“Armigero”, capito?

ZUCCA -

Esattamente; così faccio infatti,

e così sempre da trecento anni

è stato fatto.

STANGHETTA -

Tutti i successori,

prima di lui l’han fatto;

e così possono fare altresì

tutti i suoi avi che vengono dopo,

e possono esibir sul loro stemma

dodici lucci bianchi.

ZUCCA -

Un vecchio stemma!

EVANS -

Oh, ci stan bene sopra un vecchio stemma

dodici lucci! E meglio se passant.

Son bestioline familiari all’uomo

e simbolo di buon attaccamento.

ZUCCA -

I lucci?… Ha detto lucci, lui, non pulci!…

Il luccio è un pesce fresco;

salacche sono le vostre sottane!

STANGHETTA -

Ed al tuo stemma, zio,

io posso ben aggiungere il mio quarto.

ZUCCA -

Lo puoi, certo, sposandoti.

EVANS -

“Spogliandosi” piuttosto, se lo “squarta”.

ZUCCA -

Come sarebbe?

EVANS -

Eh, sì, Vergine santa!

S’egli vi prende un quarto di vestito,

a voi ne restano solo tre quarti,

com’io la vedo… Ma lasciamo andare.

Se sir John Falstaff v’ha recato offesa,

io son uomo di chiesa

e sarei lieto d’interporre azione

perché si giunga a una conciliazione.

ZUCCA -

Giudicherà il Consiglio, è sedizione!

EVANS -

Il Consiglio di casi sediziosi

non giudica; in una sedizione

non c’è materia da timor di Dio;

ed il Consiglio s’occupa, attenzione!,

solo di casi di timor di Dio,

e non di sedizione.

Prendete in ciò le vostre precauzioni.

ZUCCA -

Ah, mia vita, poter tornare giovane!

La spada metterebbe tutto a posto.

EVANS -

È molto meglio che ci sian gli amici

a fungervi da spada

ed aiutarvi a metter tutto a posto.

Eppoi ho un’altra idea per il cervello

che potrebbe, chissà, non si sa mai,

rivelarsi di buon discernimento…

(A Stanghetta)

Pensavo, sì, a quell’Annetta Page,

la figliola di mastro Giorgio Page…

una verginità molto piacevole.

STANGHETTA -

Miss Anna Page? È bruna,

e parla con vocetta da donnina.

EVANS -

Non potreste desiderar di meglio

al mondo, e in più settecento sterline

d’oro e argento sonanti,

lasciatele, morendo, da suo nonno

- Dio lo faccia risorgere beato! -

per quando compirà diciassett’anni.

Sarebbe buona cosa ora per noi

lasciar da parte le beghe e le ciarle

ed auspicarci invece un matrimonio

tra mastro Abramo e miss Annetta Page.

ZUCCA -

Settecento sterline, avete detto,

lasciatele dal nonno?

EVANS -

Esattamente,

e qualche penny aggiunto da suo padre.

STANGHETTA -

Conosco la ragazza; ha belle doti.

EVANS -

Sfido io! Settecento e più sterline…

Altro che belle doti! Anzi, bellissime!

ZUCCA -

Bene, rechiamoci da mastro Page.

Ma Falstaff è da lui, che voi sappiate?

EVANS -

Fi tovrei forse tire una bugia?

Io tisprezzo il bugiardo,

come tisprezzo chi asserisce il falso,

come tisprezzo chi non dice il vero.

Il cavaliere sir John è da lui;

ma, vi scongiuro, fatevi guidare

da chi desidera farvi del bene.

Ora pusserò io da mastro Page.

(Si avvicina alla porta di casa Page e bussa)

Ehi, di casa!… Vi benedica il Cielo!

PAGE -

(Da dentro)

Chi è là fuori che chiama?

EVANS -

La Dio benedizione e il vostro amico,

con il giudice Zucca;

e c’è qui il giovane mastro Stanghetta

che vorrebbe parlarvi, all’occorrenza,

d’una certa cosuccia, se vi garba.

PAGE -

(Comparendo nel vano della porta)

Felice di veder vossignorie

tutti bene in salute. Oh, mastro Zucca!

Vi ringrazio di quella cacciagione.

ZUCCA -

Lieto anch’io di vedervi, mastro Page.

Buon pro vi faccia la mia cacciagione.

Avrei voluto mandarvi di meglio…

È stata mal cacciata…

E la signora Page? Sta bene spero.

Vi ho sempre molto cari,

e vi ringrazio davvero di cuore.

PAGE -

Son io, signore, che ringrazio voi.

ZUCCA -

No, son io che vi devo ringraziare,

mio signore, e lo faccio con il cuore,

che lo crediate e no.

STANGHETTA -

Ebbene che mi dite, signor Page,

di quel vostro levriero rosso-fulvo?

Ho inteso dire che alle corse, a Cotswold,

s’è fatto battere?

PAGE -

Vero sì e no;

non si poté giudicare, signore.

