Trovando un vecchio di sessant’anni, molto ricco, senza figli, ma desideroso di averne; è difficile, ma è possibile; ci sono tanti vecchi che prendono delle Josépha, delle Jenny Cadine, perché non se ne potrebbe incontrare uno che facesse la stessa sciocchezza legittimamente? Se non avessi la mia Célestine e i nostri due nipotini, sposerei io Hortense. E questo è il secondo modo.

L’ultimo è il più facile…

La signora Hulot alzò la testa e guardò l’ex profumiere con ansia.

«Parigi è una città dove tutte le persone intraprendenti, che spuntano come arbusti selvatici sul territorio francese, si danno appuntamento; vi brulicano molti talenti senza arte né parte, uomini coraggiosi capaci di tutto, perfino di far fortuna… Ebbene, questi ragazzi… (Il vostro umile servitore lo era a suo tempo, e ne ha conosciuti!… Che cosa aveva du Tillet, che cosa aveva Popinot, vent’anni fa? Bazzicavano tutti e due nella bottegna di papà Birotteau, senz’altro capitale che non fosse la voglia di arrivare, che, secondo me, vale il più bel capitale! Si mangiano dei capitali, e non ci si mangia l’animo! Che cosa avevo io? Il desiderio di arrivare, dell’intraprendenza. Du Tillet è oggi pari a tutti i più grandi personaggi. Il piccolo Popinot, il più ricco negoziante di prodotti chimico-farmaceutici di rue des Lombards, è diventato deputato ed eccolo ministro…) Ebbene, uno di quei condottieri, come li chiamano, dell’accomandita, della penna e del pennello, è il solo essere a Parigi, capace di sposare una bella ragazza senza un quattrino, perché sono intraprendenti in ogni campo. Il signor Popinot ha sposato la signorina Birotteau senza aspettarsi un soldo di dote. Son pazzi, quelli! Credono nell’amore come credono nella loro fortuna, e nelle loro capacità!… Cercate un uomo intraprendente che si innamori di vostra figlia, ed egli la sposerà senza guardare al presente. Riconoscerete che, per un nemico, non manco di generosità, poiché questo consiglio è contro di me.»

«Ah! signor Crevel, se volete essere mio amico, abbandonate le vostre idee ridicole!…»

«Ridicole? Signora, non buttatevi giù così, guardatevi… Io vi amo e sarete mia! Un giorno dirò al signor Hulot:

‹Tu mi hai preso Josépha e io ti ho preso tua moglie!…› È la vecchia legge del taglione! E perseguirò lo scopo che mi ero prefisso, a meno che voi non diventiate eccessivamente brutta. Riuscirò, ecco il perché,» disse Crevel mettendosi in posa e guardando la signora Hulot.

VI • IL CAPITANO PERDE LA BATTAGLIA

«Voi non incontrerete né un vecchio, né un giovanotto innamorato,» riprese dopo una pausa, «perché amate troppo vostra figlia per abbandonarla alle manovre di un vecchio libertino; e nemmeno vi rassegnerete, voi, baronessa Hulot, sorella del vecchio luogotenente generale che comandava i vecchi granatieri della vecchia guardia, a prendere l’uomo intraprendente là dove egli si troverà. Potrebbe essere un semplice operaio, come quel milionario di oggi che era semplice meccanico dieci anni fa, o un semplice capocantiere o un semplice caporeparto. E allora, vedendo vostra figlia, spinta dai suoi vent’anni, capace di disonorarvi, vi direte: ‹È meglio che sia io a disonorarmi; e, se il signor Crevel vuole mantenere il segreto, guadagnerò la dote di mia figlia; duecentomila franchi per dieci anni di affetto a quell’ex mercante di guanti, il vecchio Crevel…› Vi do fastidio e ciò che dico è profondamente immorale, non è vero?

Ma se voi foste tormentata da una passione irresistibile, vi fareste, per cedermi, dei ragionamenti come ne fanno a se stesse le donne che amano… Ebbene? L’interesse di Hortense ve le metterà nel cuore queste parole di resa…»

«Hortense ha pur sempre uno zio.»

«Chi? Il vecchio Fischer? Deve sistemare i suoi affari, e ancora per colpa del signor Hulot, il cui rastrello passa su tutte le casse che si trovano alla sua portata.»

«Il conte Hulot…»

«Oh! Vostro marito, signora, ha già sperperato le economie del vecchio luogotenente generale, e con quelle ha arredato la casa della sua cantante… Allora, mi lascerete partire senza speranza?»

«Addio, signore. Si guarisce facilmente di una passione per una donna della mia età, e poi vedrete le cose con spirito cristiano. Dio protegge gli infelici…»

La baronessa si alzò per costringere il capitano a battere in ritirata e lo sospinse nel salotto.

«È forse in mezzo a simili stracci che dovrebbe vivere la bella signora Hulot?» disse lui.

E mostrava una vecchia lampada, un lampadario senza più doratura, la trama del tappeto, insomma tutti i brandelli dell’opulenza che facevano di quel grande salotto bianco, rosso e oro un cadavere del fasto imperiale.

«La virtù, signore, risplende su tutto questo. E non sento nessun desiderio di avere dei magnifici mobili facendo di quella bellezza che mi attribuite, trappola per selvaggina di grossa taglia, una rete acchiappapescicani.»

Il capitano si morse le labbra riconoscendo le parole con le quali aveva bollato l’avidità di Josépha.

«E per chi questa perseveranza?» disse.

In quel momento la baronessa aveva accompagnato l’ex profumiere fino alla porta.

«Per un libertino!…» aggiunse egli, facendo una smorfia da uomo virtuoso e milionario.

«Se voi aveste ragione, signore, la mia costanza avrebbe qualche merito, ecco tutto.»

Lasciò il capitano dopo averlo salutato come si saluta per sbarazzarsi di un importuno e si voltò troppo rapidamente per poterlo vedere un’ultima volta in posa.

Andò a riaprire le porte che aveva chiuso, e non poté notare il gesto di minaccia col quale Crevel le disse addio. Ella camminava con fierezza e nobiltà, come un martire del Colosseo. Tuttavia aveva esaurito le sue forze; si lasciò cadere sul divano del suo salottino azzurro, come se stesse per venir meno, e restò con gli occhi fissi sul chiosco in rovina dove sua figlia chiacchierava con la cugina Bette.

Dai primi giorni del suo matrimonio fino a quel momento, la baronessa aveva amato suo marito, così come Giuseppina aveva finito per amare Napoleone, di un amore fatto di ammirazione, di un amore materno, di un amore vile. Se ignorava i dettagli che Crevel le aveva dato poco prima, sapeva fin troppo bene che, da vent’anni, il barone Hulot le era infedele; ma si era messa sugli occhi un velo di piombo, aveva pianto silenziosamente, e mai una parola di rimprovero le era sfuggita. In cambio di questa angelica dolcezza, aveva ottenuto la venerazione di suo marito e la quasi religiosa adorazione dei familiari. L’affetto che una donna porta a suo marito, il rispetto di cui ella lo circonda sono contagiosi in famiglia.