Malde e Anna Onna li seguiranno per un tratto; si soffermeranno a guatare: il cavatesori, roso dal suo pensiero di sotterra, tenendo in mano un ramo sfrondato d'ulivo terminante in forcina, fornito d'una pallottola di cera all'estremità più robusta; la vecchia dell'erbe poggiata alla sua stampella, con la sua sacca di semplici penzoloni sul ventre. In breve, anch'essi scompariranno. Il santo si volgerà dal limitare, verso l'ospite).

 

Vado con Dio. Pastore Aligi, sii

rimeritato del conforto ch'ebbi

nel ricovero tuo. M'hanno chiamato

ed ho risposto. Prima che tu prenda

la via nova, considera la legge.

Chi perverte la via, sarà fiaccato.

Guarda il comandamento di tuo padre.

Segui l'insegnamento di tua madre.

Tienli sempre legati in sul tuo cuore.

E Dio guidi il tuo piè, che non sia preso

nei lacci e non incappi nella brace.

 

ALIGI: Cosma, hai tu bene udito? Io sono puro.

Non mi contaminai ma ebbi fede.

Hai bene udito i segni che l'Iddio

altissimo ha mandati verso me?

Attendo quel che è giusto, e mi mortifico.

 

COSMA: Io te lo dico: Interroga il tuo sangue,

prima di condur teco la straniera.

 

UNA VOCE (di fuori gridando): Cosma, non t'indugiare! Ora l'uccide.

 

COSMA (vòlto a Mila): Pace a te, donna. Se il bene sia teco,

fa che da te si versi come il pianto,

senza che s'oda. Forse tornerò.

 

ALIGI: Vengo, ti seguo, ché tutto non dissi...

 

MILA: Aligi, è vero: tutto non dicesti!

Va sul cammino e cerca del crocifero

e pregalo che porti la parola.

 

(Il santo si allontanerà per i pascoli. Si udrà, or sì or no, il cantare dei pellegrini).

 

Aligi, Aligi, tutto non dicemmo!

E meglio m'è avere nella bocca

un buon pugno di polvere o una pietra

che me la chiuda. Ascolta solo questo

da me, Aligi. Io non ti feci male;

male non ti farò. Sanàti sono

i miei piedi, e conoscono la via.

Venuta è l'ora della dipartita

per la figlia di Iorio. E così sia.

 

ALIGI: Io non so, tu non sai l'ora che viene.

Rimetti l'olio nella nostra làmpana.

Prendi l'olio dall'otro. Ancor ve n'è.

E aspettami, che vado dal crocifero.

Bene ho pensato quel che gli dirò.

 

(Si volgerà per andare. La donna, vinta dallo sgomento, lo richiamerà).

 

MILA: Aligi, fratel mio! Dammi la mano.

 

ALIGI: Mila, il cammino è là, poco lontano.

 

MILA: Dammi la mano tua, ch'io te la baci.

È il sorso che concedo alla mia sete.

 

ALIGI (appressandosi): Mila, col tizzo io la volli bruciare.

È quella mano trista che t'offese.

 

MILA: Non mi rammento. Io son la creatura

che trovasti seduta su la pietra,

che veniva chi sa da quali strade.

 

ALIGI (appressandosi ancóra): Su la tua faccia il pianto non s'asciuga,

creatura. Una lacrima ti resta

nei cigli; trema, se parli; e non cade.

 

MILA: S'è fatto un gran silenzio. Aligi, ascolta.

Non cantan più. Con l'erbe e con le nevi,

siamo soli, fratello, siamo soli.

 

ALIGI: Mila, tu sei come la prima volta

là su la pietra, quando sorridevi

con gli occhi e avevi i piedi sanguinosi.

 

MILA: E tu, tu non sei quello inginocchiato

che i fioretti di San Giovan Battista

posò per terra? Ed una li raccolse

e se li porta nello scapolare.

