S'udrà, nei silenzii intermessi, lo scampanio lontano delle pievi).
CANDIA: Creatura, io sono la madre
di queste tre giovanette
e di questo giovane sposo.
Nella nostra casa eravamo
in pace, con la grazia di Dio,
a santificare le nozze.
Vedi le canestre del grano
e il fiore nel pan benedetto!
Entrata tu sei d'improvviso
a darci travaglio e corruccio.
La visita del parentado
tu l'hai rotta, e un tristo presagio
hai messo nel cuore di tutti;
e mi piangon le viscere mie,
e mi piange l'anima dentro.
Pula è fatto il buono frumento!
E di venire a peggio si teme.
Or è necessità che tu vada,
che tu vada con Dio, che per certo
ti aiuterà se tu ti confidi.
Creatura, ogni male ha cagione.
Volontà ci fu di salvarti.
Or vattene co' piedi tuoi lesti,
perché di noi niuno ti tocchi.
Il figliuol mio t'apre la porta.
(La vittima ascolterà con umiltà, a capo chino, tutta tremante e sbiancata. Aligi andrà verso la porta a origliare. Pel volto gli si manifesterà la grande ambascia).
MILA: Madre cristiana, la terra
io bacerò sotto il tuo passo.
E perdóno ti chiedo, perdóno,
con l'anima mia nella palma
della mia mano, per questa
pena che ti reco io sciagurata!
Ma non io la tua casa cercai.
Cieca, cieca io era di spavento.
Su la via dello scampo condotta
fui dal Signore che vede,
perché presso il tuo focolare
io perseguitata trovassi
la pietà che santifica il giorno.
Abbi pietà, madre cristiana,
abbi pietà; e per ogni granello
del frumento che è in quelle canestre
Dio te ne renderà più di mille.
LA CATALANA (a bassa voce): Non l'ascoltare! Chi l'ascolta
si perde. È la falsa nemica.
Io so che il suo padre, per farle
dolce la voce, le dava
la ràdica della sterlóndia.
ANNA DI BOVA: Non vedi come Aligi la guata?
MARIA CORA: Bada! Bada che non gli s'appicchi
la mala febbre, Dio liberi!
FELÀVIA: Udito non hai il mietitore,
quel che diceva di Lazaro?
MÒNICA: Resteremo noi fino a vespro
con queste canestre sul capo?
Ora getto in terra la mia.
(Candia starà intenta al suo figliuolo. Subitamente paura e sdegno l'assaliranno. Ed ella griderà forte).
CANDIA: Vattene, vattene, figlia
di mago. Vattene ai cani.
Nella mia casa io non ti voglio.
Aligi, Aligi, apri la porta!
MILA: Madre di Ornella, madre d'amore,
Dio tutto perdona, e non questo.
Se mi calpesti, Dio ti perdona.
Se mi strappi gli occhi e la lingua,
se le mani mi tagli, che credi
malvage, Dio ti perdona.
Se mi sòffochi, Dio ti perdona.
Se mi stronchi, e Dio ti perdona.
Ma se ora (ascolta, ascolta
la campana che suona per Santo
Giovanni) se ora tu prendi
questa povera carne di doglia
che fu battezzata in Gesù,
la prendi e la getti su l'aia,
sotto gli occhi delle tue figlie
immacolate, la prendi
e la getti su l'aia allo strazio,
alla mala brama degli uomini
la dài, all'immondizia e alla rabbia,
o madre di Ornella, madre
d'innocenza, se tu questo fai,
se fai questo, Dio ti condanna.
LA CATALANA: No, non ha avuto il battesimo.
Il suo padre non fu seppellito
in campo santo; ma sotto
un mucchio di selci. L'attesto.
MILA: Il demonio è dietro di te, donna,
e hai la bocca nera di frode.
LA CATALANA: O Candia, la senti, la senti?
Anche c'ingiuria! Fra poco
ti caccerà dalla casa,
e t'accadrà senza fallo
quel che il mietitore ti disse.
ANNA DI BOVA: Su, Aligi, trascinala fuori!
MARIA CORA: Non vedi Vienda, non vedi
la tua sposa che par che si muoia?
LA CINERELLA: Che uomo sei tu? T'è fuggita
dalle tue ossa la forza,
e nella tua bocca la lingua
seccata s'è, che non fiati?
FELÀVIA: Svanito tu sembri. Smarristi
su la montagna il tuo sentimento,
e il tuo senno giù pel tratturo?
MÒNICA: Non vedi che ancóra non lascia
il fazzuolo, da poi che l'ha tolto?
Appiccato gli s'è alle dita.
LA CATALANA: Divenuto ti è mentecatto
il tuo figlio, Candia, Dio t'aiuti!
CANDIA: Aligi, Aligi, non odi?
Che fai? Dove sei? Fuor di mente?
Che nasce nell'anima tua?
(Ella gli toglierà dalla mano il panno e lo getterà a terra, verso la sbandita).
Aprirò io la porta; e tu fa
ch'ella esca, tu spingila fuori...
