Enzio a sé ode i battiti del cuore

giovane. — E s’Egli fosse alla Scultenna?

Se campeggiasse intorno alla Fossalta?

volesse su quella oste di manenti

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trar sua vendetta dove fu lor vanto?

Sono, in lor cieca oltracotanza, in campo

forse ora usciti per sentor che ne hanno… —

Ed Enzio parla: “Or di’, conte Currado

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 30

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli

Giovanni Pascoli Le canzoni di re Enzio – La canzone del carroccio Q

di Solimburgo! Se d’un tratto, andando

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coi tardi bovi e i tardi artieri il carro,

l’oste sentisse sibilar le freccie

dei Saracini, rimbombar l’assalto

dei cavalieri, calar mazze e spade

ed azze e lancie, ed apparir, ruggendo,

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il nero capo d’Ecellin d’Onara,

e stormi e stormi correre in tempesta

sopra il Carroccio, e d’ogni parte il grido

alzarsi: Roma! Roma! Imperatore!…”

“Ma egli è morto,” grida il conte: “morto.

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morto, l’Imperatore!”

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 31

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Giovanni Pascoli Le canzoni di re Enzio – La canzone del carroccio Q

X

L’Imperatore

Sì. Egli dorme in una Cattedrale,

entro l’eterno porfido dell’arca.

E’ non sa più di stormi e cavalcate,

e’ non sa più di timpani e di trombe,

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nel dolce tempo quando foglia e fiora,

ch’egli tendea nei prati i padiglioni.

Non più dai geti libera l’astore,

delle canzoni perse il motto e il suono.

Non suono più di corni o di leuti,

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ma pii bisbigli e il canto della messa.

Anche ha dimenticato gli anatemi,

e il bando a lui nel giorno dell’ulivo,

e i giorni d’ira, i giorni di sventura

coi ceri accesi e le campane a festa.

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Dorme nell’arca rossa l’Anticristo

nato alla vecchia monaca, e nudrito

da sette preti. Presso, il mare aspira

col lento succhio tutto il cielo azzurro:

al cielo dà Gennet-ol-ardh l’olezzo

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dei cedri e delle rose.

Al morto grande imperador di Roma

dissero pace i vescovi di Cristo.

Di lui parlò ‘l rabbino al Dio d’Abramo,

a braccia spante volto all’Oriente.

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Per lui, girando attorno al minareto,

le cinque volte il muezzin cantò.

Or egli giace nell’oscura cripta,

coi mali e i buoni. Oh! avessero favella!

Direbbe forse alcuno dal sepolcro:

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— Qual sei disceso presso noi Ruggero?

Noi padre il vento e madre avemmo l’onda. —

Risponderebbe: — O figli di Vikinghi!

Anch’io fui vento, figlio anch’io di vento!

Né Skaldo mai cantò sull’arpa un canto

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 32

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli

Giovanni Pascoli Le canzoni di re Enzio – La canzone del carroccio Q

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più grande e bello, né più bello e grande

mondo mai vide Re del mare in corsa,

del sogno mio… — Ma più non ha favella

ora, e il coperchio è sceso omai per sempre

sull’arca fiammeggiante.

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Dorme, ma i sogni non saprà narrare,

s’egli pur sogna, e si ritrova a Roma

sulla quadriga di cavalli bianchi

per la Via Sacra andando al Campidoglio.

Placato è il Mondo. Seguono, al guinzaglio,

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Cesare Augusto leopardi e tigri,

vengono sopra il dosso d’elefanti

l’armi e i trofei delle città ribelli…

O lascia il Mondo veleggiando al Regno

santo di Dio. Distendono le vesti

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e ramuscelli per le vie, ch’e’ viene.

Cantano Osanna! Osanna negli eccelsi!

Tutti hanno in mano i rami delle palme.

Cristo ritorna al suo sepolcro vuoto.

Cristo ritorna a dare la sua pace.

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Sta sulle porte di Gerusalemme.