STANGHETTA -

Evvia, lo so, non lo volete ammettere,

non lo volete!

ZUCCA -

Non lo farà mai!

È colpa vostra, è colpa… Il cane è buono.

PAGE -

Un cagnaccio, signore.

ZUCCA -

Un buon cane, signore, ed anche bello…

Per caso, c’è sir John Falstaff da voi?

PAGE -

È dentro, sì. Sarei proprio contento,

signore, d’interporre fra voi due

i buoni uffici.

EVANS -

Molto pen parlato,

come tofrebbe parlare un cristiano.

ZUCCA -

M’ha recato gran torto, mastro Page.

PAGE -

E in certo modo ve lo riconosce.

ZUCCA -

Riconoscere non è riparare.

Che ne dite? M’ha offeso, eh, credetemi,

parola di Roberto Zucca, esquire.

Offeso, eccome!

PAGE -

Eccolo che viene.


Entra, uscendo dalla casa di Page, FALSTAFF, seguito da BARDOLFO, NYM e PISTOLA

FALSTAFF -

Allora, mastro Zucca,

volete querelarmi avanti al re,

a quanto pare?

ZUCCA -

Ebbene, cavaliere,

avete bastonato i miei famigli,

m’avete ucciso un cervo

e forzato l’ingresso al padiglione.

FALSTAFF -

E baciata la figlia del custode,

non lo dite?

ZUCCA -

Un’inezia per voi, eh!?

Ma dovrete rispondermene, eccome!

FALSTAFF -

S’è per rispondervi, lo faccio subito:

ho fatto tutto quel che avete detto.

Va bene?

ZUCCA -

Questo lo dirà il Consiglio.

FALSTAFF -

Un consiglio, se lo volete, buono,

è che è meglio per voi che questa roba

non si risappia in giro:

vi rideranno dietro…

EVANS -

(Intromettendosi)

Pauca verba,

cavaliere. Poche parole e buone.

FALSTAFF -

Poche parole un corno, reverendo!

V’ho forse rotto la testa, Stanghetta?

Che avete a dire voi contro di me?

STANGHETTA -

Eh, ce n’avrei parecchio

nella mia testa contro voi, signore,

e contro i vostri soci gabbamondo,

Bardolfo, Nym, Pistola… Loro, sì.

(Li indica uno per uno mentre li nomina)

Prima m’han trascinato in una bettola,

m’han fatto bere fino ad acciuccarmi,

e poi m’han ripulito le saccocce…

BARDOLFO -

(Andandogli sotto il naso, e snudando la spada)

Ohi, sagrestano, bada come parli.

STANGHETTA -

(Impaurito dalla reazione di Bardolfo)

Insomma, dico… beh, lasciamo andare…

PISTOLA -

(Snudando anche lui la spada)

Come sarebbe a dire, Mefistofelo?

STANGHETTA -

Lasciamo andare, insomma… non importa.

NYM -

(Snudando anch’egli la spada e ripetendo il gesto di Bardolfo)

Io ti faccio e fettine… pauca, pauca

A fettine… Mi trovi proprio in vena!

STANGHETTA -

(Come sentendosi assediato dai tre, cercando soccorso)

Simplicio, il mio valletto…

Ma dov’è, dov’è andato? Zio, lo sai?

EVANS -

(Interponendosi fra Stanghetta e i tre)

Calma, vi prego. Cerchiamo d’intenderci.

Ci son tre arbitri in questa contesa,

se ho ben capito: e cioè mastro Page,

fidelicet il nostro mastro Page;

e ci son io, fidelicet io stesso,

e terzo, ultimamente e finalmente,

il nostro Oste della “Giarrettiera”.


PAGE -

A noi tre ascoltare e definire

tra loro due.

EVANS -

Penissimo.

Io ne faccio ferbale annotazione

sul mio taccuino, e poi decideremo

chi ha ragione e chi ha torto

con la più gran discrezione possibile.

FALSTAFF -

Pistola!

PISTOLA -

È tutt’orecchi.

EVANS -

“Tutt’orecchi”…

Per il diavolo e per la diavolessa!

Che frase è questa?… Questa è affettazione!

FALSTAFF -

Pistola, è vero che hai fatto man bassa,

tu, nella borsa di mastro Stanghetta?

STANGHETTA -

Sì, per questi miei guanti, che l’ha fatto…

o ch’io non possa più rimetter piede

nella mia camera… Sette palanche

dai sei scellini ognuna, di buon conio,

e due scellini di Edoardo Sesto

costati due scellini e mezzo al pezzo

da Eddy Miller, sì, per questi guanti!

FALSTAFF -

Vero, Pistola?

EVANS -

Falso, s’è un borseggio.

PISTOLA -

(A Stanghetta)

Ah, brutto zoticone di montagna!

(A Falstaff)

Sir John, padrone mio, è qui mestieri

ch’io mi degni raccogliere la sfida

ora, di questa sciabola di latta.

