“Mijn’ heers” è fiammingo, e l’Oste, per suo mestiere, è poliglotta.
(86) “Parlo turco?” non è nel testo.
(87) “Troppo lusso” non è nel testo.
(88) È il nome di un quartiere malfamato di Londra, divenuto sinonimo di “brothel”, “postribolo”.
(89) “… to keep the terms of my honour precise”: l’aggettivo “precise” è usato a bella posta: era quello in uso presso i puritani per indicare chi osservava puntigliosamente la rigidità dei loro costumi. (V. anche sopra la nota 70)
(90) Quickly usa a rovescio anche i termini di cortesia. E Falstaff le fa il verso.
(91) “… you have brought her into such a canary…”: “canary” è un altro strafalcione di Quickly, che voleva dire verosimilnente “into such a quandary”, “in tale intricanza d’animo”.
(92) V. sopra la nota 41.
(93) “… nay, which is more, pensioners”: “pensioners” si chiamavano gli ufficiali dell’esercito scelti tra la nobiltà per far parte della guardia personale del re.
(94) “… my good she-Mercury”: Mercurio era il messaggero degli dèi. Falstaff si sente nell’Olimpo.
([95]) “… infection”: Quickly vuol dire “affection”, “affezione”.
(96) “This pink…”: si adotta “pink”, “barca da pesca”, suggerito dal Walburton, in luogo di “punk”, “bagascia” dell’in-folio, che sembra in verità improbabile in bocca a Pistola: sia per l’immagine del veliero da guerra, che segue (“Più vele al vento…”), e sia anche perché lo stesso Pistola si accinge a fare di Quickly la sua futura moglie.
(97) I Fiamminghi erano famosi produttori e consumatori di burro.
(98) I Gallesi erano famosi produttori e consumatori di formaggi (v. anche sotto la nota 175). Il testo ha “… il mio cacio al parroco Ugo il Gallese”.
(99) Gli Irlandesi erano famosi bevitori di acquavite.
(100) “Vas is de clock?”: Cajus è francese e, come s’è visto, oltre a pronunciare l’inglese come un Francese, usa modi e parole della sua lingua.
(101) “Buon per lui”! Traduce l’esclamazione “By Gar”, che il dottor Cajus ripete come suo intercalare, ma che non significa niente in inglese. In bocca ad un Francese, può aver valore di interiezione asseverativa, come “parbleu”: Altrove la si è resa diversamente.
(102) L’Oste della “Giarrettiera” ha il vezzo di chiamare le persone con appelltivi di paesi, di personaggi storici, di razze; qui chiama il dottor Cajus “Etiope”, alla quinta scena del IV atto (v.16) chiama se stesso “thine
Ephesian”, “il tuo Efesio” (non “il tuo Efesiano”, come tradotto da alcuni: Venere che aveva il culto ad Efeso, è “Venere Efesia”); più sotto (v.18) chiama Simplicio “this Bohemian-Tartar”. Praz, ripreso dal Lodovici, qui traduce addirittura “il mio alchimista dell’etiope marziale” ( l’etiope marziale era un composto metallico noto agli alchimisti del tempo).
(103) “Francisco” sta evidentemente per “Francese”.
(104) Esculapio e Galeno sono due famosi medici dell’antichità.
(105) “My heart of elder?”: il midollo di sambuco è morbido e palpabile, simbolo di malleabilità.
(106) “Is he dead, bully stale?”: molti curatori intendono qui “stale” per “urina” e traducono “mia dolce urina “(Lodovici.: “il mio eccelso saggiatore di urina stantia”; Baldini: “mia reverendissima urina”, con allusione alla professione di medico del dottor Cajus); il che, francamente, sembra eccessivo, data la sperimentata suscettibilità del personaggio. “Bully” per l’Oste della “Giarrettiera” è un intercalare sovente ripetuto davanti a nomi ed epiteti, e “bully stale” è espressione idiomatica per “dolce tentazione” (cfr. la massima “A door
without lock ia a stale for a knave”: “Una porta senza serratura è una tentazione per un malfattore”.
