— Finalmente!
La porta si spalancò, e il Viaggiatore del Tempo fu davanti a noi. Gettai un grido di sorpresa.
— Santo cielo! Che cosa le succede, amico? — esclamò il medico che lo vide subito dopo di me.
Tutti i commensali si volgerò a guardare in direzione dell'uscio.
Il padrone di casa presentava un aspetto sorprendente. Il suo abito, sporco e impolverato, aveva le maniche imbrattate di verde; i capelli impolverati mi parvero più grigi del solito, probabilmente a cagione della polvere e del sudiciume; ma forse erano effettivamente più bianchi. Sul volto di un pallore spettrale spiccava un taglio che gli alterava la linea del mento, un taglio cicatrizzato da poco; l'espressione selvaggia e tesa dei suoi occhi rivelava un'intensa sofferenza.
Egli si soffermò per un attimo sulla soglia, forse abbagliato dalla luce, poi entrò nella stanza camminando col passo malfermo che avevo più volte notato nei vagabondi dai piedi doloranti. Lo fissammo tutti in silenzio, aspettando che parlasse.
Non disse una parola, ma si avvicinò penosamente alla tavola e allungò la mano verso la bottiglia del vino. Il direttore di giornale riempì di champagne un bicchiere e lo spinse verso di lui, che lo bevve d'un flato. Parve sentirsi meglio, perché si fermò con lo sguardo su ciascuno di noi, mentre un pallido fantasma del suo abituale sorriso gli rischiarava il volto.
— Che diavolo ha combinato, caro amico? — chiese il direttore.
Il Viaggiatore del Tempo parve non udire la domanda.
— Non voglio disturbarvi. — Parlava con una certa difficoltà. — Sto benissimo. — Tacque, tese il bicchiere perché gli fosse riempito di nuovo, e di nuovo lo vuotò d'un fiato. — È quello che ci vuole, — disse.
I suoi occhi divennero più brillanti e le guance acquistarono un leggero colorito. Batté le palpebre, ci fissò con un'aria di approvazione, poi si volse a guardare la stanza calda ed accogliente. Riprese quindi a parlare, e avemmo l'impressione che cercasse quasi di orientarsi attraverso le sue stesse parole.
— Vado a lavarmi e a cambiare abiti, poi vi spiegherò... Lasciatemi un po' di quel montone, muoio dalla voglia di un pezzo di carne.
Si volse quindi al direttore di giornale, ospite non abituale, mostrandosi felice di vederlo. Questi abbozzò una domanda.
— Vi dirò poi, — promise il Viaggiatore del Tempo.
— Adesso sono un po' fuori squadra, ma fra qualche minuto starò benone.
Posò il bicchiere e si diresse verso la porta che dava sulle scale. Notai di nuovo che zoppicava leggermente e che i suoi passi facevano un rumore ovattato; mi alzai, e vidi i suoi piedi - che oltrepassavano la soglia - coperti soltanto da un paio di calze a brandelli e macchiate di sangue. La porta si richiuse.
Ebbi una mezza idea di seguirlo, ma ricordai che il nostro ospite detestava la curiosità e il chiasso. Per poco più di un minuto la mia mente rimase distratta, poi:
— Eccezionale Comportamento di un Eminente Scienziato, — sentii che diceva il direttore di giornale (con le iniziali maiuscole, secondo il suo solito).
Queste parole riportarono la mia attenzione alla brillante compagnia riunita attorno alla tavola.
— Sta giocando al Mendico Dilettante? — disse il giornalista. — Non capisco.
Il mio sguardo incontrò quello dello psicologo, e vi lessi il mio stesso pensiero; immaginai il Viaggiatore del Tempo in atto di salire le scale faticosamente, zoppicando; credo che nessun altro dei convitati si fosse accorto che camminava a fatica.
Il primo a riaversi del tutto dalla sorpresa fu il medico, il quale suonò il campanello - il padrone di casa detestava che la servitù restasse nella sala durante il pranzo - e chiese un piatto caldo; dopo di che il direttore di giornale emise una specie di grugnito e riprese a lavorar di forchetta, imitato immediatamente dall'uomo silenzioso. Il pranzo ricominciò, e con esso la conversazione punteggiata da esclamazioni di stupore; poi il direttore di giornale rivelò senza reticenza la sua curiosità.