(A Stanghetta)

La smentita dalle tua labbra, subito!

Bava e schiuma, tu menti!

STANGHETTA -

(Indicando Nym)

Allora è stato lui, per questi guanti!

NYM -

Chi, io? Attento, amico, a quel che fate,

e a tenere con me modi civili.

Se vi passasse di fare lo sbirro,

vi faccio intrappolare da voi stesso.

E questo è quanto.

STANGHETTA -

(Indicando Bardolfo)

Allora è stato lui,

lui facciarossa, per questo cappello!

Perché se pure non ricordo bene

quello che ho fatto e quel che non ho fatto

quando m’avete fatto ubriacare,

non sono mica un asino, sapete?

FALSTAFF -

(A Bardolfo)

E tu, faccia scarlatta, che rispondi?

BARDOLFO -

Per parte mia, signore,

vi rispondo che questo gentiluomo

s’era presa una tale acciuccatura

da perder tutte e cinque le sentenze…

EVANS -

I cinque sensi, vuoi dire; vergogna,

quale ignoranza!

BARDOLFO -

… e ubriaco com’era,

venne, come si dice, alleggerito;

sicché ora le sue supposizioni

vanno a vanvera, in ogni direzione.

STANGHETTA -

Va là che anche voi a un certo punto

parlavate latino, come me…

ma basta, non importa. Fin ch’io viva,

se dovrò ubriacarmi un’altra volta,

sarà in compagnia di gente onesta,

buona e civile; se sarò ubriaco,

sarà con quelli che han timor di Dio,

e non in mezzo a furfanti beoni.

EVANS -

Dio t’ascolti; proposito virtuoso.

FALSTAFF -

Ecco, signori, l’avete sentito:

smontate tutte le accuse. Va bene?

L’avete ben sentito.


Entra, uscendo da casa Page, ANNETTA PAGE,

con vino e bicchieri. Da parti opposte entrano anche ALICE FORD e MEG PAGE.

PAGE -

(Ad Annetta)

No, figliola, riporta tutto in casa;

verremo a bere dentro tutti insieme.

(Annetta rientra in casa con vino e bicchieri)

STANGHETTA -

O cielo, lei, madamigella Page!

PAGE -

(Andando incontro ad Alice Ford)

Signora Ford, salute! Come va?

FALSTAFF -

Signora Ford, ma che felice incontro,

parola mia!… Voi permettete, vero?

(Si avvicina ad Alice e la bacia)

PAGE -

(A Meg)

Moglie, da’ il benvenuto in casa nostra

a questi gentiluomini… Venite,

abbiamo preparato per la cena

un pasticcio di cacciagione al forno.

Entrate, miei signori, e un buon bicchiere

ci aiuti a dissipare ogni malanimo.

(Entrano tutti in casa Page, eccetto Stanghetta)

STANGHETTA -

Preferirei a quaranta scellini

avere qui con me il mio libretto

di canzoni e sonetti…


Entra SIMPLICIO


Ehi là, Simplicio!

Dove sei stato tutto questo tempo?

Debbo servirmi da me stesso, io?

Tu hai con te il Libro degli Enigmi,

è vero?

SIMPLICIO -

Io, il Libro degli Enigmi?…

Ma non l’avete prestato voi stesso

alla signora Alice Pizzacorta

il giorno d’Ognissanti,

la quindicina avanti San Michele?


Rientrano, uscendo da casa Page, ZUCCA e EVANS

ZUCCA -

Su, nipote, siam qui ad aspettarti.

(Prendendolo sottobraccio)

Eh, senti prima, però, cocco mio:

qui c’è nell’aria una certa proposta,

sì, diciamo, una specie di proposta

lanciata da don Ugo un po’ alla larga…

Mi capisci?…

STANGHETTA -

Sì, certo, mio signore:

mi troverete affatto ragionevole:

s’è una cosa da fare,

farò tutto, purché sia di ragione.

ZUCCA -

Già, ma capiscimi…

STANGHETTA -

È quel che faccio.

EVANS -

(Prendendo anch’egli sottobraccio Stanghetta, dall’altra parte)

Prestate orecchio alle sue suggestioni,

mastro Stanghetta. Penserò io dopo

ad illustrarvi tutta la questione

se avrete la capacità d’intenderla.

STANGHETTA -

No, io farò, vogliate perdonarmi,

come dice lo zio Zucca; lo zio

è giudice di pace al suo paese,

ed io son qui da semplice borghese.

EVANS -

Ma il punto non è questo. La questione

è concernente il fostro matrimonio.

ZUCCA -

Già, questo è il punto.

EVANS -

Sì, il vero punto

è questo… con madama Annetta Page.

STANGHETTA -

Ebbene, s’è così, la sposerò,

ad ogni ragionevole domanda.

EVANS -

Ma poi saprete farvi voler bene

dalla ragazza? Lasciateci insistere

per saper questo dalla vostra bocca

o, se volete, dalle vostre labbra,

se è vero che le labbra,

come sostengono molti filosofi,

sono parti essenziali della bocca.

