Nicola e il passeggero bonario ebbero tante cose da dirsi che, fra il conversare e l'incoraggiare i ragazzi, il tempo passò per loro, tenendo conto delle circostanze avverse, con la maggior rapidità possibile.

Così trascorse il giorno. A Eton Slocomb vi fu un buon desinare al quale presero parte il signore che aveva il posto a cassetta, i quattro che erano davanti sull'imperiale, quello al di dentro, Nicola, l'uomo bonario e il signor Squeers; mentre i cinque piccini erano stati messi a sgelare accanto al fuoco e accontentati con delle tartine. Una tratta o due più oltre, vennero accesi i fanali e ci fu un gran da fare per imbarcare da un albergo sulla strada una certa signora molto sdegnosa, con un'infinita varietà di mantelli e di scatole, la quale si lamentò ad alta voce, per il beneficio di quelli che stavano sull'imperiale, del mancato arrivo d'una carrozza di sua proprietà su cui doveva montare. Ella fece promettere solennemente al conduttore di fermare ogni vettura verde che s'incontrasse sulla strada; cosa che quel funzionario promise di fare, con molte calde assicurazioni, nonostante la notte buia e il fatto di sedere in senso contrario. Infine, la signora sdegnosa, trovando che al di dentro sedeva un signore solo soletto, accese una lampadina che portava nella borsetta; e infine dopo molte molestie, accomodata che si fu, i cavalli vennero lanciati al trotto e la diligenza ancora una volta messa in rapido movimento.

La notte e la neve erano venute insieme, e si dimostrarono abbastanza tristi. Non si sentiva altro suono che l'urlo del vento, poichè il rumore delle ruote e il passo dei cavalli erano spenti dal profondo intonaco di neve che rivestiva la terra, e che si faceva sempre più alto. Le vie di Stamford erano deserte nel momento che fu traversata la città, e le vecchie chiese si levavano accigliate e buie dal suolo imbiancato. Venti miglia più oltre, due dei passeggeri dell'imperiale, approfittarono saggiamente del loro arrivo in uno dei migliori alberghi d'Inghilterra, e discesero per la notte nel "Giorgio" di Grantham. Gli altri s'avvilupparono meglio nei soprabiti e nei mantelli, e lasciandosi dietro la luce e il tepore della città, si rannicchiarono contro i bagagli, preparandosi con gemiti soffocati, ad affrontare di nuovo le taglienti raffiche che spazzavano l'aperta campagna.

Erano a poco più d'una tratta lontani da Grantham e Newark, quando Nicola, che s'era per un po' addormentato, fu a un tratto svegliato da un violento scossone che lo fece balzare quasi fuori dal sedile. Afferrandosi al parapetto, trovò che la diligenza s'era piegata terribilmente da un lato, benchè fosse ancora trascinata dai cavalli; e mentre – confuso dal loro calpestio e dagli acuti strilli della signora di dentro – esitava fra lo spiccare un salto o il rimanere dove si trovava, il veicolo si rovesciò bellamente, e lo liberò da ogni incertezza scagliandolo sulla strada.

Capitolo 6

Nel quale l'incidente menzionato nel capitolo precedente dà occasione a due passeggeri di narrare due racconti di carattere opposto.

– Ehi, oh! – gridò il conduttore, alzandosi subito in piedi, e correndo alla testa dei cavalli di volata. – V'è qualcuno che possa prestare una mano? State fermi, che Dio vi maledica! Ehi, oh!

– Che c'è? – domandò Nicola, ancora assonnato.

– C'è che ne abbiamo abbastanza per una notte – rispose il conduttore; – maledetto il baio dall'occhio cieco, s'è ubbriacato d'aria, credo, e la diligenza è rovesciata. – Su, non potete prestare una mano? Per l'inferno, ho tutte l'ossa rotte.

– Ecco, – esclamò Nicola, barcollando, mentre si levava in piedi. – Son pronto. Mi sento soltanto un po' intontito, ecco tutto.

– Teneteli fermi – gridò il conduttore, – chè taglio i finimenti. Che il diavolo li porti! Bene, ragazzo mio. Ecco fatto. Lasciateli andare ora. Tuoni e saette, già se la danno a gambe!

Infatti, gli animali, non appena liberi, avevano cominciato a trottare con ferma risoluzione verso la stalla lasciata poco prima, distante più d'un miglio.

– Sapete sonare il corno? – domandò il conduttore, staccando un fanale dalla diligenza.

– Credo di sì, – rispose Nicola.

– Allora, pigliate quello lì in terra e mettetevi a sonare in modo da svegliare i morti – disse l'altro, – mentre io faccio tacere quelli che urlano dentro. Vengo, vengo; non tanto baccano, signora!

Mentre diceva così, il conduttore si mise a strappare e ad aprire lo sportello superiore della diligenza, mentre Nicola, brandendo il corno, svegliava tutti gli echi dei dintorni con la più straordinaria esecuzione che si fosse mai sentita su quello strumento da orecchie umane. Esso ebbe il suo effetto, però, non solo nello svegliare quelli dei passeggeri che si stavano riavendo dall'intontimento della caduta, ma nel chiamare al soccorso, giacchè dei lumi brillavano in lontananza e della gente già era in moto.

