Balzai in piedi nel buio, trassi di tasca i fiammiferi, ne accesi uno, e vidi tre forme bianche accucciate, del tutto simili a quella che avevo sorpreso tra le rovine nell'atto di ritirarsi in fretta davanti alla luce. Vivendo in quelle tenebre che a me sembravano impenetrabili, i loro occhi erano diventati enormi ed estremamente sensibili, proprio come quelli dei pesci abissali, e riflettevano la luce nello stesso modo. Sono certo che quegli esseri mi vedevano benissimo, né sembravano aver paura di me; temevano invece la luce, tanto che, appena accesi il fiammifero, fuggirono immediatamente, scomparendo dentro fossati e gallerie dalla cui oscurità i loro occhi continuarono a fissarmi, sorprendentemente scintillanti.

«Tentai di rivolger loro la parola, ma dovevano usare un linguaggio diverso da quello degli esseri del mondo superiore, sicché tutti i miei sforzi furono vani, e caddi di nuovo in preda alla tentazione di fuggire senza esplorare quel mondo. "Sei venuto proprio per questo", mi dissi però; e ripresi la strada della galleria, fino a che udii più forte il rumore delle macchine. Dopo poco il pozzo si allargò, e quando accesi un altro fiammifero mi accorsi di essere penetrato in un'ampia caverna dal soffitto a volta, immersa anch'essa nell'oscurità salvo il tratto da me illuminato: potei vedere solo quel poco che era possibile scorgere alla debole luce di un fiammifero.

«I miei ricordi sono necessariamente assai vaghi; dalla semioscurità emergevano sagome di grosse macchine che proiettavano ombre nere e grottesche, nelle quali confuse forme spettrali di Morlock cercavano protezione contro la debole luce; l'atmosfera era quanto mai greve e opprimente, pervasa da un lieve sentore di sangue fresco; e circa al centro dello spiazzo scorsi un tavolino di metallo bianco apparecchiato come per un pasto: evidentemente i Morlock erano carnivori! Ancora adesso ricordo di essermi chiesto da quale animale sopravvissuto fosse fornito il grosso pezzo di carne rossa che vedevo sul tavolo. Tutto, intorno a me, era vago e indistinto: l'odore greve che stagnava nell'aria, quelle grosse sagome a cui non sapevo dare un nome, le repellenti figure celate nell'ombra in attesa dell'oscurità per venire di nuovo verso di me! Il fiammifero si spense bruciandomi le dita, e cadde a terra, segno rosseggiante che si torceva nelle tenebre.

«Già da tempo mi ero accorto di essere assai male equipaggiato per un simile esperimento. Quando ero partito sulla Macchina del Tempo lo avevo fatto basandomi sull'assurda supposizione che gli uomini del futuro fossero molto più progrediti di noi in tutti i campi; mi ero mosso, quindi, senza portare con me né armi né medicine; non avevo tabacco - ne sentivo spaventosamente il bisogno - e neppure una scatola di fiammiferi. Avessi almeno pensato a una Kodak!

 

Sarebbe bastato un attimo a fotografare quella incerta visione di mondo sotterraneo che poi avrei esaminato a mio agio. Così come stavano le cose, non potevo disporre altro che delle armi e delle forze fornitemi dalla natura: mani, piedi, denti, e i quattro fiammiferi che ancora mi restavano.

«Provavo un certo timore all'idea di procedere al buio in mezzo a quelle macchine; soltanto all'ultimo guizzo di luce del fiammifero che si era appena spento mi ero accorto di non possederne quasi più. Fino a quel momento non avevo pensato che era necessario usarli con parsimonia, e ne avevo sciupato quasi mezza scatola per divertire gli esseri del mondo superiore, per i quali il fuoco rappresentava una novità. Adesso me ne restavano quattro.