Ossia, per dirla più precisamente,

vi credete capace

di riversar su lei il vostro bene?

ZUCCA -

In altri termini, Abramo Stanghetta,

nipote, senti di poterla amare?

STANGHETTA -

Spero, signore, di poterlo fare

come s’addice ad uno affatto incline

ad operare secondo ragione.

EVANS -

Eh, santi e sante vergini di Dio!

No, ci dovete dire in positivo

se vi sentite di portar su lei

la vostra propensione.

ZUCCA -

Ecco, sì, questo, esattamente questo

devi dire: vuoi tu condurla in moglie,

verso, naturalmente, congrua dote?

STANGHETTA -

Anche di più sarei disposto a fare,

se siete voi a chiedermelo, zio,

e se la cosa è secondo ragione.

ZUCCA -

Eh, non ci siamo. Cerca di capirmi:

quello che faccio io, nipote mio,

lo faccio solamente pel tuo bene.

Ti senti tu di amare la ragazza?

STANGHETTA -

Io, se voi lo chiedete, me la sposo;

e se proprio, diciamo, sul principio

non sarà grande amore, con il tempo

il cielo potrà farlo ben decrescere

con più approfondita conoscenza

dopo sposati, e dopo aver avuto

così modo migliore di conoscerci.

Vorrei sperare, con l’intimità,

che possa crescere più repulsione.

Ma se voi dite: “Sposala”,

io la sposo, perché su questo punto

son dissoluto, e dissolutamente.

EVANS -

La risposta mi pare assai sensata,

salvo l’orrore di quella parola,

sì, diciamo quel “dissolutamente”

che dovrebbe, secondo il nostro intendere,

suonare invece “risolutamente”.

Ma l’intenzione è puona e tanto pasta.

ZUCCA -

Sì, penso anch’io che l’intenzione è buona.

STANGHETTA -

Toh, se no, vorrei essere, impiccato!


Rientra ANNETTA PAGE

ZUCCA -

Oh, la nostra madamigella Annetta!

Come vorrei aver qualche anno in meno,

se penso a voi, vezzosa damigella!

ANNETTA -

Signori, il pranzo è già servito in tavola,

mio padre aspetta le signorie vostre.

ZUCCA -

Sono agli ordini suoi, bellezza mia.

EVANS -

Oh, penetetto Dio!

Io non foglio mancare al “Benedicite”!


(Escono, entrando in casa Page, Zucca e don Evans)

ANNETTA -

Vossignoria non vuole favorire?

STANGHETTA -

Vi ringrazio di cuore. Sto benissimo.

ANNETTA -

Il pranzo aspetta voi di là, signore.

STANGHETTA -

Non ho appetito, grazie… veramente.

(A Simplicio)

Va dentro tu, ragazzo,

e, per quanto tu sia mio servitore,

mettiti agli ordini di mio zio Zucca.


(Esce Simplicio, entrando in casa Page)


Un giudice di pace

può sentirsi obbligato qualche volta

con suo nipote che gli cede il servo.

Finché mia madre è in vita,

io non posso tenere al mio servizio

più di tre uomini ed un paggetto

Ma che farci? Ed intanto devo vivere

come un pitocco nato gentiluomo.

ANNETTA -

Signore, rientrar senza di voi,

non posso; non si siederanno a tavola

finché non arriviate.

STANGHETTA -

Veramente,

vi dico, non ho voglia di mangiare.

Come avessi accettato. Vi ringrazio.

ANNETTA -

(Spazientita)

Evvia, vi supplico, signore, entrate!

STANGHETTA -

Grazie, faccio due passi qui di fuori.

L’altro giorno mi sono fatto male

ad uno stinco nel tirar di scherma

con il mio istruttore… tre stoccate,

per posta un piatto di prugne stufate…

E mentre io gli paro un colpo in testa,

lui mi tira allo stinco… ed in coscienza,

da allora non riesco a sopportare

nemmen l’odore di vivande calde.

(Abbaiare di cani da fuori)

Perché abbaiano tanto questi cani?

Ci son orsi in città?

ANNETTA -

Credo di sì,

ne ho sentito parlare dalla gente.

STANGHETTA -

Io vado matto a vederli combattere;

ma non mi stancherò di protestare,

come tutti, del resto, in Inghilterra,

contro siffatta specie di spettacoli.

Scommetto che a vedere un orso sciolto

voi avreste paura.

ANNETTA -

Oh, sì, signore.

STANGHETTA -

A me non fanno invece alcun effetto.

Avrò incontrato almeno venti volte

l’orso Sackerson, sciolto,

e l’ho preso perfin per la catena.

Ma le donne sapeste come urlavano

di qua e di là, in modo da non credersi.

Ma si sa che le donne

quelle bestie non possono soffrirle,

e, in verità, sono gran brutte bestie.

