La macchina del tempo Read Online
La macchina del tempo
H. G. Wells
LA MACCHINA DEL TEMPO
(The time machine,
1895)
LE GEMME DELL'INFINITO
VOLUME 6
LE GEMME DELL'INFINITO - Classici della Fantascienza. Volume n. 6
A cura di The High Castle
LA MACCHINA DEL TEMPO scritto da H. G. Wells
Titolo originale: THE TIME MACHINE
© 1895 by H. G. Wells
Traduzione di Piccy Carabelli
NOTA DELL’AUTORE
La storia del Viaggiatore del tempo e una parte del discorso introduttivo è apparso a puntate nella New Review. Diversi brani descrittivi della storia erano precedentemente comparsi in forma di dialogo nel National Observer, e la spiegazione dei "principi" del viaggio nel tempo di questo libro è inserita in quest'ultimo documento, desidero fare i consueti ringraziamenti.
H. G. W.
1
L’inventore
Il Viaggiatore del Tempo - sarà opportuno chiamarlo così - stava esponendoci una teoria piuttosto astrusa. I suoi occhi grigi scintillavano vivacissimi, e il suo viso, di solito assai pallido, appariva arrossato per l'animazione. Il fuoco che guizzava allegro nel caminetto e il pacato chiarore delle luci che si sprigionavano dai candelabri d'argento suscitavano nei nostri bicchieri miriadi di bollicine; le poltrone su cui sedevamo, fabbricate su disegno del nostro ospite, lungi dal sottomettersi alle funzioni di comuni sedili, ci accoglievano in un abbraccio che era quasi una carezza; aleggiava nella stanza la molle e raffinata atmosfera nella quale ci si sente immersi dopo un buon pranzo, caratteristica dell'ora in cui il pensiero fluisce libero dalle pastoie del formalismo.
Il padrone di casa andava illustrandoci le sue teorie e ne metteva in rilievo i punti salienti col gesto dell'indice affusolato, mentre noi, comodamente seduti, ammiravamo la sottigliezza dialettica con cui egli svolgeva questo suo nuovo paradosso (così lo definivamo dentro di noi).
— Seguitemi con attenzione, perché sarò costretto a discutere un paio di idee quasi universalmente accettate. La geometria, per esempio, che avete imparato a scuola si basa su una concezione sbagliata.
— Non è un pochino troppo, pretendere di farci ricominciare tutto su nuove basi? — domandò Filby, un tipo dai capelli rossi che amava polemizzare.
— Non vi chiederò certo di accettare una teoria qualsiasi senza che essa derivi da presupposti ragionevoli: ammetterete da voi stessi tutto quello che vi chiederò di ammettere. Sapete senza dubbio che una linea matematica, una linea di spessore nihil, non esiste nella realtà: questo ve l'hanno insegnato, non è vero? E neppure un piano matematico esiste nella realtà: ambedue sono soltanto semplici astrazioni.
— Fin qui ci siamo, — annuì lo psicologo.
— Per la stessa ragione, neppure un cubo avente soltanto una lunghezza, una larghezza e un'altezza esiste nella realtà.
— Qui non sono dello stesso parere, — lo interruppe Filby. — Un corpo solido esiste. Ogni cosa reale...
— Quasi tutti la pensano così, infatti; ma aspettate un momento: può esistere un cubo istantaneo?
— Non riesco a seguirla, — osservò Filby.
— Un cubo che non duri neppure un secondo può esistere nella realtà? È chiaro, — proseguì il Viaggiatore del Tempo mentre Filby sembrava immerso in profonde riflessioni, — è chiaro che ogni corpo reale deve estendersi in quattro dimensioni: deve avere cioè una lunghezza, un'altezza, una larghezza... e una durata. Ma per la naturale imperfezione dei sensi umani, e ve lo spiegherò fra poco, noi siamo inclini a sorvolare su quest'ultimo presupposto. Esistono in realtà quattro dimensioni: le tre che chiamiamo i tre piani dello spazio, e una quarta, cioè il tempo. La mente umana tende, tuttavia, a compiere una distinzione irreale tra le prime tre dimensioni e la quarta, poiché siamo consapevoli di muoverci in una sola direzione lungo quest'ultima, dal principio alla fine della nostra vita.
— Questo, — intervenne un giovanotto compiendo sforzi spasmodici per riaccendere il sigaro alla fiamma della lampada, — questo... è infatti molto chiaro.
— Ora, è assai sintomatico che tutto ciò sia generalmente trascurato, — seguitò il Viaggiatore del Tempo con una leggera sfumatura di gaiezza nella voce. — È proprio questo che si intende per quarta dimensione, sebbene qualcuno di coloro che ne parlano non sappia neppure che cosa significhi. Esiste soltanto un'altra maniera di considerare il tempo: non vi è differenza alcuna fra il tempo e una qualsiasi delle tre dimensioni dello spazio, ma è soltanto il nostro inconscio che si muove lungo il tempo. Qualche insensato ha preso in considerazione questa teoria dal lato non giusto; tutti voi sapete senza dubbio quello che affermano costoro nei riguardi della quarta dimensione, vero?
— Io no, — dichiarò il sindaco della provincia.
— È semplice. I nostri matematici sostengono che lo spazio ha tre dimensioni, e hanno stabilito di chiamarle lunghezza, larghezza, altezza; e ciò è sempre definibile in rapporto a tre piani, ognuno dei quali è perpendicolare agli altri. Ma alcuni individui dalla mente più filosofica si chiedono perché proprio tre dimensioni, perché non un'altra direzione perpendicolare a queste tre; e costoro hanno anche cercato di costruire una geometria quadridimensionale: appena un mese fa il professor Simon Newcomb ha esposto tale teoria alla Società Matematica di New York.
Voi tutti sapete che su una superficie piana, che ha soltanto due dimensioni, possiamo raffigurare benissimo un solido tridimensionale; nella stessa maniera dobbiamo ammettere che, per mezzo di modelli a tre dimensioni, se ne possa raffigurare uno di quattro, sempre che si riesca a impadronirsi dell'esatto punto di vista della faccenda. Ci siete?
— Credo di sì, — mormorò il sindaco della provincia; corrugò la fronte e si immerse in pensieri introspettivi, muovendo le labbra come chi stia ripetendosi mistiche parole. — Sì, adesso credo proprio di capire, — ripeté dopo qualche minuto, rischiarandosi di una luce assolutamente transitoria.
— Bene.
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