Aligi, a te parlo, m'intendi?
Ah, dormito tu hai veramente
settecent'anni, settecent'anni;
e non hai conoscenza di noi!
Donne, piace a Dio di disfarmi.
Io mi credea che in questi due giorni
piacesse a Dio darmi una posa,
tanto che inghiottir mi potessi
meno amara almen la saliva.
Figlie, prendetemi nell'arca
la mantelletta mia nera
e copritemi il capo, ch'io faccia
lamento nell'anima mia.
(Il figlio scoterà il capo. Un misto di demenza e di sgomento gli sconvolgerà la faccia rigata dal sudore. Parlerà come chi delira).
ALIGI: Or che volete da me, madre?
Io pur dissi: “Ponete
contra la soglia l'aratro,
il carro, i buoi, le pietre, le zolle,
la montagna con tutta la neve..”.
Io che vi dissi? voi che diceste?
Ecco, sì, la croce di cera
benedetta il dì dell'Ascensa,
l'acqua santa nei càrdini. Madre,
che volete ch'io faccia? Era notte,
era prima dell'alba, era notte
quando per venire si mosse.
Profondo, profondo era il sonno,
o madre. Però non m'avevate
voi messo papavero nel vino.
E fallito è quel sogno di Cristo.
Io so questa cosa onde viene;
ma ratterrò la mia bocca.
Femmine, che volete da me?
ch'io l'afferri per i capegli?
ch'io la trascini su l'aia?
ch'io la getti ai cani affamati?
Bene, sì, lo farò. Farò questo.
(Quando egli si avanzerà verso Mila di Codra, ella si rifugerà presso il focolare).
MILA: Non mi toccare! Peccato fai
contro la legge del focolare,
tu fai peccato grande mortale
contro il tuo sangue, contro la legge
della tua gente, de' vecchi tuoi.
Io su la pietra del focolare
il vino verso che mi fu dato
da una sorella della tua carne.
Se tu mi tocchi, se tu m'offendi,
tutti i tuoi morti nella tua terra,
quelli degli anni dimenticati,
i più lontani, i più lontani,
settanta braccia sotto la zolla
avranno orrore di te in eterno.
(Preso il boccale, ella verserà il vino su la pietra inviolabile. Le donne allora getteranno alte strida).
IL CORO DELLE PARENTI: - Ahi, che ha magato il camino!
- Ha messo mistura nel vino
l'ho vista, l'ho vista, in un lampo.
- Prendila, prendila, Aligi,
e toglila di su la pietra.
- Acciuffala per i capegli.
- Aligi, non avere paura
ché l'iscongiuramento non vale.
- Di là toglila e spezza il boccale,
tu spezzalo contro un alare.
- Spicca la catena e méttigliela
al collo e girala tre volte.
- Ha magato, ha magato il camino!
- Ahi, ahi, che la casa dà crollo!
Ahi, quanto pianto qui sarà pianto!
IL CORO DEI MIETITORI: - Oh, oh, attaccate riotta?
- Noi siam qui, siam qui che s'aspetta.
- L'abbiamo giocata e siam pronti.
- Pecoraio, ménala fuori!
- Su, su, che sfondiamo la porta.
(Picchieranno e schiamazzeranno).
ANNA DI BOVA: Ecco, ecco, prendete pazienza
anche un poco, buoni uomini. Aligi
la tira. Mo mo voi l'avete.
(Forsennato il pastore prenderà per un de' polsi la vittima che si divincolerà gridando).
MILA: No, no, no! Ti danni, ti danni.
Piuttosto tu schiacciami il capo,
tu battimi il capo alla spranga,
poi gettami morta di fuori.
No, no! Su te il castigo di Dio!
Ti nasceranno le serpi
dal ventre della tua donna.
Non dormirai, non dormirai
più mai; non avrai più riposo;
i cigli ti sanguineranno.
Ornella, Ornella, difendimi
tu, aiutami tu! Abbi ancóra
pietà! Sorelle in Cristo, aiutatemi!
(Ella si svincolerà dalla stretta, e fuggirà verso le tre sorelle che le faranno riparo. Cieco di furore e d'orrore, Aligi leverà la sua mazza sul capo di lei per colpirla. Subitamente le giovanette romperanno in gran pianto. Egli s'arresterà, al suono del pianto; lascerà cadere a terra la mazza; si gitterà ginocchioni, a braccia aperte).
ALIGI: Mercé di Dio! Fatemi perdonanza!
L'Angelo muto ho visto, che piangeva;
che lacrimava come voi, sorelle,
che lacrimava e mi guardava fiso.
Lo vedrò fino all'ora del trapasso
e ancóra lo vedrò nell'altra vita.
Io ho peccato contro il focolare,
contro i miei morti e contro la mia terra
che più non mi vorrà tenere seco,
che non vorrà sepolto il corpo mio.