PAGE -

(Affacciandosi alla porta di casa)

Mastro Stanghetta, andiamo, su, venite,

qui siamo tutti fermi ad aspettarvi.

STANGHETTA -

Non mangio nulla, vi ringrazio, amico.

PAGE -

Ah, questa no, per le sacre scritture!

Non avete alternanza, amico. Andiamo.

(Spalanca la porta, si fa da un lato per lasciar

passare Stanghetta che s’è deciso a entrare)

STANGHETTA -

(Fermandosi sulla porta, complimentoso)

No, prego, prima voi…

PAGE -

Andiamo, andiamo!

STANGHETTA -

(Ad Annetta)

No, no, non entrerò prima di voi.

Non sia mai ch’io vi faccia un tale sgarbo.

ANNETTA -

Signore, per piacere…

STANGHETTA -

Beh, obbedisco.

Meglio essere scortese che noioso.

Però vi fate torto, eh, credetemi.

(Entrano in casa)

 

 

 

SCENA II - La stessa

 

Entrano, uscendo da casa Page, don EVANS e SIMPLICIO

 

EVANS -

Mettiti in giro e chiedi della casa

di certo dottor Cajus;

e quale strada fare per andarci.

Abita là certa madama Quickly,

ch’è in qualche modo la sua governante,

perché gli fa da cuoca, balia asciutta,

sguattera, lavandaia, stiratrice.

SIMPLICIO -

Vado, signore.

EVANS -

Aspetta, c’è di più.

Le devi consegnare questa lettera.

Quella donna è assai bene ammanicata

con miss Annetta Page, e questa lettera

è per pregarla di patrocinare

presso la stessa miss Annetta Page

i desideri del tuo principale.

Corri, da bravo, e vedi di far presto.

Io vado a terminare di pranzare:

c’è ancora da venir frutta e formaggi.


(Escono)

 

 

 

SCENA III - La locanda della “Giarrettiera”

 

FALSTAFF è seduto a un tavolo, l’OSTE gli serve del vino.

In piedi, BARDOLFO, NYM, PISTOLA e ROBIN

 

FALSTAFF -

Caro il mio Oste della “Giarrettiera”…

OSTE -

Che mi dice il mio dolce cucciolone?

Ditemi, con dottrina e con saggezza.

FALSTAFF -

Eh, Oste mio, mi troverò costretto

a licenziar qualcuno del mio seguito.

OSTE -

E tu licenziali, mio dolce Ercole!

Mandali tutti a spasso. Trotta, trotta!…

FALSTAFF -

Mi spendo già da te, di solo alloggio,

dieci buone sterline a settimana.

OSTE -

Però ci stai da vero imperatore,

sei un Cesare, un Kaiser, un Visir…

Mi tratterrò Bardolfo al mio servizio;

lo metterò a spillare e tappar botti.

Che mi dici, grande Ettore, va bene?

FALSTAFF -

Oste mio caro, fa’ come vuoi tu.

OSTE -

Inteso, allora. Che passi da me.

(A Bardolfo)

Ti dirò come far schiumar la birra

e mischiar calce al vin secco di Spagna.

Son uomo di parola. Vieni, seguimi.


(Esce)

FALSTAFF -

Va’, Bardolfo, da bravo, va’ con lui.

Spillare botti è un ottimo mestiere.

Vecchia zimarra fa giacchetta nuova;

servo vizzo fa taverniere fresco.

Va’, va’, Bardolfo, addio.

BARDOLFO -

È il mestiere da me sempre agognato.

Son sicuro che ci farò carriera.


(Esce)

PISTOLA -

(A Bardolfo mentre esce)

Vile ungherese! Non vedevi l’ora

di cominciare a manovrar lo zipolo!

NYM -

Quello fu concepito in una sbornia;

non ha davvero l’anima di eroe.

Ho concepito bene?

FALSTAFF -

Ed io son lieto

d’essermi finalmente liberato

d’un tal contenitore d’infiammabili.

Era troppo scoperto nel rubare;

e nel fare una truffa

era come un cantore principiante,

mai che avesse saputo andare a tempo.

NYM -

E certo, nel rubare, la bravura

consiste proprio nel saperlo fare

nell’intervallo d’una semicroma.

PISTOLA -

“Rubare…” Abbasso questa parolaccia!

L’uomo saggio lo dice: “trasferire”.

FALSTAFF -

Beh, signori, sapete che vi dico?

Io sono quasi a terra coi calcagni.

PISTOLA -

Attento non vi vengano i geloni.

FALSTAFF -

Non c’è proprio rimedio;

devo per forza escogitar qualcosa;

ingegnarmi a trovare un espediente.

PISTOLA -

“I corvi giovani voglion beccare.”

FALSTAFF -

Chi di voi tre conosce qui in città

un certo Ford?

PISTOLA -

Ah, lo conosco io;

ed è persona di buone sostanze.

FALSTAFF -

Miei onesti ragazzi, voglio dirvi

quel che mi va frullando per la testa.

