Lo stato di smarrimento nel quale egli aveva trovata la vedova gl’imponeva l’evidenza della necessità di elevare una diga fra lei e la sua sventura; una diga, non già per un momento, ma per sempre. Quale? Quell’innocente vittima d’un contraccolpo tragico dell’eredità, - poiché quest’ipotesi entrava troppo nel suo sistema, per non essere ammessa da lui completamente, - gl’ispirava già quella compassione particolare dei medici non induriti dall’ospedale. Essi vedono chiaramente il pericolo sospeso sull’ammalato, il quale invece non ne ha sospetto. Quando Maria aveva parlato del suo figliolo, il lampo di un terribile pronostico aveva attraversata la mente dello scienziato: il nipote si era ucciso come lo zio e come altri parenti. Quante probabilità, dunque, che il figlio si uccidesse, più tardi, come il padre! Ed egli la guardava camminare davanti a sé nell’anticamera, dalla quale l’aveva chiamato, senza entrare questa volta nella biblioteca, poiché non si sentiva abbastanza sicura di sé.
- Andiamo, - aveva detto la vedova, con semplicità.
Seduta in fondo alla carrozza, ella non disse più nemmeno una parola durante il tempo abbastanza lungo che il cavallo da nolo impiegò a percorrere la distanza fra la via San Domenico e il ministero. Ma un gesto incosciente che ella ebbe, appena le ruote cominciarono a girare, fu più espressivo, per il suo compagno, che non tutte le confidenze possibili. Ella gli aveva afferrato il braccio e glielo stringeva con la forza di una morsa. Muto commento alla sua esclamazione: “Così non sarò sola!” La contrazione di quella stretta rivelava la sua angoscia. La sua anima, ancora in vertigini, temeva di perdere la ragione. Quella convulsione continuata aumentava l’apprensione di Vernat. E siccome Maria teneva nella mano che aveva libera la busta sulla quale egli poteva leggere il nome del destinatario, il dottore si ripeteva:
- Come l’accoglierà, il ministro? Vorrà riceverla, anzi?… Se potessi parlargli prima! Se potessi spiegargli che è in giuoco tutto l’avvenire di questa povera donna!… Ma in che stato dev’essere, lui, dopo le elezioni!… E se sì tratta di un errore grave commesso in servizio e relativo, appunto, a queste elezioni?… Ad ogni modo, potrò domandargli una cosa, per il figlio del povero Vialis; … potrò pregarlo di evitare che la stampa si occupi di questo suicidio. E’ nostro interesse, d’altronde.
Questo “nostro” indicherà che il medico della Carità condivideva le idee del governo d’allora. Le sue opinioni, eccezionali nel suo ambiente, dimostravano che il suo empirismo sistematico aveva almeno registrato e compreso il fatto della Comune. A Parigi e nelle crisi acute, ogni uomo un po’ in vista ha la propria scheda politica, nota agli interessati. Vernat aveva dunque una probabilità di riuscire in un passo che considerava come importantissimo. Esso avrebbe forse impedito che il figlio conoscesse un giorno la morte involontaria del padre, e avesse a subire l’assidua e terribile ossessione dell’imitazione. - Altra fortuna: il ministro c’era. L’usciere di servizio ravvisò la signora Vialis, che era venuta moltissime volte a prendere suo marito. Fece nondimeno delle obiezioni che Vernat troncò, dicendo:
- Potete almeno far passare il biglietto da visita della signora ed il mio, con queste due righe…..
E scrisse rapidamente:
“Signor ministro,
“Giovanni Vialis, vostro capo- gabinetto, si è ucciso. Per UMANITA’ (sottolineò tre volte questa parola), vorrete ricevere la vedova, che ha una lettera del morto da consegnare a voi. ”
- Sua eccellenza vi aspetta, - tornò a dire l’usciere, che lasciò passare il medico con la giovane signora.
Il ministro era in piedi accanto al suo scrittoio. Teneva in mano il biglietto di Vernat, e la sua maschera d’uomo forte esprimeva stupore e sgomento per il sinistro effetto che la sua collera aveva avuto. Agitò quella carta, senza nemmeno salutare i visitatori, balbettando:
- Ma è possibile?… E’ possibile?…
Per tutta risposta, Maria Vialis porse a colui che ormai considerava come l’assassino di suo marito la lettera ch’era stata incaricata di portare. Il ministro la prese. Mentre la leggeva, due grosse lagrime cominciarono a scorrere sulle sue guance avvizzite, attestando il suo rimorso per il cieco trasporto di collera che aveva ridotto alla disperazione e al suicidio un giovane ch’egli amava. Quel violento era un giusto. Appena Giovanni Vialis era sceso dalla carrozza, egli aveva provato rimorso per quella brutale condanna, non preceduta da un esame dei fatti, alla quale l’aveva spinto l’irritazione prodotta in lui dalla terribile notte degli scrutini. Gli era nota la sensibilità morbosa del suo capo- gabinetto.
“Se quella lettera gli fu rubata, come asserisce, - aveva ragionato fra sé - è abbastanza naturale, dato il suo carattere, ch’egli non abbia parlato! Ho perso le staffe… Ho avuto torto”. Tornato al ministero per vedere la corrispondenza, prima di andarsene a casa a riposarsi, aveva lasciato da parte ogni cosa, per scrivere subito a Giovanni Vialis una lettera che stava appunto per mandare in via San Domenico nel momento in cui gli era stata annunciata la vedova. La prese sullo scrittoio, quella lettera inutile, dicendo alla sventurata:
- Quella stima che il vostro povero marito mi prega di restituirgli, signora, egli l’aveva sempre avuta, l’aveva sempre meritata. Il malinteso che poté sorgere fra noi, è durato solo un momento.
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