Si tolse di tasca le proprie ricchezze terrene e le esaminò... pezzi di giocattoli, bilie e ciarpame; abbastanza per assicurarsi uno scambio di lavoro, forse, ma non certo quanto bastava per comprare anche soltanto mezz’ora di assoluta libertà. Pertanto rimise in tasca i suoi scarsi beni, e rinunciò all’idea di tentar di comprare i ragazzi. In quel momento tenebroso e disperato, una ispirazione esplose in lui. Niente di meno d’una grande, magnifica ispirazione.
Riprese il pennello e si mise tranquillamente al lavoro. Di lì a non molto, si avvicinò Ben Rogers; proprio il ragazzo, tra tutti quelli del villaggio, le cui prese in giro egli temeva di più. Ben stava venendo avanti a saltelli su un solo piede, a scarti improvvisi e balzi... una prova più che sufficiente del fatto che aveva il cuore leggero ed era colmo di piacevoli aspettative. Stava mangiando una mela e lanciava a intervalli un lungo e melodioso grido di gioia, seguito da un “ding dong dong, ding dong dong” in tono profondo, poiché in quel momento stava facendo il battello a vapore! Mentre si avvicinava, rallentò l’andatura, si portò nel bel mezzo della strada e orzò poderosamente, poiché immaginava di essere il battello Grande Missouri e supponeva di trovarsi in due metri e settanta d’acqua. Era al contempo battello a vapore, capitano, macchina e campana, per cui doveva raffigurarsi ritto sul ponte di comando a impartire ordini e a eseguirli.
«Macchina ferma! Ding-ding-ding!» L’abbrivio cessò, quasi, e lui accostò, adagio, verso la banchina. «Macchina indietro! Ding-ding-ding!» Il ragazzo raddrizzò le braccia e le tenne rigide lungo i fianchi. «Indietro a dritta! Ding-ding-ding! Ciuff-ciuff-ciuff!» La mano destra di lui, nel frattempo, descrisse cerchi maestosi, poiché stava rappresentando una ruota del diametro di dodici metri. «Indietro a sinistra, adesso! Ding-ding-ding! Ciuff! Ciuff! Ciuff!» E anche la mano sinistra cominciò a descrivere circoli. «Ferma a sinistra! Ferma a sinistra! Ding-ding-ding! Avanti a dritta! Macchina ferma! Adagio a sinistra! Ding-ding-ding! Ciuff! Ciuff! Fuori quella cima d’ormeggio! Presto, adesso! Fuori il traversino!... Che cosa state combinando, laggiù? Passatelo con un giro intorno al palo! Pronti con la passerella, adesso... mollatela! Macchina ferma! Ding-ding-ding!»
Seguì un:
«Sccccc! Sccccc! Sccccc!» (Mentre provava i manometri di pressione.)
Tom continuò a imbiancare a calce... senza prestare la benché minima attenzione al battello a vapore. Ben lo fissò per un momento, poi disse:
«Ehi, ciao! Ti trovi in un bell’impiccio, eh?»
Nessuna risposta. Tom osservò la sua ultima pennellata con uno sguardo da artista; poi ripassò ancora una volta, dolcemente, il pennello e di nuovo esaminò il risultato, come prima. Ben gli corse accanto. Tom aveva l’acquolina in bocca a causa della mela, ma continuò a lavorare. Ben disse:
«Salve, vecchio mio; devi darti da fare, eh?»
«Oh, sei tu, Ben! Non ti avevo visto.»
«Senti, io sto andando a farmi una nuotata, eh sì! Non andrebbe anche a te di nuotare? Ma, naturalmente, devi restare qui a finire questo lavoro, eh, sì, certo che devi finirlo!»
Tom contemplò per un momento il ragazzo e disse:
«Cos’è che chiami lavoro?»
«Perché, non è un lavoro, questo?»
Tom ricominciò a pitturare, e rispose, con noncuranza:
«Be’, forse lo è e forse no. Io so soltanto che si addice a Tom Sawyer.»
«Oh, andiamo, non vorrai farmi credere che ti piace?»
Il pennello continuò a muoversi.
«Se mi piace? Be’, non vedo perché non dovrebbe piacermi. Capita forse ogni giorno, a noi ragazzi, la possibilità di imbiancare a calce una recinzione?»
Queste parole fecero apparire la cosa sotto una nuova luce. Ben smise di mordicchiare la mela. Tom passò il pennello, delicatamente, avanti e indietro... indietreggiò di un passo per ammirare l’effetto...
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