Lungo il margine dove talvolta l'acqua si frangeva, si era formata una spessa incrostazione di sale, rosea sotto il cielo livido. Avvertivo un senso di oppressione alla testa, e il respiro mi era divenuto assai frequente. Ricordai la mia unica esperienza in fatto di alpinismo, e ne dedussi che l'aria doveva essere molto più rarefatta di quanto lo sia adesso.

«Udii venire da lontano sul desolato declivio un suono rauco, e scorsi qualcosa che assomigliava a un'enorme farfalla bianca svolazzare obliqua nel cielo, per sparire poi con moto circolare oltre un gruppo di collinette. Il suono della sua voce era così deprimente, che mi fece rabbrividire e mi spinse ad appoggiarmi meglio alla macchina. Mi guardai attorno di nuovo e vidi, molto vicino a me, la cosa che avevo scambiato per un ammasso di scogli rossicci muoversi lentamente nella mia direzione: era un essere mostruoso che assomigliava a un granchio.

«Riuscite a immaginare un granchio grosso come quella tavola? Le sue numerose zampe si muovevano lente e incerte, agitando grossi artigli; la bestia era munita di antenne lunghe come fruste da cavalli, ondeggianti e sensibili, e di due occhi sporgenti che mi guardavano dall'uno e dall'altro lato della fronte metallica. Il dorso, coperto di scaglie e protuberanze, era macchiato qua e là da incrostazioni verdastre; potevo vedere le molte appendici articolate di quella bocca complessa tremolare e vibrare al movimenti della spaventosa creatura.

«Mentre fissavo la sinistra apparizione che strisciava verso di me, avvertii un solletico sulla guancia, come se vi si fosse posata sopra una farfalla; feci il gesto di scacciarla con la mano, ma provai dopo un attimo la stessa sensazione non solo sulla guancia ma anche sull'orecchio. Portai allora la mano al viso, e strinsi qualcosa che mi parve un filo e che scivolò via immediatamente. Mi volsi, e fui quasi colto dalla nausea accorgendomi di aver afferrato l'antenna di un altro mostruoso granchio che si trovava proprio dietro di me; i suoi occhi dall'espressione malefica oscillavano sui loro peduncoli, la bocca mi sembrava avida di cibo, e i suoi grossi artigli, imbrattati da una melma viscida, stavano per calarmi addosso. La mano mi corse fulminea alla leva, e dopo un attimo avevo frapposto un mese tra me e quei mostri. Ma mi trovavo ancora sulla stessa spiaggia e, appena fermo, potei vederli chiaramente; brulicavano a dozzine nella fosca luce tra il verde cupo del terreno muschioso.

«Non è possibile descrivere il senso di odiosa desolazione che incombeva sul mondo. Quel cielo rosso a oriente e nerissimo a nord, quel mare che era veramente un mare morto, quella spiaggia pietrosa piena di mostri striscianti, quel verde uniforme e deprimente dei licheni, l'aria sottile che mi faceva dolere i polmoni: tutto contribuiva a dare a quel luogo un aspetto terrificante. Mi mossi per un altro centinaio di anni, e ritrovai lo stesso sole rosso - un po' più grande e un po' più smorto -, lo stesso mare senza vita, la stessa atmosfera fredda e la stessa moltitudine di crostacei che si muovevano incerti tra l'erba verde e gli scogli rossicci. Nel cielo, verso occidente, vidi una pallida linea ricurva che assomigliava a una grande luna nuova.

«Continuai così il mio viaggio, fermandomi di quando in quando a distanza di migliaia di anni, affascinato dal misterioso destino della terra, dal sole che si faceva sempre più grande e meno rosso, immobile nella parte occidentale del cielo, mentre la vita andava spegnendosi nel nostro vecchio mondo. Quando fui giunto a più di trenta milioni di anni dai nostri giorni, l'enorme cupola infuocata del sole illuminava soltanto una piccolissima parte del cielo; e mi fermai di nuovo, perché la strisciante moltitudine di granchi era sparita. La spiaggia rossa viveva solo nel verde livido dei suoi licheni, ed era spruzzata di bianco.

