Questo no.

Mi si spezzino i muscoli, piuttosto,

e mi si rompa la spina dorsale,

prima ch’io debba vederti abbassata

a compiere un lavoro così vile,

restandomene qui seduto in ozio.

MIRANDA -

Se va bene per voi questo lavoro,

perché non lo dovrebbe anche per me?

Anzi, per me sarebbe più leggero,

perché lo sosterrei di miglior animo,

perché voi lo eseguite controvoglia.

PROSPERO -

( Tra sé)

Povero verme mio! Sei contagiato!

La tua presenza qui n’è già una prova.

MIRANDA -

Vi vedo stanco.

FERDINANDO -

No, no, mia diletta;

anche la notte è una fresca mattina

per me, quando mi trovo accanto a te.

Dimmi qual è il tuo nome, te ne prego,

ch’io lo ricordi nelle mie preghiere.

MIRANDA -

Miranda… (Oh, padre mio, t’ho trasgredito!).

(45) Testo: “Before I shall discharge what I must strive to do” , “prima ch’io abbia esaurito il compito che devo sforzarmi di eseguire”.

FERDINANDO -

Miranda! Oh, tu, mirabile creatura,

vertice d’ogni umana ammirazione!

Degna di quanto è più prezioso al mondo!

Molte donne hanno attratto

il mio occhio ammirato, e molte volte

l’armonia della lor dolce favella

ha incatenato il mio vigile orecchio;

e più d’una, per numerose grazie

m’è piaciuta: nessuna mai, però,

con sì totale abbandono dell’anima,

ch’io non finissi per trovare in essa

una qualche nascosta imperfezione

che m’apparisse così in disaccordo

con le più nobili sue qualità,

da relegarle in ombra tutte quante.

Ma tu, oh!, tu, che sei così perfetta,

e così impareggiabile,

fosti creata con le miglior parti

d’ogni umana creatura messe insieme.

MIRANDA -

Io non conosco alcuna del mio sesso;

non ho mai visto altro viso di donna

se non il mio, guardandomi allo specchio.

Né ho mai visto nessuno prima d’ora

di cui potessi dir che fosse un uomo,

all’infuori di voi, mio buon amico,

e del mio caro padre.

D’altre fattezze umane sono ignara;

ma giuro sul pudore mio di donna,

ch’è il gioiello di tutta la mia dote,

che non vorrei altro compagno al mondo

all’infuori di voi; né la mia mente

sa figurarsi altra immagine d’uomo

che mi possa piacere oltre la vostra…

Ma m’accorgo che vado chiacchierando

in maniera aberrante, già dimentica

delle paterne raccomandazioni.

FERDINANDO -

Miranda, io sono un principe di sangue,

ed anzi, credo - ma così non fosse! -

un re; né soffrirei di portar legna,

questo servizio degno d’uno schiavo,

più di quanto m’andrebbe di soffrire

un noioso moscone sulle labbra.

Senti quel che ti dice la mia anima:

fin dal primo momento che t’ho vista

il mio cuore è volato al tuo servizio,

e lì resta, per essere tuo schiavo;

ed è per amor tuo, solo per esso,

ch’io son questo paziente portalegna.

MIRANDA -

Vuol dire che mi amate?

FERDINANDO -

O cieli! O terra!

Siatemi voi benigni testimoni,

e coronate voi le mie parole,

se sincere, d’un esito felice!

E s’io mento, volgete a mia rovina

quanto di meglio abbiate a me serbato!

Sì, Miranda, al di là di tutto al mondo

io amo, e ammiro, e stimo, e onoro te.

MIRANDA -

( Asciugandosi una lacrima)

Sciocca che sono! Mi viene da piangere,

per qualcosa che mi fa sì felice!

PROSPERO -

( Tra sé)

O fausto incontro di due rari affetti!

Possa il cielo versare le sue grazie

in quel che vien nascendo fra di loro!

FERDINANDO -

Piangi? Perché?

MIRANDA -

Per questa mia pochezza

che non sa offrire quel che vorrei dire,

e meno ancora sa come accettare

quello che, se mi manca, morirò.

Ma questo è come un gioco da bambini:

ché l’amore più cerca di nascondersi,

più traspare, massiccio, smisurato.

Via, dunque, pudiche reticenze!

Ed ispirami tu, santa innocenza,

a dir semplicemente quel che sento.

Sarò tua moglie, se mi sposerai;

se no, morirò vergine, ma tua.

Tu puoi negarmi d’esser tua compagna;

non d’essere - lo voglia o no - tua serva.

FERDINANDO -

Mia padrona sarai, o mia diletta,

ed io per sempre ai piedi tuoi, tuo suddito,

umilissimamente.

MIRANDA -

Mio marito?…

FERDINANDO -

Sì, tuo marito, e con più forte ardore

d’un prigioniero per la libertà.

( Le porge la mano)

Eccoti la mia mano.

MIRANDA -

Ecco la mia,

e con essa ti do tutto il mio cuore.

Ed ora arrivederci. Fra mezz’ora.

FERDINANDO -

Oh, mille e mille volte arrivederci!

( Escono Ferdinando e Miranda)

PROSPERO -

Io non sarò felice come loro,

cui tutto ciò è venuto di sorpresa,(46)

ma non saprei come più compiacermene.

Torno al mio libro magico,

perché prima di cena, col suo aiuto,

dovrò far luogo ad alcuni incantesimi.