– Immagino che gli abitanti del Yorkshire siano rozzi e poco civili, ecco tutto.

– Ma quest'uomo, – continuò Caterina.

– È il mio principale, o padrone, o comunque tu voglia chiamarlo – rispose subito Nicola, – e io sono stato uno sciocco ad avermi a male della sua rudezza. Guardano da questa parte, ed è tempo ch'io vada al mio posto. Dio ti benedica e addio. Mamma, pensa che un giorno ritornerò. Zio, addio! Vi ringrazio di tutto cuore per tutto ciò che avete fatto e per tutto ciò che intendete di fare. Pronto, signore.

Con questi frettolosi addii, Nicola s'arrampicò svelto al suo posto, e agitò la mano con tanta forza, da sembrar che il cuore la seguisse.

In quell'istante, mentre il cocchiere e il conduttore, per l'ultima volta prima di partire, stavano confrontando le loro note sulla lista dei viaggiatori; mentre i facchini stavano strappando gli ultimi riluttanti venti centesimi, i giornalai facevano l'ultima offerta di un giornale del mattino, e i cavalli davano l'ultima scossa d'impazienza ai loro finimenti, Nicola sentì che qualcuno lo tirava pianamente per la gamba. Guardò giù e vide piantato a terra Newman Noggs, che aveva nella mano sollevata una sudicia lettera.

– Che c'è? – chiese Nicola.

– Zitto – soggiunse Noggs, indicando Rodolfo Nickleby, che parlava gravemente con Squeers a breve distanza. – Prendetela, leggetela. Nessuno sa. Ecco tutto.

– Fermatevi un momento! – esclamò Nicola.

– No – rispose Noggs.

Nicola gridò di nuovo: "un momento", ma Newman Noggs se n'era andato.

Il trambusto d'un minuto, il tonfo degli sportelli, l'inclinazione del veicolo da un lato, nell'atto che il cocchiere massiccio e il conduttore ancora più massiccio si arrampicavano al loro posto; un grido di pronti, un po' di note del corno, una frettolosa occhiata a due visi dolenti da basso e alle dure fattezze del signor Rodolfo Nickleby, e la diligenza s'era già mossa, e strepitava sobbalzando sul ciottolato di Smithfield.

Siccome le gambe dei piccini erano troppo corte per permettere ai loro piedi di posar su qualche parte, stando seduti; e siccome i corpi si trovavano nell'imminente rischio di esser scagliati fuori della diligenza, Nicola aveva abbastanza da fare per tenerli fermi; e fra lo sforzo naturale e la fatica mentale che accompagnava il suo compito, egli si sentì non poco sollevato quando la diligenza si fermò al Pavone d'Islington. Fu ancora più lieto quando un signore dall'aspetto gioviale, dal viso raggiante di buonumore e dal colorito assai fresco, s'arrampicò dalla parte di dietro sull'imperiale e propose di sedersi sull'altra estremità del sedile.

– Se mettiamo un po' di questi piccini nel mezzo, – disse il nuovo venuto – saranno più sicuri nel caso che s'addormentino; eh?

– Se aveste questa bontà, signore – rispose Squeers. – sarebbe una fortuna. Caro Nickleby, metti tre di questi ragazzi fra te e questo signore. Belling e Snawley minore staranno fra me e il conduttore. Tre fanciulli – disse Squeers, a mo' di spiegazione al forastiero, – contano come due.

– Io, certo, non ho da fare la minima obiezione – disse il signore dal colorito assai fresco; – io ho un fratello che credo non farebbe la minima obiezione a far passare sei bambini come due nel conto di qualunque macellaio o fornaio del reame. Tutt'altro.

– Sei bambini, signore? – esclamò Squeers.

– Sì, e tutti maschi, – rispose il forastiero.

– Caro Nickleby – disse Squeers, in gran fretta, – tieni questo cestino. Permettete, signore, che vi dia il programma d'un istituto dove quei sei bambini possono essere educati in maniera illuminata, liberale e morale, senza neppur un difetto, per venti ghinee all'anno ciascuno… venti ghinee, signore… anzi facendo una media complessiva di tutti i bambini, per cento sterline all'anno di tutto il lotto.

– Ah! – disse quel signore, dando un'occhiata alla carta, – voi siete, immagino, il signor Squeers qui menzionato.

