Allora il servo si recò dai padroni, che cenavano presso il cappellano. La cena era al termine: alla mensa sedevano solo gli uomini e dama Lillica, e le donne servivano. Erano quasi tutti ubbriachi, coi volti accesi, gli occhi e i denti scintillanti.
Giame chiedeva notizie sulla fondazione e gli usi della festa, e tutti gli rispondevano, per lo più con spropositi che lo facevano sorridere.
Vedendo Ghisparru si alzò con premura, e gli venne incontro.
- Cosa c’è? - chiese passandosi il tovagliolo sulla bocca.
- I cavalli s’urtano e si danno calci. Sarebbe bene sfunarli al pascolo.
- Come vuoi. Però sarebbe anche bene che tu, allora, dormissi fuori per guardarli.
- Sì - disse il servo. E rimase un momento silenzioso, pensieroso. Poi soggiunse: - Mi metterò vicino a quel cancello in fondo al sentiero. Caso mai tu mi cerchi.
- Non so perché!
- No, così, delle volte!…
Uscì, tornò nella loggia, tolse dal collo dei cavalli le sacchette, e se li tirò dietro riluttanti, scalpitanti, con un vigore selvaggio che pareva impossibile in lui.
Passando davanti al gran fuoco di lentischi, intorno al quale i paesani ballavano e cantavano come selvaggi, guardò se vedeva Bellia. Non c’era. Dal crepuscolo in poi non lo aveva più veduto.
- Dormirà, - pensò, - e se dorme, certo, non si sveglia presto.
Proseguì, seguito rumorosamente dai cavalli, e s’avviò verso il ruscello. Là giunto slargò e tolse le corde dal collo dei cavalli, che tosto tuffarono i musi nell’acqua sotto i tamerici immobili.
Un silenzio profondo era laggiù: si scorgeva la chiesa illuminata dal fuoco, e il rosso chiarore si spandeva per la pianura, fin laggiù, sulle acque tranquille, sui tamerici immobili.
30
Ma i rumori non giungevano, e per qualche istante, solo il gorgoglio prodotto dai cavalli nell’abbeverarsi ruppe il silenzio. Dopo nulla. I cavalli si slanciarono fra le macchie, e Ghisparru si sdraiò sull’erba, ma non chiuse gli occhi. Si sentiva il cuore grosso; e aspettava con angoscia.
Potevano esser le undici.
Dama Lillica s’era ritirata con la prioressa, e zio Juanne Battista aveva preparato il letto di Giame con due stuoie, un guanciale rosso e una coperta gialla datagli dal cappellano.
Ora il vecchietto aspettava seduto sulla soglia della sua stanzetta. Un’aria fresca era nel cortile deserto: attraverso i portoni spalancati si scorgeva il fuoco che andava spegnendosi, e un tratto della brughiera illuminata.
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