PISTOLA -

Un vol di corvi in cerca di becchime.

FALSTAFF -

Non è il momento di far dello spirito.

È vero che la mia circonferenza

è di circa due yarde in abbondanza;

ma non ho l’intenzione di restringerla,

piuttosto di allargarla. A farla breve,

io sono intenzionato a conquistare

l’amore della moglie di quel Ford;

mi sono accorto che non le dispiaccio:

parla, occhieggia, dardeggia tentazioni.

Io so leggere quello che c’è sotto

al suo confidenziale atteggiamento,

le cui più spinte manifestazioni

tradotte in buon volgare

mi dicono: “Io son di sir John Falstaff.”

PISTOLA -

(A parte a Nym)

Si vede che se l’è studiata bene,

perché dice “volgare “ per “onesto”.

NYM -

(c.s. a Pistola)

“L’ancora è scesa al fondo”. Ho detto bene?

FALSTAFF -

È lei, per quanto se ne dice in giro,

che governa la borsa del marito,

e lui possiede una legione d’angeli.

PISTOLA -

E voi, munito d’altrettanti diavoli,

gridate loro: “Addosso a lei, ragazzo!”

NYM -

Mi sollevi l’umore… bene, bene…

Quegli angeli acclimàtali da me.

FALSTAFF -

(Mostrando loro due buste)

Ho scritto questa lettera per lei,

e un’altra, qui, per la moglie di Page,

la quale anch’essa, ancora di recente,

mi dardeggiava sguardi saporosi,

ammirandomi compiaciuta al massimo,

tutto in giro, con occhi giudiziosi,

posando il loro raggio ora sui piedi

ora sull’imponente mia ventraia…

PISTOLA -

(A parte a Nym)

Il sole illuminò la pattumiera!

NYM -

(A parte a Pistola)

Ottima, questa! Bravo, ti ringrazio.

FALSTAFF -

… percorrendo, così, con il suo sguardo

tutto l’esterno della mia persona,

con un’aria di tal concupiscenza,

che mi parve sentire all’improvviso

bruciare dall’ardore di quegli occhi

come dal fuoco d’uno specchio ustorio!

Ecco, questa è una lettera per lei;

tiene anch’ella il cordone della borsa

di casa: una regione della Guiana,

tutta oro e tesori in abbondanza.

Vorrò fare ad entrambe da cassiere,

e ne farò la mia tesoreria,

le mie Indie orientali e occidentali,

e farò buon commercio con entrambe.

Va’, Pistola, consegna questa lettera

nelle mani della signora Page;

(A Nym)

e tu quest’altra alla signora Ford.

Ci arricchiamo, ragazzi! È la fortuna!

PISTOLA -

(Rifiutandosi di prendere in consegna la lettera)

Ah, no, sir John, non mi chiedete questo!

Dovrei ridurmi un Pandaro di Troia,

io, con tanto d’acciaio alla mia cintola?

Ma che Lucifero c’inforchi tutti!

NYM -

(Restituendo a Falstaff la lettera che aveva già presa)

Né vorrò io ridurmi così in basso.

Riprendetevi questa sporca lettera.

Io voglio conservare intemerata

la mia reputazione, signor mio.

FALSTAFF -

(A Robin, consegnandogli la lettera)

Toh, allora, messere, vacci tu

a recar sane e salve queste lettere.

Veleggia tu, mia leggera pinaccia,

per quei lidi dorati…

(A Pistola e Nym)

In quanto a voi,

fior di gaglioffi, fuori dai miei sguardi!

Squagliatevi come acini di grandine.

Andate a trascinare i vostri zoccoli

fuori di qua. Cercate altro covile!

Sir John si mette in linea coi tempi:

da oggi, economia! Alla francese.

Canaglie!… Un paggettino con le falde

è tutto quello che mi basta. Fuori!


(Esce insieme con Robin)

PISTOLA -

I corvi ti divorino la trippa!

Ci sono ancora al mondo, se Dio vuole,

dadi truccati e gente ricca e povera

da poter uccellare da ogni parte;

ed io avrò qualche testone in tasca

quando tu, vile frigio turcomanno,

non avrai più tre soldi per il lesso!

NYM -

Mi frullano pel capo certe idee,

simili a tanti umori di vendetta.

PISTOLA -

Pensi di vendicarti?

NYM -

Sì, per il firmamento e le sue stelle!

PISTOLA -

Col senno o con l’acciaro?

NYM -

Con entrambi.

Informerò di questa tresca Page.

PISTOLA -

(Declamando)

“Com’io, per parte mia,
“a Ford rivelerò come qualmente,
“Falstàff, vil delinquente,
“abbia di defraudarlo brama ria
“della casta colomba e del suo oro
“il suo letto insozzando di disdoro”.

NYM -

Non farò raffreddar questo mio umore,

porterò questo Page a tal bollore,

da fargli usar velenoso liquore.

Giallo di gelosia lo voglio fare;

perché quando mi piglia, Cristo santo,

io son pericoloso. E questo è quanto.

