Poteva esserci qualcosa di più

deliberatamente malevolo di questo? Io non ero mai stato a Montana in vita mia.

Dopo ciò, quel giornale continuò a parlare di me come di «Twain, il ladro di Montana».

Continuai a sbirciare i giornali con

preoccupazione, come chi alzasse una coperta con la vaga idea di trovarci sotto un serpente a sonagli. Un giorno mi capitò sotto gli occhi questo:

UNA MENZOGNA VELATA

«Dalle testimonianze giurate di Michel 32

O’Flanagan, di Mr. Snab Rafferty e di Mr.

Catty Mulligan, risulta che la vile

dichiarazione di Mr. Mark Twain, secondo la quale il compianto avo del nostro beneamato portabandiera J. Blank fu impiccato per rapina, è una brutale e gratuita menzogna, senza alcun fondamento. É deprimente per gli uomini onesti veder impiegare, per arrivare a un successo politico, mezzi vergognosi come l’attaccare i morti e coprire i loro onorati nomi di calunnie. Quando pensiamo

all’angoscia che questa miserabile menzogna provocherà agli innocenti congiunti e amici del defunto, siamo quasi tratti a incitare il popolo, insultato e oltraggiato, a una sommaria e illegale vendetta sul calunniatore.

Ma no! Lasciamolo all’agonia di una

coscienza dilaniata (benché, se la folla nella sua cieca ira facesse giustizia sommaria, è troppo ovvio che nessuna giuria potrebbe accusare e nessun tribunale punire coloro che hanno commesso il fatto)».

L’ingegnosa frase finale ebbe l’effetto di catapultarmi frettolosamente giù dal letto quella 33

stessa notte, e pure fuori dalla porta sul retro, mentre il «pubblico oltraggiato e insultato» si accalcava alla porta davanti, sfasciando mobili e finestre nella sua legittima indignazione, e portandosi via tutto quello che potè quando se ne andò.

Eppure io posso mettere la mano sulla Bibbia e giurare di non aver mai calunniato il nonno di Mr. Blank. Di più: non avevo neppure mai sentito parlare di lui o parlato di lui prima di quel giorno e di quella data. Aggiungerò, di sfuggita, che il giornale sopra citato da allora in poi si riferì sempre a me come a «Mr. Twain, il calunniatore di cadaveri». Il successivo articolo di giornale che attrasse la mia attenzione fu il seguente:

UN BEL CANDIDATO!

«Mr. Mark Twain, che ieri sera doveva

tenere uno sferzante discorso al comizio degli Indipendenti, non è venuto! Un telegramma 34

del suo dottore affermava che era stato travolto da una carrozza in corsa, e aveva una gamba spezzata in due punti, che era a letto in preda a terribili sofferenze, e altre

stupidaggini del genere. E gli Indipendenti hanno cercato in tutti i modi di mandar giù quel basso sotterfugio, e hanno fatto finta di non sapere quale fosse la vera ragione dell’assenza di quell’individuo corrotto che chiamano il loro rappresentante. Ma un certo tizio fu visto scivolare la notte scorsa nell’albergo di Mr. Twain in uno stato di ubriachezza bestiale. È imperativo dovere degli Indipendenti provare che quel brutto intossicato non era Mark Twain in persona.

Lo abbiamo finalmente! È questo un caso che esige risposta. La voce del popolo domanda con voce tuonante: “CHI ERA

QUELL’UOMO?”».

Era incredibile, assolutamente incredibile, che per un attimo solo il mio nome fosse stato realmente accostato a quel disgraziato. Erano passati tre lunghi anni da quando per l’ultima volta avevo assaggiato birra, vino, o liquori di 35

qualunque tipo.

Può servire a dimostrare quale effetto avesse quel periodo su di me, quando mi vidi trattato confidenzialmente come «Mr. Delirium

Tremens Twain» sul numero successivo di quel giornale, e non ebbi neppure un sussulto, nonostante sapessi che d’ora in poi quel giornale mi avrebbe chiamato così con

monotona fedeltà fino alla fine dei miei giorni.

Nel frattempo le lettere anonime stavano diventando una parte importantissima della mia posta.