Che diavolo è questa
gente?
Non assomigliavano né ai trichechi, né ai leoni marini, né alle foche, né agli
orsi, né alle balene, né ai pescicani, né alle piovre, né ai molluschi che
Kotick avesse mai visto prima. Erano lunghi da venti a trenta piedi e non avevano pinne posteriori, ma una coda che pareva tagliata a punta nel cuoio
molle. La loro testa era la cosa più buffa che si fosse mai vista, ed essi si
dondolavano sulla punta della coda nell’acqua profonda, quando non stavano
brucando, facendosi dei profondi inchini reciprocamente e agitando le pinne
anteriori come un uomo obeso agita le braccia corte.
Aehm! fece Kotick. Buon divertimento, signori!
I grossi animali risposero con un inchino, e agitando le pinne come Frog Footman. Quando ricominciarono a pascolare, Kotick vide che avevano il labbro
superiore diviso in due parti, tanto da potersi allargare di un piede circa e
richiudersi serrando dentro un buon staio di alghe che gli animali spingevano
dentro la bocca e ruminavano con solennità.
Che brutto modo di mangiare! esclamò Kotick.
Essi si inchinarono di nuovo e Kotick cominciò a perdere la pazienza.
Benone! disse. Anche se avete la fortuna di possedere una articolazione di più
nelle pinne davanti, non c’è proprio bisogno di darsi tante arie! Vedo che
fate le riverenze con molta grazia, ma mi piacerebbe sapere come vi chiamate.
Le labbra spaccate si mossero e si contrassero, e gli occhi vitrei e glauchi
lo guardarono fissamente; ma gli animali non parlarono.
Ebbene, disse Kotick, voi siete gli unici animali che abbia incontrato più
brutti di Sea Vitch ed anche più sgarbati.
Allora si ricordò improvvisamente di quello che il Gabbiano Borgomastro gli
aveva gridato, quando era giovincello di un anno, all’isolotto del Tricheco, e
fece una capriola sull’acqua; ora sapeva di aver trovato finalmente la Vacca
Marina.
Le vacche marine continuarono a biascicare, a brucare e a ruminare le alghe, e
Kotick rivolse loro delle domande in tutte le lingue che aveva imparicchiato
nei suoi viaggi. Il Popolo del Mare ha quasi altrettante lingue quante gli
uomini. Ma le vacche marine non risposero, perché la vacca marina non sa parlare. Essa ha soltanto sei ossi nel collo mentre ne dovrebbe avere sette, e
si dice in fondo al mare, che questo le impedisce di parlare anche con le compagne, ma ha, come sapete, una articolazione di più nelle pinne anteriori
e, agitandola per tutti i versi, si esprime con una specie di rudimentale telegrafia ottica.
All’alba Kotick aveva la criniera tutta irta e la sua pazienza era andata a
finire a quel paese. Poi le vacche marine si misero in viaggio verso il settentrione, lentamente, fermandosi di tanto in tanto per tenere degli assurdi consigli a base di inchini, e Kotick le seguì dicendo fra sé: Degli
animali idioti come questi sarebbero stati sterminati chi sa da quanto tempo,
se non avessero scovata qualche isola sicura; e quel che serve per la Vacca
Marina può servire anche per la Foca. Tuttavia vorrei che si spicciassero.
Fu un viaggio estenuante per Kotick. Il branco non faceva mai più di quaranta
o cinquanta miglia al giorno, si fermava a pascolare la notte e si teneva sempre vicino alla costa. Kotick nuotava intorno sopra e sotto le vacche marine, ma non riusciva a farle affrettare di mezzo miglio. Di mano in mano
che avanzavano verso nord, tenevano un consiglio, a base di riverenze, ogni
poche ore, e Kotick si era quasi mangiato tutti i baffi a forza di morderli
per l’impazienza, finché si accorse che risalivano una corrente calda, e allora cominciò a considerarle con maggior rispetto.
Una notte esse si calarono a fondo attraverso l’acqua lucente, affondarono
come pietre, e per la prima volta dacché Kotick le conosceva, cominciarono a
nuotare rapidamente. Kotick le seguì meravigliato di quella velocità, poiché
non aveva mai immaginato che la Vacca Marina fosse una nuotatrice così valente. Esse si diressero verso una scogliera vicino alla spiaggia. Una scogliera che scendeva a picco dentro l’acqua profonda, e si addentrarono in
una cavità oscura, che si apriva ai piedi di essa a venti tese sotto il livello del mare. Fu una nuotata lunga e Kotick sentì il bisogno di respirare
dell’aria fresca, prima che riuscisse da quella galleria oscura attraverso la
quale lo avevano condotto.
Uff!… esclamò, quando riuscì, boccheggiando e sbuffando, sul mare aperto
all’altra estremità.
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