Infatti, un uomo a cavallo arrivò al galoppo prima che i passeggeri si fossero raccolti, e dopo un'attenta ricerca si vide che alla signora di dentro s'era rotta la lampada e al signore la testa; che quelli sull'imperiale dalla parte davanti se l'erano scampata con dei lividi agli occhi, quello di cassetta col naso insanguinato, il cocchiere con una contusione sulla tempia, il signor Squeers con un'ammaccatura di valigia sulla schiena, e gli altri passeggeri senza alcun danno di sorta – grazie al monticello di neve sul quale erano stati rovesciati. Appena questi fatti furono perfettamente accertati, la signora diede parecchi indizi di svenimento, ma siccome fu avvertita che, se sveniva, sarebbe stata portata a spalle da qualcuno nella locanda più vicina, prudentemente essa ci ripensò, e si mise a camminare col resto della brigata.

Nel raggiunger la locanda si trovò che questa era un edificio solitario senza grandi comodità in fatto di stanze, perché tutto era composto da una sala comune dal pavimento sabbioso e da un paio di sedie. Però con delle grandi fascine e un'abbondante provvista di carbone sul focolare, l'aspetto delle cose non tardò molto a mutarsi, e quando i viaggiatori ebbero fatto sparire tutte le tracce lavabili della recente disgrazia, la sala era già diventata tepida e lucente, e faceva un bel contrasto col freddo e il buio esterni.

– Bene, caro Nickleby – disse Squeers cacciandosi nell'angolo più caldo; – tu ti sei comportato benissimo impadronendoti dei cavalli. L'avrei fatto anch'io, se fossi arrivato in tempo; ma son molto contento che lo abbia fatto tu. Molto bene; molto bene.

– Così bene – disse il signore dalla faccia gioviale, che pareva non approvasse molto il tono protettore adottato da Squeers, – che se non fossero stati frenati al momento buono, probabilmente non vi sarebbe rimasta più briciola di cervello per insegnare.

Questa osservazione fece cadere il discorso sulla prontezza dimostrata da Nicola, il quale fu colmato di lodi e di complimenti.

– Naturalmente, io son molto contento d'essermela cavata – osservò Squeers; – chi non è contento di scansare il pericolo?… Ma se qualcuno degli allievi a me affidati si fosse ferito… se io fossi stato impedito dal restituire alla famiglia qualcuno di questi ragazzi sano e salvo come l'ho ricevuto… che cosa non avrei sentito? Ebbene, avrei preferito di rimetterci il mio cervello.

– Sono tutti fratelli, signore? – chiese la donna che aveva portato la lampada di sicurezza.

– In un certo senso, sì, signora – rispose Squeers, affondando le mani nelle tasche del soprabito in cerca delle sue carte. – Godono tutti lo stesso affettuoso, paterno trattamento. Mia moglie e io siamo madre e padre a ciascuno di essi. Nickleby, dà queste carte alla signora, e offri quest'altre a questi signori. Forse essi conoscono qualche famiglia che sarebbe lieta di approfittare dell'istituto.

Dopo aver detto così, il signor Squeers, che non perdeva mai l'occasione di farsi della pubblicità gratuita, si mise le mani sulle ginocchia e fissò gli scolari con quanta benevolenza gli fu possibile, mentre Nicola, arrossendo dalla vergogna, distribuiva in giro le carte come gli era stato detto.

– Spero, signora, che non vi siate fatto alcun male nella caduta – disse il signore dalla faccia gioviale, volgendosi alla donna sdegnosa, come per un sentimento caritatevole di cambiar discorso.

– Corporalmente no, – rispose la donna.

– Neppure spiritualmente, spero.

– Quest'argomento per me è penosissimo, signore, – rispose la donna con gran commozione; – e vi prego, da gentiluomo, di non toccarlo.

– Povero me – disse il signore dal viso gioviale, facendosi ancora più gioviale, – io soltanto intendevo di domandare…

– Spero che non si faranno domande – disse la donna, – altrimenti sarò costretta di ricorrere alla protezione di questi altri signori. Oste, per piacere, mandate un ragazzo fuori la porta… e se passa una vettura verde in direzione di Grantham, la fermi immediatamente.

Il personale della locanda evidentemente fu commosso da questa domanda, e quando la donna raccomandò al ragazzo di ricordare, come un mezzo d'identificare l'attesa vettura verde, che a cassetta avrebbe visto un cocchiere dal berretto fregiato d'oro e di dietro un valletto probabilmente con le calze di seta, le attenzioni della buona albergatrice crebbero a mille doppi. Anche il passeggero di cassetta subì il contagio e mostrandosi a un tratto molto deferente, subito chiese se vi fosse della società molto scelta in quei dintorni; al che la donna rispose di sì, che ve n'era, in un modo che implicava con certezza ch'ella era addirittura alla cima e al vertice di tutta la società più scelta.

– Siccome il conduttore s'è recato a cavallo a Grantham per avere un'altra diligenza – disse il signore bonario, dopo che intorno al fuoco s'era fatto per qualche tempo silenzio, – e siccome saranno due ore almeno ch'egli è partito, io propongo di berci una tazza di ponce caldo.