Sorelle, per lavarmi del peccato,
nella cenere sette e sette giorni
tante croci farò con la mia lingua
quante sono le lacrime versate
dagli occhi vostri, e l'Angelo le conti
e il novero mi metta nel mio cuore.
Voglio così pigliare perdonanza
davanti a Dio, sorelle; e voi pregate,
pregate per Aligi fratel vostro
che alla montagna deve ritornare.
E quella che patì l'onta e l'ambascia
consolerà voi. Datele a bere,
toglietele la polvere, con l'acqua
e con l'aceto i suoi poveri piedi
confortate, che forse le dorranno.
Io non volea recarle onta, ma tratto
fui dalle voci; e chi mi trasse al male
gran dolore n'avrà per i suoi giorni.
Mila di Codra, mia sorella in Cristo,
donami perdonanza dell'offesa.
Questi fioretti di Santo Giovanni
io tolgo dalla mazza del pastore
e te li metto qui davanti ai piedi.
Io non ti guardo, ché me ne vergogno.
Dietro di te sta l'Angelo dolente.
Ma questa mano trista che t'offese,
col tizzo brucerò questa mia mano.
(Trascinandosi su i ginocchi andrà verso il focolare e, stando carpone, cercherà un tizzo ancóra acceso, lo prenderà con la manca, ne porrà la punta nel cavo della destra mano).
MILA: T'è perdonato! No, non ti bruciare!
Da me t'è perdonato, e Dio riceva
il pentimento. Lèvati dal fuoco!
Uno solo è il Signore del castigo;
è quello che ti diede la tua mano
per guidar le tue pecore nei paschi.
E come pascerai tu la tua mandra
se la tua mano ti s'inferma, Aligi?
Da me t'è perdonato in umiltà.
E del tuo nome io mi ricorderò
a mezzodì, ma pure mane e sera
quando pasturerai su la montagna.
IL CORO DEI MIETITORI: - Ehi là, ehi là, che è questo?
- Così ci volete gabbare?
- E noi vi sfondiamo la porta.
- Su, su, pigliamo la trave!
- Su, su, quel timone d'aratro!
- Pecoraio, tu non ci gabbi.
- Su, su, quel pezzo di màcina
rotta e gettiamola a sfascio!
- O pecoraio Aligi, rispondi!
Una due tre volte, e poi giù!
(S'udrà il grido roco ond'essi accompagneranno lo sforzo dell'alzare il peso).
ALIGI: Per te, per me, per tutta la mia gente
io mi faccio la croce. E così sia.
(Si alzerà, andrà verso la porta, e chiamerà).
Mietitori di Norca, apro la porta.
(Risponderanno gli uomini con un clamore concorde. Il suono delle campane continuerà sul vento. Aligi toglierà la spranga; si segnerà in silenzio; poi spiccherà dal muro la croce di cera, la bacerà).
Serve di Dio, segnatevi e pregate.
(Tutte le donne si segneranno e s'inginocchieranno, mormorando la litania).
IL CORO DELLE PARENTI: Kyrie eleison.
Christe eleison.
Kyrie eleison.
Christe audi nos.
Christe exaudi nos...
(Il pastore deporrà la croce di cera su la soglia, tra la conocchia e il bidente; poi spalancherà la porta. Si vedrà nel vano divampare il sole terribile su i mietitori vestiti di lino).
ALIGI: Cristiani di Dio, questa è la croce
benedetta nel giorno dell'Ascensa.
Posta l'ho su la soglia della porta
perché vi guardi dal fare peccato
contro la poverella di Gesù
ch'ebbe rifugio in questo focolare.
(I mietitori ammutoliti si scopriranno il capo).
Io ho veduto dietro le sue spalle
l'Angelo muto che la custodisce.
Con questi occhi che debbono morire,
piangere io l'ho veduto, in ferma fede,
cristiani di Dio. Perciò l'attesto.
Tornate al campo a mietere il frumento.
Non fate male a chi non fece male.
E che il falso nemico non v'inganni
con i suoi beveraggi un'altra volta!
Mietitori di Norca, il Ciel v'aiuti
e vi cresca alla mano le mannelle.
E San Giovan Battista Decollato
vi mostri il capo suo nel sol levante,
se questa notte andate su la Plaia.
E non vogliate male a me pastore,
a me Aligi povero di Cristo.
(Le donne sempre inginocchiate seguiranno sommessamente la litania. Candia dirà la invocazione, l'altre risponderanno).
CANDIA E IL CORO DELLE PARENTI: Mater purissima, ora pro nobis.
Mater castissima, ora pro nobis.
Mater inviolata, ora pro nobis...
(I mietitori si chineranno, allungheranno la mano a toccare la croce, porteranno la mano alle labbra; e s'allontaneranno silenziosi per la campagna ardente. Poggiato allo stipite, prono, il pastore li seguirà con lo sguardo. Nel silenzio s'udranno voci giungere dal sentiero).
UNA VOCE: O Lazaro di Roio, torna indietro!
UN'ALTRA VOCE: Lazaro, non andare, non andare!
(Il pastore sussulterà.
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