(“Buck, buck, buck! ay, buck! I warrant you, buck; and of the season too, it shall appear.”).

(134)Well, I promised you a dinner”: molti curatori traducono “dinner” per “cena”, ignorando inspiegabilmente: 1) che “dinner” nell’inglese antico è “pranzo”; 2) che, comunque, qui siamo a ora di mezzogiorno, l’appuntamento di Alice Ford a Falstaff essendo “dalle dieci alle undici” (del mattino, si capisce).

 

(135) “… and tells me ’tis a thing impossibile / I should love thee but as a property”, letteralm.: “… e mi dice che è impossibile che io possa amarti se non come una proprietà”.

 

(136) “Ay, by God, that I will, come cut and long-tail, under the degree of esquire”: “tail” in linguaggio giuridico è la concessione, da parte del re, ad una persona di un certo ceto sociale ed ai suoi eredi, dell’usufrutto a tempo determinato di un possedimento o dominio agrario della corona. Stanghetta vuol dire che il suo “status” sociale gli dà titolo ad ottenere questo tipo di concessione, essendo egli, di censo, un grado sotto a quello di scudiero (“esquire”).

(137) Bisticcio piuttosto melenso, come il personaggio. Anna gli ha chiesto: “What is you will?” “Will” al singolare è “volontà”; ma si dicono “will” anche le “ultima volontà” espresse in testamento; e così l’intende Stanghetta.

 

(138) Falstaff, come spesso i personaggi di Shakespeare, parla al pubblico.

 

(139) Gioco di parole sul doppio significato di “ford”, che è ogni specchio d’acqua da traversare a guado, com’era appunto il luogo sulle rive del Tamigi dove le lavandaie andavano a fare il bucato. Si è reso con “fiordo” per assonanza, ma non certo per simiglianza.

 

(140) Il testo ha “erections”; Quickly, come al solito spropositando, voleva dire “directions”. Ma Falstaff, nella risposta, finge d’intendere proprio “erections”.

 

(141)So did I mine, to build up a foolish woman’s promise”: Falstaff prosegue il traslato introdotto da “erections”: si “erige” una costruzione.

 

([142]) “… he is very-courageous-mad”: altra papera di Quickly, che dice “courageous”, per “outrageously”. Il “fuor dai cancheri” (per assonanza con “fuor dai gangheri”) è preso dalla traduzione di Emilio Cecchi e Susi Cecchi-D’Amico (Newton, Roma, 1990).

 

(143) Stanghetta, come lo zio Zucca, è giudice di pace. A quel tempo la scuola era tenuta dal parroco per la parte didattica, ma sorvegliata e amministrata dal giudice di pace.

 

(144) Il “quibble” del testo è un bisticcio. Don Ugo ha chiesto a Guglielmino: “How many numbers is in nouns?”, “Quanti numeri ha il nome comune?”; poiché ha usato il verbo al singolare, Quickly ha capito: “How many numbers is Od’s nouns?” dove “Od’s” starebbe per “God’s” e cioè: “Quanti sono i numeri di Dio”.

 

(145) Guglielmino ha pronunciato “pulcher” in modo che Quickly capisca “pulecat”, “faina”, e dice, meravigliata: “Bella, la faina?”. Per dare un qualche senso alla battuta, s’è pensato di suggerire che l’attore italiano pronunci “pul-cer”, e Quickly intenda “pulce”.

 

(146)Hang-hog” è “appendi maiale”.

 

(147) Il testo è un bisticcio diabolico, intraducibile. Quickly ha preso “horum” per “whorum”, dialettale per “whore”, “sgualdrina” e “genitive case” (Evans aveva chiesto a Guglielmino: “What is your genitive case?”) per “il caso di Jennie”; “Jennie” è verosimilmente il nome di una nota prostituta, e allora Quickly esclama: “Vengeance of Jennie’s case, fie on her! Never name her, child, if she be a whore!”, “Accidenti al caso Jennie, svergognata! Non nominarla, bimbo, è una donnaccia!”.

(148) “… your sorrow hat eaten up my sufferance”: cioè: “il vostro grande dispiacere (per quanto mi è capitato)… ha cancellato in me ogni traccia del mio risentimento verso di voi”.