— Il nostro amico cerca di integrare le sue modeste rendite con le corse campestri? Oppure sta attraversando un periodo alla Nabuccodonosor? — chiese.
— Sono convinto che si tratta della Macchina del Tempo, — dissi; e proseguii il resoconto dei fatti accaduti la settimana prima, che lo psicologo aveva iniziato. I nuovi ospiti si mostrarono apertamente increduli; primo fra tutti il direttore di giornale, che sollevò una fila di obiezioni:
— Che cosa è questa storia dei viaggi nel tempo?
Un individuo non può impolverarsi a quel modo rotolandosi in un paradosso, no?
Poi, afferrata l'idea, ricorse a uno stile lievemente caustico: nel futuro non esistono forse spazzole per abiti? Anche il giornalista si rifiutò di prestar fede a una cosa del genere, e affiancò il direttore nel facile compito di volgere in ridicolo tutta la faccenda. Appartenevano entrambi alla nuova categoria di giornalisti formata da allegri giovanotti un tantino irriverenti.
— Il Nostro Inviato Speciale nel Dopodomani ci informa, — stava appunto dicendo il giornalista, o meglio stava urlando, quando il Viaggiatore del Tempo rientrò nella stanza correttamente vestito da sera; nulla restava in lui di quello che mi aveva tanto colpito, tranne una sfumatura selvaggia nello sguardo.
— Senta un po', — lo accolse ilare il direttore di giornale, — questi signori dicono che lei è reduce da un viaggetto nel bel mezzo della prossima settimana!
Ci dica tutto sulla piccola Rosebery, per favore: quale è la sua tariffa per rivelare il destino?
Il Viaggiatore del Tempo sedette a tavola al posto che occupava di solito, sorridendo come di consueto.
— Dov'è il montone? Che sogno infilare di nuovo la forchetta in un pezzo di carne!
— Il resoconto! — chiese perentorio il direttore di giornale.
— Al diavolo il resoconto: ho bisogno di mangiare qualche cosa, e non dirò una parola prima di aver introdotto nel mio interno una buona dose di peptoni.
Grazie. Mi passi il sale.
— Solo una parola, — osservai. — Hai compiuto un viaggio nel tempo?
— Già, — rispose il padrone di casa a bocca piena, annuendo col capo.
— Un resoconto esatto lo pagherò uno scellino a riga, — affermò il direttore di giornale.
Il Viaggiatore del Tempo spinse il bicchiere verso l'uomo silenzioso e batté ripetutamente l'unghia sul cristallo: l'uomo silenzioso, che non aveva smesso un attimo di fissarlo in viso, si precipitò a riempirlo; e il pranzo prosegui in un'atmosfera inquieta. Una ridda di domande mi saliva continuamente alle labbra, e suppongo che anche gli altri fossero curiosi quanto me. Il giornalista tentò di alleggerire la tensione generale raccontando qualche aneddoto su Hettie Potter; il Viaggiatore del Tempo consacrava tutta la sua attenzione a quello che aveva nel piatto, ostentando un appetito da morto di fame. Il medico fumava una sigaretta e fissava l'ospite attraverso le ciglia abbassate; l'uomo silenzioso, ancor più goffo del solito, seguitava a bere champagne con grande impegno e regolarità, senza dimostrare il minimo nervosismo.
Finalmente il Viaggiatore del Tempo scostò il piatto e alzò gli occhi su di noi.
— Vi chiedo scusa, ma ero semplicemente affamato. Ho dovuto affrontare cose abbastanza insolite.
— Porse la mano per avere un sigaro, e ne tagliò la punta. — Andiamo nel salotto da fumo; la storia che sentirete è troppo lunga, per raccontarla davanti a dei piatti unti.
Suonò il campanello e ci precedette nella stanza accanto.
— Hai messo al corrente della mia macchina Blank, Dash e Chose? — mi chiese sdraiandosi sulla sua solita poltrona e accennando ai tre nuovi ospiti.
— Tutta questa faccenda è soltanto un paradosso, — esclamò il direttore di giornale.
— Stasera non posso discutere. Vi racconterò tutto, ma non posso discutere.
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