– Sì, sono io, signore – soggiunse il degno pedagogo; – mi chiamo Wackford Squeers; e non ho alcuna ragione per vergognarmene. Questi, signore, sono alcuni dei miei allievi, e questo, signore, è il mio assistente… il signor Nickleby, figlio d'un galantuomo, ed eccellente studioso di matematica, di letteratura classica e di scienza commerciale. Noi non facciamo le cose a metà nel nostro istituto. I miei allievi, signore, apprendono tutti i rami della scienza; della spesa non si tien mai conto, e vi godono un trattamento paterno e il bucato.

– Parola d'onore – disse quel signore, dando un'occhiata a Nicola con la metà d'un sorriso, e con una espressione più che media di sorpresa, – questi sono dei veri vantaggi,

– Potete realmente crederlo, signore – soggiunse Squeers, ficcandosi le mani nelle tasche del soprabito. – Si dànno e si esigono le referenze più ineccepibili. Non accetterei le referenze di nessun ragazzo che non potesse rispondere del pagamento di cinque sterline trimestrali, neanche se vi metteste in ginocchio e mi chiedeste di farlo con la faccia solcata di lacrime.

– Molto prudente, – disse il passeggero.

– La mia cura costante e il mio scopo sono d'essere prudente, signore, – soggiunse Squeers. – Snawley junior, se non cessi da battere i denti e di tremare dal freddo, ti riscalderò in mezzo minuto con una bella bastonatura.

– Tenetevi ben fermi, però, signori, – disse il conduttore, arrampicandosi sull'imperiale.

– Tutto a posto lì dietro, Riccardo? – gridò il cocchiere.

– Tutto a posto, sì – rispose. – Partenza! – E la diligenza si mosse fra le squillanti modulazioni del corno del conduttore e la calma approvazione di tutti i giudici di cavalli di diligenza raccolti al Pavone, ma più specialmente dei mozzi di stalla, i quali se ne rimasero, con le coperte sulle braccia, a guardare il veicolo finché non scomparve, e i quali poi si diressero pieni di ammirazione verso la stalla, facendo vari rozzi encomi della bellezza della partenza.

Dopo che si fu sgolato da rimaner quasi senza fiato, il conduttore (che era un tarchiato oriundo del Yorkshire) mise il corno in un piccolo tubo d'un paniere legato per questo scopo sul fianco della diligenza, e dandosi una bella grandinata di colpi sul petto e sulle spalle, disse che faceva un bel freddo; quindi domandò a ciascuno separatamente se facesse tutto il viaggio, e se no, dove fosse diretto. Avendo avuto delle soddisfacenti risposte a queste domande, soggiunse che le strade erano piuttosto pesanti dopo la neve della sera innanzi, prendendosi la libertà di chiedere se nessuno di quei signori portasse la tabacchiera. Giacchè la tabacchiera nessuno l'aveva, egli notò con aria misteriosa che aveva sentito dire da un medico, andato la settimana prima a Grantham che il prender tabacco faceva male agli occhi; ma per parte sua credeva di no, e ciò che diceva si era che ciascuno dovesse dire il suo parere. Nessuno tentò di rovesciare questa posizione, e allora egli cavò fuori dal cappello un plico di carta scura, e mettendosi un paio d'occhiali d'osso (la scrittura era tutto uno scarabocchio) lesse tutto quanto l'indirizzo una mezza dozzina di volte: dopo di che, rimise il plico nello stesso nascondiglio, inforcò di nuovo gli occhiali, e fissò ciascuno in giro. Quindi diede un'altra soffiatina al corno a mo' di rinfresco; e, avendo esaurito gli argomenti usuali di conversazione, incrociò le braccia come meglio potè con tutte le giacche che aveva addosso, e immergendosi in un silenzio solenne, guardò indolentemente gli oggetti familiari che l'occhio incontrava sui due lati della diligenza, non curandosi particolarmente, a quanto pareva, che dei cavalli, delle greggi e delle mandrie, che andava esaminando con aria assai critica.

Faceva un freddo acuto e tagliente; molta neve cadeva di tanto in tanto, e il vento era intollerabilmente violento. Il signor Squeers scendeva quasi ad ogni tratto per sgranchirsi le gambe, come egli diceva; ma siccome da quelle escursioni tornava sempre col naso molto arrossato e si metteva subito a dormire, v'è ragion di credere che la cosa gli facesse un gran bene. I piccoli allievi, dopo essere stati eccitati dai resti della colazione, e rinvigoriti poi da diversi sorsettini di uno strano cordiale portato dal signor Squeers, cordiale che sapeva tutto d'acqua panata messa per errore in una bottiglia d'acquavite, si addormentarono, si svegliarono e frignarono, secondo lo stato dei loro sentimenti.