 

(149) Sull’esempio del Baldini, traggo di peso - con qualche minimo ritocco - questa strofetta dal testo del libretto di Arrigo Boito per il “Falstaff” di Giuseppe Verdi, II, 164-167. Il testo inglese avrebbe, in una traduzione letterale: “Proveremo con quello che faremo / che le mogli possono essere allegre / ed insieme oneste. Noi che spesso / ridiamo e scherziamo non facciamo il male. È vero il vecchio proverbio: Scrofa cheta mangia tutto il pastone”.

 

(150) “… to unfool me again?”: “to unfool” è verbo inventato da Shakespeare con “fool”, “impazzire” e “un” privativo: letteralmente: “… per avermi dato del matto”.

 

(151)Youth in a basquet!”: espressione colloquiale; letteralm.: “Gioventù in un cesto”, che si diceva del giovane amante di donna matura, “fortunato” tanto da essere servito alla donna in un cesto.

 

(152)Mother Pratt”: “mother “ e “father” erano gli appellativi che si davano comunemente ai vecchi.

 

(153)I’ll prat her”: “prat” significa, in gergo, “natica”; Ford riprende il “Mother Pratt” di Meg, e dice: “Ora la sculaccio io”!

 

(154) “… never trust me when I open again”: “to open” in gergo venatorio si dice del cane che comincia ad abbaiare inseguendo la preda. Talvolta abbaia a vuoto.

 

(155) “… in fee-simple, with fine and recovery”: è la formula giuridica con la quale la corona cedeva le sue terre ai baroni; i quali, in base ad essa, dopo un certo numero di anni di possesso, avendone corrisposto l’usufrutto (“fine”), potevano riscattarle in proprietà. Alice vuol dire che se il diavolo ha messo sull’anima di Falstaff - come su quella di Faust - ipoteca con patto di riscatto, gli può permettere di godersela ancora impunemente.

 

(156) “… from forth a saw-pitch”: “saw-pit” è un piccolo scavo fatto per terra nei boschi dagli spaccalegna ai bordi del quale veniva eretta una struttura per segare il legname con una grande sega a due manici, uno tenuto dal legnaiolo che stava nello scavo, l’altro da quello che stava in superficie.

 

(157) “… like a Jack-an-apes”: il termine “jack-an-apes” con cui s’indicava scherzosamente una scimmia ammaestrata, era usato anche per indicare qualunque essere burlone e dispettoso. Sul travestimento di don Evans i critici hanno svolazzato tra “diavolo”, “satiro”, “scimmia” e altro. “Diavolo” sembra il più probabile, anche perché così lo dice più sotto (v. 12) Alice Ford: “… Welsh devil Hug”.

 

(158)Thine Ephesian”: “Ephesian” è l’abitante di Efeso, l’antica città ionica; l’Oste, come abbiamo già notato, ha il vezzo di chiamare le persone col nome di paesi, di personaggi storici, di razze (cfr. “my Ethiopian” al v. 25 della terza scena del II atto e, più sotto, “Bohemian-Tartar”).

 

(159)I may not conceal them, sir”: evidentemente Simplicio vuol dire il contrario, non “conceal” ma “reveal”; ma lo strafalcione serve al drammaturgo per fargli fare il verso dall’Oste, come glielo farà più sotto Falstaff con “averla a no”: un espediente per far ridere il pubblico.

 

(160) Si capisce che Falstaff parla di se stesso, e che la vecchia grassoccia che Simplicio ha visto salire alla sua camera non era altri che lui stesso, Falstaff, ancora nel travestimento da vecchia strega con il quale è scappato dalla casa e dalle bastonate di Ford.

 

(161) Gioco di carte di origine spagnola.

 

(162) Secondo la mitologia classica, che Shakespeare riprende da Ovidio, Giove, in una delle sue amorose passioni, si trasformò in bianco toro per rapire Europa, sorella dell’eroe tebano Cadmo (da Giove stesso mutato in serpente); dalla loro unione nacquero Minosse, che regnò a Creta; Radamanto, che regnò in Cilicia, e Sarpedonte, che combatté a Troia e fu ucciso da Patroclo.

