Tutta la città ne ondeggia.

S’odono cozzar armi, squillar trombe.

5

Póntano i piedi, e il duro collo i bovi

stirano, e sbalza sulle selci il carro.

Tuonano le alte volte dell’Arengo.

E il re si desta. Il re sognava danze

di Saracine del color d’ulivo…

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Scoteano lieve il cimbalo sonoro.

Sognava il re di falconar nel greto

d’un grande fiume, sul suo bel ginnetto…

Seguia lassù la ruota dell’astore.

Sognava le foreste di Gallura:

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era nel folto, al guato del cignale…

Udia sonare alla lontana il corno.

Sognava guerra, e colpi e sangue e morte,

su vivi e morti alto l’imperatore…

Vedeva… Il sogno ecco gli rompe il cupo

20

strepito del Carroccio.

Esce il Carroccio e sta sotto l’Arengo.

Par che si levi un pianto dalle donne.

— Quando tu parti, nulla qui rimane:

restano solo i morti nelle chiese.

25

Tu rechi gli altri a non sappiam che terre:

felici i morti presso il loro altare!

Tu vai per via coi lenti bovi al passo:

ecco i ladroni sopra gran cavalli.

Forse hai le ruote prese dentro il fango:

30

scagliano frecce con le gran balestre.

O forse è afa, polvere, sudore…

Che fresco sotto gli archi di San Pietro!

Non più consigli nella bella chiesa,

vicino ai morti ed alle pie reliquie:

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 14

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli

Giovanni Pascoli Le canzoni di re Enzio – La canzone del carroccio Q

35

dove son più le compagnie dell’arti?

dove son più le compagnie dell’armi?

Non ci son più, che donne inginocchioni;

chi sa, se mogli, se ancor madri, o nulla?

e fanciulletti; e fanno male al cuore,

40

ché giocano al Carroccio! —

Resta il Carroccio all’ombra dell’Arengo.

Ora s’adorna dei suoi scudi in giro:

l’Aquila, il Pardo, il Grifo, il Toro, il Cervo ed il Leone; Spade, Schize, Sbarre.

45

Fiorisce il carro di color di cielo,

di sangue e d’oro. Fascie bianche e nere

paion da un canto ricordare un lutto.

Guardano i vecchi, rissano i fanciulli,

ché in cuore ognuno ha una di quelle arme,

50

forse la Branca, oppur la Stella d’oro.

Anche i Lioni, senza più criniera,

lioni vecchi, odiano il Grifo alato,

o chiusi nel turrito lor Castello,

sdegnano i Vari e schifano i Balzani.

55

Uomini in tanto drizzano l’antenna

sopra il suo piede, e funi tese e nervi

tengono fermo l’albero sul carro.

Un lieve tocco dà la Martinella,

e bianca e rossa ondeggia in alto al vento

60

l’insegna del Comune.

Guardano, or sì, vecchi e fanciulli, in alto.

Le donne in cuore hanno finito il pianto.

— Quando tu parti, teco viene il tutto:

poniam su te tutte le vite nostre.

65

Le nostre vite porti uguali unite:

carico vai di grappoli e di spighe.

Quello che fummo e quello che saremo,

tranano i lenti e forti bovi al passo.

Op.