Questa tua prima prova che ti fa scoppiare il cuore e uscire gli occhi dalla testa a furia di lagrime, che cos'è? Nulla, meno di nulla. Tu lasci chi ti vuol bene, ma tu in me trovi un padre, mio caro, e in mia moglie una madre. Nel delizioso villaggio di Dotheboys, vicino a Greta Bridge nel Yorkshire, dove i giovani sono alloggiati, vestiti, forniti di libri, biancheria, provveduti di denaro per i minuti piaceri e di tutto il necessario…

– È lui, – osservò il visitatore, interrompendo l'insegnante nella ripetizione di questo annuncio. – Il signor Squeers, immagino, signore?

– Proprio lui, signore, – disse il signor Squeers, con un tono di grande sorpresa.

– Il signore, – disse il visitatore, – che ha inserito un annuncio nel Times?

– Nel Morning Post, nel Chronicle, nell'Herald e nell'Advertiser, sull'Accademia di Dotheboys Hall, nel delizioso villaggio di Dotheboys, vicino a Greta Bridge nel Yorkshire, – aggiunse il signor Squeers. – Voi venite per la scuola, signore. Lo veggo da codesti giovani amici. Come stai, piccino mio, e tu come stai, caro? – Con questo saluto il signor Squeers carezzò la testa di due ragazzini dagli occhi incavati e dalle personcine sparute, che il visitatore aveva condotti con sè, e aspettò qualche altra domanda.

– Io commercio in partite d'olii e di colori. Mi chiamo Snawley, signore, – disse il visitatore. Squeers fece un inchino come per dire: "Avete un bel nome, anche".

Il visitatore continuò: – Ho pensato, signor Squeers, di mettere i miei due ragazzi alla vostra scuola.

– Non sta a me il dirlo, signore, – rispose il signor Squeers, – ma credo che non si possa proprio far altro di meglio.

– Ehm! – disse l'altro. – Venti sterline all'anno va bene, credo, signor Squeers.

– Ghinee, – rispose l'insegnante con un sorriso persuasivo.

– Per due vanno bene sterline, credo, signor Squeers, – disse con solennità il signor Snawley.

– Credo che non si possa fare, signore, – rispose Squeers, come se non si fosse mai trovato innanzi a una proposta simile. – Un momento, quattro per cinque venti, raddoppiate, e sottraete il… bene, non staremo qui a discutere per una sterlina da una parte e l'altra. Raccomandatemi ai vostri amici, signore, e fate come volete.

– Essi non mangiano molto, – disse il signor Snawley.

– Oh, questo non c'entra affatto, – rispose Squeers. – Non teniamo conto dell'appetito dei ragazzi nel nostro istituto. – Cosa perfettamente vera; non se ne teneva conto.

– Ogni più sana squisitezza prodotta dal Yorkshire, – continuò Squeers; – ogni più bell'insegnamento morale che mia moglie possa instillare; ogni… insomma, ogni comodità casalinga che un ragazzo possa desiderare, sarà loro data, signor Snawley.

– Desidererei che si badasse specialmente al loro insegnamento morale, – disse il signor Snawley.

– Ne son lieto, signore, – rispose l'insegnante, impettendosi. – Essi sono venuti alla scuola morale per antonomasia.

– Voi stesso siete una persona di grande moralità – disse il signor Snawley.

– Credo piuttosto di sì, – rispose Squeers.

– Io ho la soddisfazione di saperlo, – disse il signor Snawley. – L'ho domandato a chi vi conosce, e m 'ha detto che siete molto pio.

– Sì, signore, credo che questa sia un po' la mia qualità.

– Anch'io credo di averla, – soggiunse l'altro. – Potrei dirvi due parole nella partizione accanto?

– Volentieri, – soggiunse Squeers con un sogghigno. – Voi, cari, parlate un paio di minuti col vostro nuovo compagno di giuochi. Questo è uno dei miei allievi, signore. Si chiama Belling… un ragazzo di Taunton.

– Sì, veramente! – soggiunse il signor Snawley, guardando il povero monelluccio come se fosse un non mai più veduto campione zoologico.

– Viene giù con me domani mattina, signore, – disse Squeers. – Quello su cui sta seduto è il suo bagaglio. A ciascun ragazzo è fatto obbligo di portarsi, signore, due costumi, sei camicie, sei paia di calze, due berretti da notte, due fazzoletti da naso, due paia di scarpe e un rasoio.

– Un rasoio! – esclamò il signor Snawley, nell'atto che entravano nell'attigua partizione. – Perché mai?

– Per radersi – rispose Squeers, con tono piano e solenne.

Non v'era molto in quelle due parole, ma vi dovè esser qualcosa, nel modo come furono dette, che attrasse l'attenzione, perché l'insegnante e il compagno si guardarono fissi l'un l'altro per pochi secondi, e poi si scambiarono un sorriso molto espressivo. Snawley era tutto lucido e dal naso piatto, vestito di panni scuri e di lunghe uose nere, e aveva nell'aspetto un'espressione di grande mortificazione e unzione, di modo che quel suo sorriso senza una ragione apparente era più che mai notevole.

– Fino a che età tenete i ragazzi a scuola allora? – egli chiese infine.

– Finché i loro cari fanno i loro pagamenti trimestrali al mio rappresentante in città, o finché non se la danno a gambe – rispose Squeers. – Spieghiamoci bene: veggo che possiamo intenderci. Che sono questi ragazzi… figli naturali?

– No, – soggiunse Snawley, sostenendo lo sguardo dell'unico occhio dell'insegnante. – Non lo sono.

– Mi sembrava probabile che fossero naturali – disse con freddezza Squeers. – Noi ne abbiamo molti; quel ragazzo n'è uno.

– Quello qui accanto? – chiese Snawley.

Squeers fece cenno di sì, e il suo compagno si affacciò di nuovo a vedere il ragazzino sul baule, e poi voltandosi, parve come fosse deluso d'averlo visto tanto simile agli altri, e disse che se lo sarebbe appena immaginato.

– Sì, – esclamò Squeers. – Ma tornando ai vostri ragazzi, che volevate dirmi?

– Ecco, – rispose Snawley. – Il fatto sta che io non sono il loro padre, signor Squeers.