Come si sarebbe gettata su di lui, allora, la zia, e con quante lacrime simili a pioggia lo avrebbe inondato, e quanto avrebbe pregato Dio di restituirle il suo ragazzo, giurando di non maltrattarlo mai, mai più! Ma lui sarebbe rimasto lì, gelido e bianco, senza fare il benché minimo segno... un povero, piccolo martire le cui sofferenze erano cessate. Si commosse a tal punto, con il pathos di questi sogni, che dovette continuare a deglutire; era come soffocare, e le lacrime gli offuscarono gli occhi, e traboccarono quando batté le palpebre, scorrendo giù e gocciolandogli dalla punta del naso. Ed era una tale voluttà, per lui, questo coccolare la sofferenza, che non avrebbe sopportato l’intromissione di alcuna allegria terrena, di alcuna esasperante esultanza; quel che provava era troppo sacro per tollerare contatti del genere; e così quando, di lì a poco, sua cugina Mary entrò danzando, traboccante di felicità perché si trovava di nuovo a casa dopo essere stata in campagna per una settimana lunga come un secolo, Tom balzò in piedi e uscì da una porta, avvolto nelle nubi e nelle tenebre, mentre lei varcava l’altra soglia portando canzoni e splendore solare.
Tom vagabondò lontano dai luoghi frequentati di solito dai ragazzi, cercando posti desolati, in armonia con il suo stato d’animo. Una zattera di tronchi sul fiume lo invitò, ed egli sedette sull’orlo opposto alla riva e contemplò la malinconica vastità del corso d’acqua, augurandosi per tutto il tempo di poter soltanto affogare subito e inconsapevolmente, senza dover passare per la scomoda routine escogitata dalla natura. Poi pensò alla viola del pensiero. La tirò fuori di sotto la giacchetta, malconcia e avvizzita, e quel fiore accrebbe enormemente la sua tetra infelicità. Si domandò se lei, almeno, lo avrebbe compassionato, qualora avesse saputo! Si sarebbe messa a piangere, augurandosi di avere il diritto di gettargli le braccia al collo e di consolarlo? Oppure gli avrebbe voltato gelida le spalle, come l’intero, vuoto mondo? Questa scena gli causò un tale strazio di piacevole sofferenza, che la visse e la rivisse nell’immaginazione, vedendola sotto sempre nuove e diverse luci, fino a logorarla. Infine si alzò con un sospiro e si incamminò al buio.
Verso le nove e mezzo o le dieci, giunse nella strada deserta ove abitava l’adorata sconosciuta; sostò un momento, ma non un suono gli giunse alle orecchie in ascolto; una candela stava proiettando un bagliore fioco sulla tenda di una finestra al primo piano. Si trovava forse là, la sacra presenza? Scavalcò la recinzione e, furtivamente, si inoltrò tra le piante finché non venne a trovarsi sotto quella finestra; alzò gli occhi e la contemplò a lungo, commosso; poi si distese sotto a essa, con le mani intrecciate sul petto, il povero fiore avvizzito tra le dita. E così sarebbe morto... all’aperto nel gelido mondo, privo di una casa, senza un tetto che lo riparasse, senza una mano amica pronta ad asciugargli dalla fronte il sudore della fine, senza un viso amorevole che si chinasse a confortarlo nel momento dell’agonia ultima. E così lei lo avrebbe veduto alzando gli occhi verso la lieta mattinata... e, oh, si sarebbe degnata di versare una lacrima sul suo povero corpo esanime, si sarebbe lasciata sfuggire anche soltanto un breve sospiro, vedendo una vita giovane e ricca di promesse così crudelmente spenta, così precocemente falciata?
Il telaio della finestra venne sollevato, la voce sgraziata di una cameriera profanò il sacro silenzio e un diluvio d’acqua inzuppò le spoglie del prono martire!
L’eroe balzò in piedi soffocando, con uno sbuffo di liberazione; si udì nell’aria un sibilo che faceva pensare a un proiettile, insieme al mormorio di un’imprecazione cui fece seguito uno schianto come di vetro andato in pezzi, poi un’esile e vaga sagoma scavalcò la recinzione e filò via nell’oscurità.
Non molto tempo dopo, mentre Tom, spogliato per coricarsi, contemplava i propri indumenti zuppi alla luce di una candela di sego, Sid si destò; ma, se anche aveva in mente di fare qualche “opportuna allusione”, ci ripensò e tacque... in quanto si poteva leggere il pericolo negli occhi di Tom. Tom si ficcò sotto le coperte senza l’ulteriore fastidio delle preghiere, e Sid prese mentalmente nota dell’omissione.
4
Il sole spuntò su un mondo tranquillo e splendette, simile a una benedizione, sul pacifico villaggio. Terminata la colazione, zia Polly presiedette le orazioni quotidiane della famiglia; cominciarono con una preghiera formata da un impasto di edificanti citazioni delle Sacre Scritture tenuto insieme da una tenue malta di originalità; poi, dal culmine di tutto ciò, come se si trovasse sul monte Sinai, ella recitò un truce capitolo della Legge Mosaica.
In seguito, Tom si rimboccò le maniche, per così dire, e ce la mise tutta per “imparare i versi”. Sid aveva imparato la lezione già da alcuni giorni. Tom chiamò a raccolta tutte le sue energie per mandare a mente cinque versetti, e scelse una parte del Sermone della Montagna, non essendo riuscito a trovare versetti più corti di quelli.
Di lì a mezz’ora, aveva una vaga idea generale della lezione da imparare, ma niente di più, poiché i suoi pensieri stavano esplorando l’intero campo delle conoscenze umane e le mani di lui erano alle prese con occupazioni che lo distraevano. Mary prese il libro per ascoltarlo recitare la lezione, e Tom cercò di ritrovare la strada attraverso la nebbia.
«Beati i... i... i...»
«Poveri...»
«Già... i poveri; beati i poveri...
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