PISTOLA -

Tu sei il Marte, Nym, degli scontenti.

Io t’asseconderò. All’opra. Avanti!


(Escono)

 

 

 

SCENA IV - In casa del dottor Cajus

 

Entrano QUICKLY, SIMPLICIO e RUGBY

 

QUICKLY -

Rugby, fammi il piacere,

mettiti di vedetta alla finestra

e sta attento se arriva il mio padrone,

dottor Cajus; perché se quello viene

e trova alcuno in casa, qui succede

che vengono trattati malamente

la pazienza di Dio e il buon parlare.

RUGBY -

Mi metto subito in vedetta.

QUICKLY -

Bravo.

E questa sera ci berremo insieme

un bel poncino di vinello caldo

sulla brace, mentre si spegne il fuoco.


(Esce Rugby)

QUICLY -

Un bravo giovanotto questo Rugby…

Volenteroso, pronto, servizievole,

il meglio che si possa avere in casa.

E per nulla pettegolo, vi giuro,

per nulla attaccabrighe…

Solo un po’ troppo incline alla preghiera,

in questo è un po’ fissato…

Ma chi non ha difetti?… Sorvoliamo.

(A Simplicio, che sta zitto in un angolo)

Allora avete detto di chiamarvi

Pietro Simplicio?

SIMPLICIO -

In mancanza di meglio…

QUICKLY -

E siete il servo di mastro Stanghetta?

SIMPLICIO -

Sì, in coscienza.

QUICKLY -

Chi è questo Stanghetta?

Forse quel tipo che se va in giro

con quella barba tonda intorno al viso

che pare la lunetta d’un guantaio?

SIMPLICIO -

No, signora, in coscienza, non è quello;

è uno con una faccetta pallida

ed una barbettina speleggiata

color Caino.[50]

QUICKLY -

Un tipo un po’ flemmatico?

SIMPLICIO -

Sì, in coscienza, magari un po’ flemmatico,

ma pronto, all’occorrenza, a dar di mano

come chiunque altro, se s’infuria.

Ultimamente, con un guardacaccia

se ne son date di santa ragione.

QUICKLY -

Ah, sì, davvero?… Dovrei ricordarmelo…

Non è uno che va tutto impettito,

a testa alta?…

SIMPLICIO -

Esatto, proprio quello.

QUICKLY -

Ah, che non mandi il cielo ad Anna Page

peggior fortuna! Dite al signor parroco,

mastro Evans, che tutto quel che posso

per il vostro padrone, lo farò.

Annetta Page è una brava figliola,

e vorrei tanto…


Rientra RUGBY precipitosamente

RUGBY -

Via, per carità!

Sta venendo il padrone.


(Esce)


QUICKLY -

Oh, santo cielo! Adesso stiamo freschi!

Correte via di là, mio bravo giovane,

là, presto, dentro a questo gabinetto!

(Sospinge Simplicio in uno stanzino)

Non si tratterrà a lungo…

(Chiamando)

Rugby, Rugby!

John Rugby! John! Mi senti?


Rientra RUGBY

Presto, John,


Entra CAJUS ma Quickly finge di non accorgersene


va’ in giro a domandare che è successo

al padrone, che ancor non viene a casa…

Ho paura che non si senta bene.


(Esce Rugby)


(Cantando, sempre fingendo di non aver visto Cajus)


“E giù, e giù, e giù…”

CAJUS -

Che cos’è che cantate?

Non mi piasciono queste sciansciafruscole!

Vi prego, andate nel mio gabinetto,

c’è una scatola verde, un boitier vert.

Portatemela. Avete bene inteso?

Una scatola verde.

QUICKLY -

Sissignore,

vado a prenderla e ve la porto subito.

(Tra sé, avviandosi verso lo stanzino)

Meno male che non c’è andato lui:

se ci trovava dentro il giovanotto

si sarebbe infuriato come un toro.


(Esce)

CAJUS -

Fé, fé, fé, fè… ma foi, il fait fort chaud!

Et je m’en vais à la cour… La grande affaire![52]


Rientra QUICKLY con un astuccio in mano

QUICKLY -

È questa?

CAJUS -

Oui, mets-le à ma pochette.[54]

Ma sbrigatevi, Quickly! Dov’è Rugby,

quella canaglia?

QUICKLY -

(Chiamando)

Ehi, oh, Rugby! Johnny!


Rientra RUGBY

RUGBY -

Son qui, signore.

CAJUS -

Tu ti chiami Johnny,

ma sei proprio uno Zanni!

Prendi la spada e seguimi alla Corte.

RUGBY -

È già pronta, signore, qui all’ingresso.

CAJUS -

Affé, ch’io faccio tardi, dannazione!

Qu’ai-je oublié?…[57] Ah sì, nel mio stanzino

son rimasti dei semplici.

Non vo’ dimenticarli a nessun costo!

