Il povero Stanley6 era un dio in Inghilterra, il suo elogio era sulle labbra di tutti. Nessuno aveva niente da dire in merito alle sue conferenze, tutti stavano

caritatevolmente zitti, accontentandosi di elogiare le sue virtù più alte. Ma i nostri giornali hanno squartato quella povera creatura e ne hanno sparso i frammenti dal Maine alla California, per il semplice fatto che non era un bravo conferenziere. I suoi prodigiosi successi 6 Henry Morton Stanley (1841-1904) giornalista ed esploratore statunitense. Raggiunse grande popolarità per aver guidato la missione di ritrovamento in Africa dell’esploratore scozzese David Livingstone di cui si erano perse le tracce da mesi, missione finanziata dal giornale americano «New York Herald».

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in Africa non contano più niente — l’uomo viene degradato e completamente distrutto — e la persecuzione lo insegue implacabilmente da una città a un’altra, da un villaggio a un altro, come se avesse commesso qualche sanguinoso e abominevole crimine.

A un tratto, i nostri giornali hanno strappato Bret Harte7 dall’oscurità e l’hanno messo su un trono sopra le nuvole. Tutti i direttori di giornale del paese sono usciti anche con il brutto tempo per adorarlo dai loro telescopi e hanno agitato i cappelli fino a consumarli, per poi prenderne in prestito altri; ma la prima volta che la sua famiglia era in difficoltà e che per i suoi guai e le sue vessazioni ha sfornato un articolo abbastanza piatto invece di un altro Heathen Chinee8 , invece di osannarlo, hanno 7 Bret Harte (1839 - 1902) scrittore e poeta americano. Noto soprattutto per i suoi resoconti della vita pionieristica in California.

8 The Heathen Chinee è un poema di Bret Harte che riscosse grande successo. Il testo fu pubblicato nel 1870 dal magazine mensile «Overland Monthly», The Heathen Chinee è un poema satirico contro il pregiudizio, allora molto diffuso nella comunità irlandese, sui cinesi immigrati che rubavano il lavoro agli irlandesi.

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detto: «Ma quest’uomo è un truffatore!» e hanno cominciato a dargli la caccia. E l’hanno preso, tirato giù, calpestato, l’hanno fatto rotolare nel fango, l’hanno messo alla gogna e infine usato come bersaglio; e da allora non smettono di gettargli fango addosso. Il risultato è che quest’anno Harte ha avuto solo

diciannove inviti per fare conferenze e il suo pubblico si è completamente disperso. L’uomo è rovinato — tanto da non potersi più rialzare.

Eppure era una persona con grandissime capacità e avrebbe potuto fare grandi cose per la nostra letteratura, se solo gli fosse stata data un’opportunità migliore. Ha anche commesso l’errore di fare un gesto di generosità pecuniaria per un mendicante morente di fame della nostra corporazione — uno appartenente alla classe calzolaia giornalistica — e quel mendicante si è impegnato, non appena

rientrato a San Francisco, a pubblicare quattro colonne di rivelazioni su crimini commessi da parte del suo benefattore, i meno gravi dei quali farebbero arrossire qualunque uomo decente.

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Dunque, il giornale che ha pubblicato quel materiale aveva troppa libertà.

In una città del Michigan ho declinato l’invito a pranzo di un direttore in evidente stato di ebbrezza. Egli ha scritto sul suo giornale che la mia conferenza era blasfema, indecente e tesa a incoraggiare il disordine.

Eppure quell’uomo non l’aveva mai sentita. Se l’avesse fatto si sarebbe ravveduto. Una volta su un giornale di Detroit hanno scritto che avevo l’abitudine di picchiare mia moglie e che continuavo a praticare questa attività pur avendola resa definitivamente invalida, tanto da non poter essere più in grado di sfuggirmi quando rientravo a casa nel mio solito, disperato, stato mentale. Ora, nemmeno la metà di queste affermazioni era vera. Forse avrei dovuto fare causa a quell’uomo per

diffamazione — ma sapevo che era meglio non farlo. Tutti i giornali d’America, con qualche onorevole eccezione, avrebbero allora concluso

— con loro grande soddisfazione — che ero un marito violento, e avrebbero divulgato 26

ampiamente la notizia.

Per la verità anch’io ho pubblicato

diffamazioni brutali — e per questo dovrei essere impiccato prima che giunga la mia ora.

Ma non continuerò con questi commenti. Ho una specie di vaga idea generale che ci sia troppa libertà di stampa in questo paese, e che per l’assenza di un sano invito alla

moderazione, il giornale sia diventato, in larga misura, una maledizione nazionale, che probabilmente condannerà ancora la

Repubblica.

I giornali possiedono alcune eccellenti virtù, dei poteri che esercitano una grande influenza per il bene comune; avrei potuto raccontare queste cose, osannandole in modo esauriente —

ma così, signori, non avrei lasciato niente da dire a voi.