(107) “Thou art a Castalion-King-Urinal”: “Castalion” (o “Castalian”) è aggettivo da Castalia, come si chiamava una sorgente del Monte Parnaso, sacro alle Muse. “Urinal” è forma arcaica di “urinary”, “colui che favorisce l’azione dell’urinare”, cioè la fonte cui si abbeveravano le Muse. “Tu, che sei medico, sei il re di quella fonte”, dice l’Oste; dove forse si può intendere che Shakespeare voglia far dire all’Oste che il dottor Cajus fa tanta paura a don Ugo da farlo “pisciar sotto”; conforta questa supposizione il susseguente epiteto di “Ettore di Grecia” (che poi non era di Grecia ma di Troia, ma l’Oste non bada a certe sottigliezze).
(108) Testo: “I am
sworn of the peace”: “Io sono (giudice ) di pace giurato.”
(109) “Monsieur Mockwater”: “Mockwater” è termine che non esiste: l’ha coniato lì per lì l’Oste - sempre pensando al dottor Cajus come ad un “urinary” (v. sopra la nota 107) - componendo insieme “water”, “acqua” e “mock”, prefisso che posto davanti a un sostantivo ha valore peggiorativo-stregiativo (l’urina è “acquaccia”). Lo si è reso con l’eufemistico “Acquaminta” da “mingere”, “urinare”.
(110) “… through the town to Frogmore”: “Ranocchiara” per “Frogmore” è suggerito dal Lodovici (cit.) ed è nome quanto mai adatto a località silvestre (in Abruzzo, nel parco, c’è la “Camosciara”). “Spianata” non è nel testo ma è implicito: i duelli si tenevano solitamente in radure boschive.
(111) “Cried game!”: espressione del gergo venatorio; si dice della caccia quando, al suono dei corni che ne annunciano l’apertura, la muta dei cani comincia ad abbaiare.
(112)“I will be thy adversary toward Anne Page”: non credo proprio che Shakespeare, come intendono molti, abbia voluto far dire all’Oste: “Sarò il tuo avversario verso Anna Page”, nel senso di: “Ostacolerò le tue mosse, le tue faccende con Anna Page”. Il Lodovici, sempre attento, ha un evasivo per quanto improbabile: “Ti servirò la messa presso Anna Page”. Non hanno capito che qui “adversary” è usato nella forma singolare di “adversaria”, plurale neutro del latino “adversarius”, “cosa o persona che sta davanti”, con il quale termine gli Inglesi indicavano, nel gergo mercantile, il giornale di bordo. L’Oste vuol dire, nel suo solito parlar fiorito: “In compenso ti piloterò verso Anna Page”.
(113) Si segue la lezione del Dover-Wilson “Pity-Ward”, in luogo di “pittie-ward” dell’Alexander e di “petty-ward” di altri, che non vogliono dir nulla; “Pity-Ward” è la Via della Pietà, a Windsor, dove sorgeva la chiesa della Beata Vergine della Pietà.
(114) Don Evans alterna al suo strambotto - versetti che Shakespeare abilmente modella sullo stile di Christopher Marlowe, assai in voga a quel tempo - un riferimento biblico, parafrasando il Salmo CXXXVI: “Sulle rive dei fiumi di Babilonia ci sedemmo a piangere nel ricordo di Sion…”.
(115) È la minestra di cereali mangiata in Inghilterra e in Scozia al mattino per prima colazione; i Gallesi la aborriscono.
(116) “Peace, I say, Gallia and Gaul”: “Gaul” è il nome antico delle popolazioni celtiche che abitavano il Galles, detto perciò “Gaulia”.
(117) “No, he gives me the potions and the motions”: “motions” sono qui, in termine medico, i movimenti degli intestini che precedono l’espulsione delle feci dopo l’assunzione di “pozioni”.
(118) “No, he gives me the proverbes and the no-verbs”: “proverbs” sono la saggezza popolare; “no-verbs” son tutte le cose che non si possono fare senza peccare (“verb” in senso figurato è tutto ciò ch’è importante, soprattutto sul piano spirituale).
(119) “… e un po’ migliori” non è nel testo che ha semplicemente “… two other husbands”, ma “migliori” è implicito nell’inglese “other”, che distingue nel senso positivo di “finer”, “nicer”. Meg rimprovera implicitamente a Ford di esser troppo e ingiustamente geloso.