(S’avvia per entrare nello stanzino)

QUICKLY -

Oh, poveretta me!…

Ora ci trova dentro il giovanotto,

e s’infuria…

CAJUS -

(Apre la porta dello stanzino e vede Simplicio)

Oh, diable, diable, diable![59]

Che c’è qui dentro?… Canaglia! Latron!

Rugby, la spada!

QUICKLY -

Padron mio, calmatevi!

CAJUS -

Calmarmi, eh? Dovrei star zitto e buono?

QUICKLY -

Il giovanotto è una persona onesta.

CAJUS -

Che ci sta a fare la persona onesta

nel mio stanzino? Una persona onesta

non s’introduce nell’altrui stanzino.

QUICKLY -

Vi supplico, non siate sì flemmatico!

Ascoltate la santa verità:

è venuto da me con un messaggio

dalla parte del parroco don Ugo.

CAJUS -

Ah!

SIMPLICIO -

Sì, in coscienza: per pregare lei…

(Indica Quickly)

QUICKLY -

(Interrompendolo)

Zitto, zitto, vi prego!

CAJUS -

Zitta voi,

con quella vostra maledetta lingua!

(A Simplicio)

Avanti, fuori tutta la tua storia!

SIMPLICIO -

… per pregar questa onesta gentildonna,

la vostra governante,

di mettere una buona parolina

presso madamigella Annetta Page

a favore del mio signor padrone

che avrebbe desiderio di sposarla.

QUICKLY -

Questo è tutto, né più né meno, là.

Ma io non me ne impiccio. Non sia mai

ch’io vada a mettere il dito nel fuoco!

CAJUS -

Così è don Ugo che vi manda, eh?

Rugby, Rugby, baillez-moi un po’ di carta.

(A Simplicio)

E tu rimani ancora un minuto.


(Rugby gli porta carta e penna; Cajus si siede a scrivere)

QUICKLY -

(Prendendosi da parte Simplicio)

Son contenta che l’abbia presa bene…

Se mai l’avesse presa per traverso,

l’avreste udito urlare non so come.

Quando gli prende è proprio malinconico;

ma io, ciononpertanto, giovanotto,

farò ugualmente tutto quel che posso,

non dubitate, pel vostro padrone…

Ma il dottore francese,

per il sì e per il no è mio padrone…

così posso chiamarlo, capirete,

perché son io che gli tengo la casa,

gli lavo e stiro, gli preparo il pranzo,

gli faccio il pane, gli spillo la birra,

gli rifò il letto… e tutto ciò sa sola.

SIMPLICIO -

Un bel peso, per una sola schiena!

QUICKLY -

Lo capite anche voi. Eh, sì, un bel carico!

E alzarsi sempre presto la mattina,

e andare a letto sempre a tarda notte.

Ciononpertanto - e ve lo dico piano

in un orecchio, ché non vorrei proprio

che ne nascesse qualche chiacchiericcio -

il mio padrone è anch’egli innamorato

di Annetta Page; ma ciononpertanto

io so che cosa ha in mente la ragazza.

Non pende né per l’uno né per l’altro.

CAJUS -

(Alzandosi e consegnando a Simplicio una busta)

Ecco, scimmiotto, porta questa lettera

a don Ugo. È una sfida, sacramento!

Gli taglierò la gola in mezzo al parco!

Gli insegno io a un babbuasso di prete

ad impicciarsi, a fare il faccendiere…

Puoi andartene adesso, fila via:

qui non hai più motivo di restare.

Gli taglio tutti e due i cotiledoni,

per Dio! Non gliene deve rimanere

nemmeno uno da gettare ai cani!


(Esce Simplicio)

QUICKLY -

Evvia, don Ugo, in fondo, quello là

parla per un amico.

CAJUS -

Che significa?

Non siete voi a dirmi di continuo

che Anna Page è mia,

ch’ella è per me? L’ammazzo quel pretonzolo!

Sarà il mio Oste della “Giarrettiera”

a misurare l’armi… Eh, no, per Giuda,

Annetta Page io la voglio per me!

QUICKLY -

Ed è a voi che vuol bene la ragazza.

Ed andrà tutto bene. Alla buon’ora!

Lasciamo pure chiacchierar la gente!

CAJUS -

Rugby, vieni alla Corte insieme a me.

(A Quickly)

Se non avrò Anna Page,

per Dio, vi butterò fuori di casa!

Andiamo, Rugby, stammi alle calcagna.


(Esce con Rugby)

QUICKLY -

“Se non avrò Anna Page…” Eh, testa d’asino!

No, lo so io quel ch’Anna ha per la testa.

Nessuna donna a Windsor

conosce più di me quello ch’ha in testa

Anna, come nessuno più di me

è capace, deograzia, di convincerla.

FENTON -

(Da fuori)

Ehi, c’è nessuno in casa?

QUICKLY -

(Affacciandosi alla finestra)

Chi è?… Avvicinatevi, vi prego.

FENTON -

(Entrando)

Ecco, son io.