 

(163) Per possedere Leda, moglie di Tindaro re di Sparta e madre dei Dioscuri Castore e Polluce, Giove si trasformò in cigno.

 

(164) “… and then another… in the semblance of a fowl… think on it, Jove, a foul fault!”: il testo inglese gioca, come si vede, sulla omofonia di “faul”, “sozzo”, “immondo” e “fowl”, “volatile”.

 

(165)Send me a cool ruth-time, Jove”: prosegue il traslato del cervo: “ruth-time” è l’annuale ricorso della stagione in cui l’animale va in calore.

 

([166])Who comes here? My doe”: “doe” è la damma, la femmina del cervo. Prosegue il traslato.

(167) Alice Ford è bruna: avviso di Shakespeare a quei registi moderni che la fanno bionda o castana!

 

(168)Let the sky rain potatoes”: letteralm.: “Piova il cielo patate!”; ma in italiano è grottesco. L’accostamento della afrodisiaca cantaridina alla patata è anche in “Troilo e Cressida”, V, 2, 54 2: TERSITE: “How the devil Luxury, / Whith his fat rump and potato finger/ Thickes these together”:

“Ah, come il demone della Lussuria
“con il suo prosperoso deretano
“e col suo dito di cantaridina
“li frega bene, l’uno contro l’altro!”

 

(169)Greensleaves”: verosimilmente il titolo di una ballata licenziosa dell’epoca.

 

(170) “… snow erimgoes”: il termine “eringoes” è sconosciuto all’“Oxford Universal Dioctionary”; il glossario dell’Alexander indica “candied sweet meat”, “dolci canditi”. Emilio Cecchi, nella sua traduzione della commedia shakespeariana, scrive che il Sannazzaro, nella sua “Arcadia” ha il termine “eringe” e lo descrive come “una notissima erba dei nostri liti, la radice della quale si presenta alle volte simile al sesso virile o femmineo… ma se per sorte ad alcuno quella del suo sesso venisse nelle mani, sarebbe senza dubbio fortunatissimo in amore”. Se Shakespeare intendesse questo col suo “eringoes” lo si lascia all’arbitrio del lettore; ma il termine “eringi”, nella definizione del Sannazzaro calza a pennello nell’invocazione di Falstaff.

(171) La didascalia ha “disguised as Hobgolin”: “Hobgolin” è il nome di uno dei diavoli inventati da Shakespeare; lo si ritroverà nel “Re Lear”, IV, 1, 61, insieme a quelli d Obidicut, Obididence, Mahu, Modo, Flipperdigibett. “Puck” è una variazione del nome di “Hobgolin”.

 

(172) L’“Ordine” cavalleresco per eccellenza era quello della “Giarrettiera” istituito intorno al 1344. Tutta questa tirata in versi è, riconosciutamente, un occasionale rifacimento, l’occasione essendo quella del conferimento dell’ordine ad alcuni alti personaggi da parte della regina Elisabetta (v. la “Nota introduttiva”).

 

([173]) Testo: “The expressure that it bears, green let it be,/ More fertile-fresh than all field to see”. La lettura di questi due versi, di fattura visibilmente non di mano di Shakespeare per la loro bruttezza, è incerta. Alcuni intendono tutta la frase riferita allo stemma dell’Ordine della Giarrettiera e leggono: “La coloritura che esso (lo stemma) reca sia verde, di un verde più fertile alla vista di quello di tutto il campo”: che è letteralmente corretto (intendendo per “field”, il “campo”, lo sfondo dello stemma), ma di senso piuttosto ermetico alla lettura.

 

(174) È il motto dell’Ordine della Giarrettiera, quale figura sul suo emblema.

 

(175) Falstaff non ha riconosciuto don Evans, ma ha capito che si tratta di un Gallese dalla pronuncia. Il Galles era terra di pastorizia ed il formaggio è stato sempre cibo assai apprezzato dai Gallesi; la loro predilezione per tale alimento è ancora oggetto di arguzie fra gli Inglesi.

 

(176) “… these fair yokes”: “yoke”, “giogo”, in senso figurato, come qui, è ogni oggetto, sistema, situazione, simbolo di servitù, sottomissione costrizione.