(120) “This pretty weathercock”: “weathercock” è la banderuola di ferro girevole, fatta solitamente a foggia di gallo, che sta sulle guglie dei campanili ad indicare la direzione del vento.
(121) V. sopra la nota 76.
(122) “The clock gives me the cue”: “to give the cue” è espressione del linguaggio teatrale: “cue” è l’imbeccata, l’ultima parola del personaggio che ha parlato prima, che dà l’entrata al personaggio seguente.
(123) Questa improvvisa chiamata in ballo di personaggi che non sono nel “cast” della commedia, lascia supporre che il pubblico abbia assistito prima alla rappresentazione della prima e seconda parte dell’“Enrico IV”, che è stata di poco precedente, come si è detto nella “Nota introduttiva”. “Gli scapestrati principe e Poins” (“… the
wild Prince and Poins”) sono infatti tra i protagonisti di quel lavoro. Il principe è il giovane principe di Galles, Enrico, futuro Enrico V, le cui prodezze di scapestrata gioventù, compiute in compagnia di Falstaff, Poins e altri soci della stessa risma, sono appunto argomento delle due parti dell’“Enrico IV”, dove però non figura affatto un Fenton, come vuole qui Page.
(124) Qui nel testo c’è un sofisticato gioco di parole, così ermetico e contorto, che è difficile credere che il pubblico potesse coglierlo a volo dalla bocca dell’attore. L’Oste ha detto, parlando di Falstaff, “I will… drink canary with him”, dove “canary” è il vino spagnolo delle Canarie, assai pregiato all’epoca in Inghilterra; ma “canary” è anche “canario” (o, per alcuni, “canaria”), il nome di una danza spagnola dal ritmo assai vivace. Ford commenta così tra sé la battuta dell’Oste: “Arrivo io da lui prima di te e gli faccio ballare le canaria (danza), non senza prima aver bevuto con lui la canaria (vino) “in pipe-wine”, dove “pipe-wine” è nientemeno il nome di una pianta (“Aristochia Sypho”) che produce calici a coppia.
([125]) “… in the brew-house”. “the brew-house” era il locale della casa, normalmente attiguo alla cucina, in cui si conservava e spesso si fabbricava la birra.
(126) “You little Jack-a-Lent”: “Jack-a-Lent” è vocabolo creato da Shakespeare; equivale, secondo il glossario dell’Alexander, a “dummy set up at Lent as cockshy”, “pupazzetto esposto in vetrina”.
(127) “Remember you cue”: per “cue” v. sopra la nota 122.
(128) Meg prosegue il traslato di “cue”: l’attore che non entra a tempo e recita male è fischiato.
(129) “Have I caught thee, my heavenly jewel!”: è il primo verso di un canzoniere dal titolo “Astrophel and Stella” di sir Philip Sydney, poeta e drammaturgo contemporaneo di Shakespeare. Nel metterlo in bocca a Falstaff, è chiara l’intenzione di Shakespeare di fare il verso alla maniera petrarchesca di quelle composizioni poetiche.
(130) Il tema del contrasto Natura/Fortuna, frequente nella moralistica classica, è ripreso sovente da Shakespeare.
(131) “… and smell like Bucklesbury in simple time”: Bucklesbury era la strada della Londra elisabettiana dove si teneva il mercato delle erbe medicinali, dette “semplici”.
(132) “… the cowl-staff”: il lungo bastone da infilare nei due manici del cesto per alzarlo e trasportarlo a spalla.
(133) Il testo è tutt’altro. Alice ha detto al marito: “Ci manca adesso che t’interessi di bucato” ed ha usato per “bucato” il termina “buck-washing” (“You were best meddle with buck-washing”); ma “buck” è anche appellativo di “animale cornuto” (alce, renna, cervo, daino, bove) e Ford lo coglie per ripetere a se stesso: “Cornuto! Magari potessi lavarmi io delle corna!” (“I would I could wash myself of the buck!”) E insiste: “Cornuto, cornuto, cornuto! sì, cornuto! V’assicuro, cornuto! E di stagione, anche, vedrete”.
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