 

ALIGI: Mila, una risonanza nella voce

tu hai, che mi consola e mi contrista

come d'ottobre quando con le mandre

si cammina cammina lungo il mare.

 

MILA: Camminare con te per monti e spiagge,

vorrei che questa fosse la mia sorte.

 

ALIGI: O compagna, prepàrati al viaggio.

Lungo è il cammino, ma l'amore è forte.

 

MILA: Aligi, passerei sul fuoco ardente,

e che l'andare non avesse fine!

 

ALIGI: Pei monti coglierai le genzianelle

e per le spiagge le stelle marine.

 

MILA: Se dovessi pontare i miei ginocchi

nelle tue péste, mi trascinerei.

 

ALIGI: Pensa ai riposi, quando farà notte!

La menta e il timo avrai per origlieri.

 

MILA: Non penso, no. Ma lascia, anche per questa

notte, ch'io viva dove tu respiri,

ch'io t'ascolti dormire anche una volta,

che anch'io vegli per te come i tuoi cani!

 

ALIGI: Tu lo sai, tu lo sai quel che s'attende.

Con te partisco l'acqua il pane e il sale.

E così partirò la giacitura

fino alla morte. Dammi le tue mani!.

 

(Si prenderanno per le mani guardandosi fisamente).

 

MILA: Ah, si trema, si trema. Tu sei freddo,

Aligi, tu ti sbianchi... Dove va

il sangue del tuo viso che si perde?

 

(Ella si scioglierà e con le mani gli sfiorerà le gote).

 

ALIGI: O Mila, Mila, sento come un tuono...

E tutta la montagna si sprofonda.

Dove sei? dove sei? Tutto si perde.

 

(Anch'egli tenderà le mani verso di lei, come uno che brancoli. E si baceranno. Poi cadranno entrambi in ginocchio, l'uno di contro all'altra).

 

MILA: Miserere di noi, Vergine santa!

 

ALIGI: Miserere di noi, Cristo Gesù!

 

(Sarà grande silenzio).

 

UNA VOCE (di fuori cruda): Pecoraio, ti cercano all'addiaccio.

Una pecora nera s'è sciancata.

 

(Aligi si alzerà vacillando, e andrà verso il richiamo).

 

Il massaro ti cerca, che tu corra.

E dice che c'è una con la còscina,

non so chi sia, che ti va dimandando.

 

(Aligi volgerà indietro il capo a guardare la donna rimasta in ginocchio; e il suo sguardo abbraccerà tutte le cose).

 

ALIGI (a bassa voce): Mila, rimetti l'olio nella làmpana

che non si spenga. Vedi ch'arde appena.

Prendi l'olio dall'otro. Ancor ve n'è.

E aspettami, che arrivo fino al giaccio.

Paura non avere. Dio perdona;

perché tremammo, Maria ci perdona.

Rimetti l'olio, e prega per la grazia.

 

(Si allontanerà per i pascoli).

 

MILA: Vergine santa, fatemi la grazia,

ch'io mi rimanga con la faccia in terra

freddata qui, ch'io sia trovata morta,

di qui rimossa per la sepoltura.

Non fu peccato, sotto gli occhi vostri.

Non fu peccato. Voi lo concedeste.

Non furono le labbra (siete voi

testimone) non furono le labbra.

Posso morire sotto gli occhi vostri.

Forza non ho d'andarmene, Maria.

E vivere con lui Mila non può!

Madre clemente, malvagia non fui.

Fui una fonte calpestata. E troppo

mi fu fatta vergogna innanzi al Cielo.

Ma chi mi tolse dalla mia memoria

la mia vergogna, se non voi, Maria?

Rinata fui quando l'amore nacque.

Voi lo voleste, Vergine fedele.

Tutte le vene di quest'altro sangue

vengono di lontano di lontano,

dal fondo della terra ove riposa

quella che m'allattò (fate che anch'ella

ora mi vegga!), dalla più lontana

innocenza.