Nell'aria gelida volteggiavano rari fiocchi candidi; verso nord-est vedevo scintillare la neve sotto la luce delle stelle che rischiaravano il cielo fosco, e potevo scorgere le creste ondulate di una catena di piccole colline di un color bianco rosato. Lungo la riva del mare correva una frangia gelata, interrotta ogni tanto da cumuli di ghiaccio trasportati dalla corrente; ma l'intera distesa di quell'oceano salato, sanguigno sotto l'eterno tramonto, non era ancora ghiacciata.

«Mi guardai attorno, ansioso di scoprire se restava traccia di vita animale: un'indefinibile apprensione mi teneva fermo sul sedile della macchina; ma non vidi nulla che si muovesse, sia sulla terra che sul mare. Solo la sostanza viscida e verde che copriva gli scogli testimoniava che la vita non era ancora morta del tutto. Un basso banco di sabbia era emerso dal mare, e l'acqua si era ritirata dalla spiaggia: mi parve di vedere qualcosa di nero agitarsi sul banco di sabbia; guardai meglio, ma tutto era immobile; credetti quindi che i miei occhi mi avessero tradito e che quella cosa nera fosse uno scoglio. Le stelle in cielo brillavano, tremolando, di una luce intensa.

«Notai improvvisamente che verso ovest il contorno del sole era mutato: una cavità simile a un'insenatura era apparsa sulla curva e si ingrandiva a vista d'occhio. Fissai stupefatto e atterrito per forse un minuto l'oscurità che calava sul giorno, poi mi resi conto che si trattava di un'eclisse; forse la luna o il pianeta Mercurio riflettevano la loro ombra sul disco solare. Naturalmente, da prima credetti che si trattasse della luna; ma poi mi parve molto più verosimile che uno dei più lontani pianeti stesse passando vicinissimo alla terra.

«L'oscurità cresceva rapidamente; raffiche di vento gelido soffiavano da levante, e i fiocchi di neve volteggiavano fitti nell'aria. Dalla riva del mare giungeva ora un leggero mormorio, ma tranne questo suono senza vita il mondo era immerso nel silenzio. Silenzio? Mi è assai difficile spiegare la natura di quel silenzio: immaginate un mondo in cui non esistano voci umane, belati di agnelli, canti di uccelli, ronzio di insetti, tutti i rumori che fanno da sfondo alla nostra vita. Mentre l'oscurità si faceva più fitta anche i fiocchi di neve che danzavano davanti ai miei occhi cadevano più abbondanti, e il freddo cresceva di intensità. Una dopo l'altra, nel giro di pochi secondi, le bianche cime delle colline che si ergevano in lontananza svanirono nell'oscurità tra l'ululare del vento.

Vidi l'ombra nera al centro dell'eclissi scivolare su di me; dopo solo un momento, le stelle erano diventate pallidi punti visibili in un cielo completamente nero: tutto il resto era oscurità.

«Fui preso da un senso di orrore. Non potevo più sopportare il freddo che mi penetrava nelle ossa e il dolore ai polmoni che mi mozzava il respiro; rabbrividivo, e fui colto da una nausea mortale. Poi i contorni del sole si delinearono ancora nel cielo, simili a un cerchio Incandescente, e io scesi dalla macchina per cercare un rifugio; ero stordito e incapace di affrontare il viaggio di ritornò. Restai in piedi dolorante e sbigottito, e vidi di nuovo la cosa che si muoveva sul banco di sabbia - adesso non vi era più dubbio che si trattasse di qualcosa che si muoveva - contro l'acqua rossiccia del mare. Era un corpo rotondo, simile a un pallone da football, o forse un poco più grosso, da cui uscivano dei tentacoli; e questa cosa, che vista così nello sfondo del mare mi parve nera, sì muoveva saltellando a balzi irregolari. Mi accorsi che stavo per svenire, ma il terrore di giacere inanimato in quel remoto, spaventoso crepuscolo mi sostenne, mentre mi arrampicavo sul sedile della macchina.

«Così ritornai.