«Mentre ero immobile nel buio, una mano toccò la mia, e altre dita lunghe e magre si posarono sul mio viso; avvertii nello stesso tempo un odore insolito e sgradevole: mi parve anche di udire il respiro levantesi dalla folla di spaventose creature che mi circondavano. Sentii che qualcuno cercava di togliermi con delicatezza la scatola di fiammiferi che avevo in mano, mentre altre dita mi tiravano con violenza gli abiti. Il fatto di venire esaminato da quegli esseri che non potevo vedere mi procurava un'impressione sommamente spiacevole; cercai di vincerla, e mi resi conto d'un tratto che non avevo la minima idea sul loro modo di pensare e di agire. Mi rivolsi ad essi urlando più forte che potevo; si allontanarono, ma poco dopo li sentii avvicinarsi di nuovo. Mi afferrarono con maggiore impudenza di prima, sussurrandosi strane cose gli uni con gli altri. Rabbrividii fino nelle ossa, e urlai di nuovo; ma questa volta non dovettero spaventarsi troppo, perché emisero una specie di risa soffocate e si avvicinarono ancora di più. Vi confesso che provavo una paura feroce. Decisi di accendere un altro fiammifero, e di fuggire protetto dalla sua luce.

«Così feci, e detti anche fuoco a un pezzo di carta che mi tolsi di tasca, per ottenere una luce più viva, mentre mi ritiravo verso la stretta galleria da cui ero venuto. Avevo fatto appena in tempo a entrarvi, quando la luce si spense di nuovo e udii i Morlock muoversi nell'oscurità e precipitarsi verso di me, suscitando un fruscio simile a quello che fanno la pioggia e il vento tra le foglie. Dopo un minuto fui afferrato da parecchie mani che avevano tutta l'intenzione di trascinarmi indietro. Accesi un altro fiammifero, e lo agitai verso quelle facce sconcertate.

«Non potete immaginare come mi apparissero inumane e nauseanti: pallidi volti privi di mento, enormi occhi senza palpebre, di un colore rosagrigiastro, che mi fissavano smarriti e accecati dalla luce. Posso assicurarvi che non mi fermai a guardarli: indietreggiai di nuovo, e quando il secondo fiammifero fu consumato accesi il terzo; anche questo era quasi bruciato del tutto, nel momento in cui raggiunsi l'apertura che immetteva nel pozzo. Allora mi sdraiai, poiché il pulsare della gigantesca pompa mi dava le vertigini: e mentre cercavo con le mani le sbarre di ferro fissate alle pareti, mi sentii afferrare per i piedi e trascinare con violenza indietro. Accesi l'ultimo fiammifero, che si spense immediatamente; però adesso avevo le mani sulle sbarre e, tirando calci con tutte le mie forze, riuscii a sciogliermi dalla stretta dei Morlock e ad arrampicarmi su per i pioli, mentre essi mi fissavano sbalorditi, salvo un disgraziato che mi seguì per un poco tentando di impadronirsi di una mia scarpa, quasi fosse stata un trofeo!

«L'ascesa lungo le pareti del pozzo mi parve interminabile; a circa dieci metri dall'apertura superiore fui preso da una nausea fortissima, sicché mi divenne estremamente difficile reggermi alle sbarre; e per salire gli ultimi scalini dovetti lottare disperatamente contro la debolezza che stava per sopraffarmi. Fui anche colto da vertigini, che mi davano la sensazione di precipitare. Ma riuscii alla fine a raggiungere l'imboccatura del pozzo, barcollai, e caddi col viso a terra fa le rovine, sotto un sole accecante.

Ricordo che Weena mi coprì di baci le mani e le orecchie, ricordo le voci di altri Eloi; poi, per qualche tempo, non sentii più nulla.

9
Quando scese la notte

«E adesso mi trovavo in una situazione ancora peggiore. Fino ad allora, tranne che nella notte angosciosa in cui mi ero accorto di aver perso la Macchina del Tempo, avevo sempre sperato in una fuga finale, dopo le mie ultime scoperte, ma tale speranza dileguò. Avevo creduto fino a quel momento di essere trattenuto solo a causa della fanciullesca-semplicità dei miei piccoli ospiti e di una forza sconosciuta di cui mi sarei reso padrone non appena l'avessi individuata. Ma esisteva un elemento del tutto nuovo, nella disgustante personalità dei Morlock, qualcosa di inumano e di maligno, che suscitava in me una ripugnanza istintiva. Dapprima mi ero sentito come può sentirsi un uomo caduto dentro una buca, il quale non pensa che alla maniera di tirarsene fuori; adesso mi sentivo come una bestia in trappola, su cui il nemico può piombare da un momento all'altro.

«Forse vi sorprenderà sapere qual era il nemico che temevo: l'oscurità notturna nel periodo della luna nuova.