Vi racconterò quello che mi è accaduto, se volete, però non dovete interrompermi; e vi farò un resoconto senza badare troppo alla forma. Quasi tutto quello che vi dirò vi sembrerà menzogna: non importa! È la pura verità: ogni parola, per lo meno. Alle quattro mi trovavo nel mio laboratorio, e da quel momento... sono trascorsi otto giorni... otto giorni che nessun essere umano ha mai vissuti! Sono quasi esausto, ma non riuscirò a dormire prima di aver parlato con voi; dopo me ne andrò a letto. Però niente interruzioni, d'accordo?
— D'accordo, — rispose il direttore di giornale, a cui tutti noi facemmo eco: «D'accordo». Quindi il Viaggiatore del Tempo ci fece la narrazione che riporto fedelmente più avanti. Sedette sulla sua poltrona, e la sua voce parve quella di un uomo profondamente stanco, sebbene andasse animandosi a poco a poco.
Allorché misi per iscritto le sue parole, ebbi l'esatta percezione di quanto penna e inchiostro fossero inadeguati - e di quanto lo fossi io stesso - al compito che mi ero assunto. Leggerete il mio resoconto, mi auguro, con una certa attenzione; tuttavia non vedrete il volto pallido e sincero del narratore, illuminato dal cerchio di luce vivida della piccola lampada, né udirete l'intonazione della sua voce; non saprete mai fino a che punto l'espressione di quel volto aderisse al carattere del racconto. Quasi tutti noi ascoltavamo il Viaggiatore del Tempo immersi nella semioscurità, poiché le candele non erano state accese: soltanto il viso del giornalista e le gambe dell'uomo silenzioso, dal ginocchio in giù, erano illuminati. Sul principio ci lanciammo ogni tanto qualche rapida occhiata l'uno con l'altro, poi i nostri sguardi restarono fissi sul Viaggiatore del Tempo.
3
La storia ha inizio
— La settimana scorsa illustrai a qualcuno di voi i princìpi su cui si basa la Macchina del Tempo, e mostrai anche, se pure incompleta, la macchina stessa nel laboratorio. È ancora là, un po' sciupata dal viaggio, con una delle sbarre d'avorio spezzate e una grata d'ottone leggermente incurvata; il resto è abbastanza in ordine. Avevo sperato che sarebbe stata pronta venerdì, ma al momento di mettere insieme gli ultimi pezzi mi accorsi che una delle sbarre di nichel era troppo corta di due centimetri e cinquantaquattro decimillimetri esatti, e dovetti rifarla. Soltanto questa mattina tutto era perfettamente in ordine; e alle dieci precise la Macchina del Tempo ha iniziato la sua carriera.
«Dopo averle dato l'ultimo colpetto, mi assicurai di nuovo che le viti fossero tutte a posto, unsi con una goccia d'olio la bacchetta di quarzo, e mi accomodai sul sedile. Suppongo che un suicida nell'atto di portarsi la pistola alla tempia si chieda con la mia stessa perplessità che cosa succederà subito dopo. Presi con una mano la leva della messa in moto, con l'altra quella d'arresto, spinsi la prima e quasi immediatamente dopo la seconda; ebbi la sensazione di vacillare e mi sentii cadere come si cade durante un incubo; mi guardai attorno e vidi che il laboratorio presentava il suo aspetto consueto. Non era accaduto nulla?
Sospettai per un attimo che i sensi mi avessero giocato un brutto tiro; guardai l'orologio: un attimo prima segnava press'a poco le dieci e un minuto; adesso segnava le tre e mezzo!
«Trassi un sospiro, strinsi i denti, afferrai la leva della messa in moto con ambo le mani, e partii accompagnato da un rumore sordo. Il laboratorio si coprì di nebbia, poi divenne buio del tutto. La signora Watchett entrò, e si avviò senza mostrare di vedermi verso la porta che dà in giardino: penso che abbia impiegato un minuto circa ad attraversare la stanza, ma a me parve che compisse il percorso alla velocità di un razzo. Spinsi la leva al massimo: tutto fu buio come quando si spegne una lampada, e un minuto dopo era già l'indomani. Il laboratorio divenne indistinto e confuso, sempre più indistinto e sempre più confuso; scese la notte del domani; nacque un nuovo giorno che lasciò di nuovo il posto alla notte; poi, sempre più in fretta, fu ancora giorno. Un ronzio turbinoso mi riempiva le orecchie e una strana sensazione di vuoto fasciava il mio spirito.
«Ho paura di non riuscire a comunicarvi le peculiari sensazioni di chi viaggia nel tempo, sensazioni spiacevoli al massimo grado. Sembra di essere su una montagna russa: spinti in avanti a una velocità disperata! Avevo inoltre l'orribile presentimento di una imminente catastrofe. Nel tempo che si impiega a muovere un passo, la notte succedeva al giorno come il battito di un'ala bruna: a poco a poco l'atmosfera misteriosa del laboratorio parve svanire, e io vidi il sole solcare il cielo in un baleno segnando ad ogni minuto un giorno nuovo.
«Supposi che il laboratorio fosse stato distrutto: mi trovavo all'aperto. Ebbi la vaga impressione di essere sospeso, ma mi muovevo troppo in fretta per osservare il moto delle cose attorno a me; la lumaca più pigra che abbia mai strisciato sulla terra avrebbe galoppato a un ritmo troppo veloce perché io potessi osservarlo. Il balenante, continuo alternarsi dell'oscurità e della luce mi feriva dolorosamente gli occhi; nel buio intermittente vedevo la luna passare velocissima attraverso tutte le sue fasi, dal primo all'ultimo quarto, accompagnata da un debole balenar di stelle. Procedevo a una velocità sempre maggiore, e a un certo punto il palpitare del giorno e della notte si fuse in un grigiore uniforme; il cielo assunse l'incantevole tinta azzurroscura splendida e luminosa del primo crepuscolo; il sole solcava lo spazio come una striscia di fuoco, disegnando un arco luminoso, e la luna tracciava nel cielo un nastro fluttuante sempre più debole; le stelle sparirono del tutto, salvo qualche cerchio, brillante a intermittenza nell'azzurro, «Tutto intorno a me era vago e nebbioso; mi trovavo tuttora alle falde della collina sovra cui è costruita questa casa, e le sue spalle incombevano su di me grigie e indistinte. Vedevo gli alberi crescere e mutare aspetto come colonne di vapore ora bruno, ora verde: spuntavano, le loro chiome si allargavano, cadevano, sparivano; vedevo enormi fabbricati sorgere e svanire come sogni; l'intera superficie della terra sembrava mutata, fluttuante in continuazione davanti ai miei occhi. Le lancette del quadrante che registravano la mia velocità giravano sempre più veloci: avevo subito notato che l'alone del sole si spostava da un solstizio all'altro in meno di un minuto e che, di conseguenza, io stavo superando un anno al minuto; da un minuto all'altro, appunto, la neve candida ricopriva il mondo per poi svanire, subito seguita dal luminoso, brevissimo verdeggiare della primavera.
«Le spiacevoli sensazioni che avevano accompagnato la mia partenza diventavano via via meno acute, e si mutarono infine in una specie di euforia isterica. Notai una strana oscillazione della macchina, ma non capivo da che cosa dipendesse; la mia mente però era troppo confusa, per prestare molta attenzione al fenomeno; e così, sopraffatto da una specie di follia, mi tuffai nel futuro.
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