Ferguson passerà verso le quattro: uccidilo. Questo è tutto per oggi, credo.
Se trovi il tempo, scrivi un articolo tosto sulla polizia: fai vedere i sorci verdi all’ispettore 58
capo. Le fruste sono sotto il tavolo; le armi nel cassetto, le munizioni là nell’angolo, e garza e bende laggiù nello schedario. Se ti capita qualcosa, vai da Lancet, il chirurgo, al piano di sotto. Si fa pubblicità e ci paga in natura».
Se ne andò. Rabbrividii. Di lì a tre ore ero passato attraverso pericoli così terribili che tutta la mia serenità e l’allegria mi avevano abbandonato. Gillespie era venuto e aveva buttato me fuori della finestra. Jones era arrivato subito e, quando stavo per frustarlo, mi aveva subito tolto lo scudiscio di mano.
Nell’incontro con uno sconosciuto, del tutto imprevisto, avevo perduto lo scalpo. Un altro sconosciuto, di nome Thompson, mi ridusse a una carcassa di stracci strappati. E alla fine, stretto in un angolo e incalzato da una infuriata massa di direttori, bari, politici e banditi che erano dappertutto, bestemmiavano e
brandivano le armi sul mio capo tanto che l’aria sembrava scintillare di quei lampi d’acciaio, stavo per rassegnare le mie dimissioni quando arrivò il capo e con lui un mucchio di amici 59
affezionati ed entusiasti. Ne seguì una sommossa e una carneficina tale che nessuna penna umana o d’acciaio potrebbe descrivere.
Si presero a pistolettate, gente infilzata, smembrata, fatta esplodere, gettata fuori della finestra. Ci fu un breve tornado di torbida blasfemia con una confusa e frenetica danza di guerra, e poi tutto finì. In cinque minuti ci fu silenzio; il capo sanguinante e io sedemmo da soli a ispezionare la cruenta rovina che si stendeva sul pavimento intorno a noi.
Disse: «Ti piacerà questo posto, quando ci avrai fatto l’abitudine».
Dissi: «Devi scusarmi, ma penso che forse, dopo un po’, riuscirei anche a scrivere come piace a te; potrei farcela, una volta fatto un po’
di esercizio ed essermi impadronito della lingua. Ma, a essere sincero, quelle espressioni così energiche hanno i loro inconvenienti e l’uomo è suscettibile alle interruzioni. Lo vedi anche tu. La scrittura vigorosa è senza dubbio adattissima a elevare il pubblico, ma non me la sento di attrarre tutte le attenzioni che 60
richiamano questo modo di fare. Non posso scrivere a mio agio quando vengo interrotto ogni volta, come è successo oggi. L’incarico mi piace, ma non mi va di essere lasciato qui a ricevere i clienti. Sono esperienze fantastiche, devo ammetterlo, e in un certo senso anche divertenti, ma non sono distribuite equamente: un signore ti spara dalla finestra e colpisce me; una bomba a mano viene giù dal tubo della stufa in tuo omaggio e mi schianta in gola lo sportello della suddetta; arriva un amico per fare quattro chiacchiere con te e m’impallina così tanto che i miei princìpi non stanno più nella pelle; te ne vai a cena e Jones arriva con la frusta, Gillespie mi butta fuori della finestra, Thompson mi strappa tutti i vestiti, un perfetto sconosciuto mi prende lo scalpo con la tranquilla confidenza di un vecchio amico; in meno di cinque minuti tutti i fuorilegge del paese arrivano in assetto da guerra e iniziano a terrorizzarmi a morte con i loro tomahawk. Per concludere, in tutta la mia vita non ho mai passato una giornata più movimentata di 61
questa. No; tu mi piaci e mi piace pure la calma imperturbabile con cui spieghi le cose ai clienti, ma vedi da te che non ci sono abituato. Il cuore del Sud è troppo impulsivo; l’ospitalità meridionale è troppo generosa per uno
straniero. I paragrafi che ho scritto oggi e nelle cui fredde frasi tu hai infuso il fervente spirito del giornalismo del Tennessee scateneranno un altro vespaio.
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