che si congiungevano con lo stato maggiore di Exmoor. Sembravano più preoccupati dei cavalli che di loro stessi e, prima di mettersi a tavola, sorvegliarono le cure che venivano prodigate ai loro animali.

L’oste li intrattenne dicendo che avevano la possibilità di veder arrivare il comandante inglese prima di mezzanotte. Il più giovane, esausto, si era addormentato sui gomiti quando un gran baccano segnalò l’arrivo di un nutrito gruppo.