Suonano in cielo tutte le campane
sopra il Carroccio. È la città che parte:
parte levando un lento aereo canto
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con tutte le sue torri.
Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 28
ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Giovanni Pascoli Le canzoni di re Enzio
– La canzone del carroccio Q
IX
I prigioni
Volge all’occaso, volge a Porta Stiera,
volge il Carroccio per la via del sangue.
Non trenta volte trenta dì son corsi
da che re Enzio combatté, fu preso,
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per quella via, come un astor maniero
preso alla pania. Or ei ricorda il giorno
che passo passo in groppa d’un muletto
seguì quel carro e i bovi dell’aratro.
O sacro impero! O aquile di Roma!
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Ma Enzio a un tratto si riscuote, e parla.
Parla a Marino d’Ebulo, a Currado
di Solimburgo ora loquace or muto.
Siede cruccioso Buoso da Dovara.
“Credete voi che dorma la possanza
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del sacro impero?” Il conte apre la bocca.
Buoso tentenna il capo e non risponde.
S’odono i duri passi de’ custodi
fuor delle porte, e il busso de’ ronconi
sul pavimento. La città par vuota.
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Esclama il Re: “No: veglia!”
Dalla città par la città lontana.
Non s’ode più di tante squille e trombe
che una campana, e il busso de’ ronconi
sul pavimento e il passo de’ custodi.
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Aggiunge il Re: “Per una nube credi,
o Buoso, tu, non sia più cielo il cielo?”
Tentenna il capo Buoso da Dovara.
“Conte Currado, ben mio padre ha detto,
come tu sai, bene il sereno Augusto
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scrisse: — Faceste corna, o voi, di ferro,
con cui credete ventilare il mondo!
Alcuno ascese per cader più d’alto.
Voi fate feste e vanti coi fratelli
vostri Lombardi: ripensate al nostro
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ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli
Giovanni Pascoli Le canzoni di re Enzio
– La canzone del carroccio Q
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grande avo; addimandatene i fratelli… —
Conte, e’ le corna frangerà di ferro!”
Il conte un poco apre le labbra, e tace.
Stanno i custodi, è ferma la campana.
Non s’ode più che il paternostro, in piazza,
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d’un cieco senza guida.
Enzio a sé ode i battiti del cuore.
Pensa a suo padre. Federigo Augusto
è come Dio, tacito sì ma insonne.
Forse e’ s’aggira col possente stuolo
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presso la cerchia di città ribelli.
Cesare in armi scorre per l’impero.
Vengono al suon de’ timpani gli arcieri
arabi snelli, e grandi cavalieri
monaci assòrti ne’ lor tetri voti;
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Normanni biondi della Conca d’oro
con gli occhi incerti tra verzieri e fiordi;
conti e cattani scesi d’Apennino,
e col suo stormo cavalcando chiuso,
solo Ecellino; e leopardi e tigri,
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e con l’andar di nave i dromedari,
e il leofante con la torre quadra
da cui s’alza il vessillo imperiale
con la grande aquila; e l’imperatore.
Egli cavalca, né tristo né lieto,
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con un gerfalco al pugno.
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