«Per amore di Dio» aggiungeva «trovatemi un poco di quella sostanza.»

«È uno strano biglietto» disse il signor Utterson; poi, severamente: «Come mai l’avete aperto?»

«Il commesso di Maw s’irritò, signore, e me lo restituì in malo modo» rispose Poole.

«Questa è indubbiamente la scrittura di Jekyll, vero?» riprese l’avvocato.

«Mi pare di sì» disse il domestico piuttosto arcigno; poi, con altro tono di voce: «Ma comunque sia, io l’ho veduto!»

«L’avete veduto?» ripeté il signor Utterson «l’avete visto bene?»

«Certo!» disse Poole. «È andata così: sono arrivato all’improvviso nella sala anatomica dal cortile. Mi è parso che lui fosse sgusciato fuori per cercare quella droga, o quello che era; infatti, la porta del gabinetto era aperta, e lui era lì, in fondo alla stanza, che frugava tra le casse. Quando entrai alzò gli occhi, gettò una specie di grido, e scomparve di sopra, nel suo gabinetto. Solo per un minuto, l’ho visto, ma i capelli mi si erano drizzati sulla testa come aculei. Signore, se quello era il mio padrone, perché portava una maschera sulla faccia? Se quello era il mio padrone, perché aveva gridato come un sorcio in trappola, ed era fuggito davanti a me? Io sono stato tanto tempo al suo servizio. E poi…» S’interruppe, e si passò una mano sul viso.

«Queste sono tutte circostanze molto strane» disse il signor Utterson. «Ma credo di cominciare a vederci chiaro. Il vostro padrone, Poole, è semplicemente vittima di una di quelle malattie che torturano e deformano il malato; questa è la causa, a quanto mi sembra, dell’alterazione della voce; di quella maschera e dell’allontanamento dagli amici; della sua ansia di trovare il medicamento, per mezzo del quale il poveretto ha qualche speranza di guarigione, e Dio voglia che non resti deluso! Questa è la mia spiegazione: è abbastanza triste, Poole, sì, e pauroso a pensarci, ma è chiaro e naturale, logico, e ci libera da ogni esagerato allarme.»

«Signore» disse il domestico, con una sorta di pallore in viso «quello non era il mio padrone, è certo. Il mio padrone….» (e qui si guardò intorno e cominciò a parlare a bassa voce) «è un uomo alto e ben fatto, e quello era poco più di un nano.»

Utterson tentò di protestare.

«Oh, signore,» esclamò Poole «credete che io non conosca il mio padrone dopo vent’anni? Credete che non sappia dove arriva la sua testa, sulla porta della sua stanza, dove l’ho veduto ogni mattina della mia vita? No, signore, quella persona con la maschera non era il dottor Jekyll… Dio solo sa chi era, ma non era affatto il dottor Jekyll; e sono profondamente convinto che ci sia stato un assassinio.»

«Poole,» ribatté l’avvocato «se voi affermate questo diverrà mio dovere accertarmene. Per quanto io desideri rispettare i sentimenti del vostro padrone, per quanto sia messo in imbarazzo da questo biglietto che sembra provare la sua esistenza, considererò mio dovere sfondare quella porta.»

«Ah, signor Utterson, questo si chiama parlare!» esclamò il maggiordomo.

«E ora viene la seconda questione,» riprese Utterson «Chi la sfonderà?»

«Ebbene, voi ed io, signore» fu la risposta pronta.

«Molto ben detto,» rispose l’avvocato «e qualsiasi cosa avvenga, farò il possibile perché voi non dobbiate avere noie.»

«C’è un’ascia, nella sala anatomica» continuò Poole; «e voi potrete prendere l’attizzatoio.»

L’avvocato prese quel rozzo ma pesante strumento, e lo bilanciò nel pugno.

«Sapete, Poole,» disse, alzando gli occhi «che voi e io stiamo per cacciarci in una posizione pericolosa?»

«Potete ben dirlo, signore, effettivamente» rispose il maggiordomo.

«E allora sarà opportuno che siamo franchi» disse l’altro. «Tutt’e due pensiamo più di quanto non abbiamo detto: parliamoci chiaro. La persona mascherata che avete vista, l’avete riconosciuta?»

«Ebbene, signore, è stato così rapido ed era così trasformata, che non potrei affatto girarlo» fu la risposta. «Ma se volete dire… che quello era il signor Hyde, ebbene, sì, credo che lo fosse! Vedete, era della sua corporatura; e aveva la stessa sua rapidità; e poi, chi altro poteva essere entrato dalla porta del laboratorio? Non avrete dimenticato, signore, che all’epoca dell’assassinio aveva ancora la chiave con sé. Ma questo non è tutto. Non so, signor Utterson, se voi abbiate mai incontrato quel signor Hyde?»

«Sì» disse l’avvocato. «Ho parlato una volta con lui.»

«Allora dovete sapere come lo sappiamo noi che c’era qualcosa di strano intorno a quell’uomo… qualcosa che faceva rabbrividire… non so bene come spiegarlo, signore, se non così: qualcosa che vi far venire il freddo sin nel midollo delle ossa.»

«Anch’io ho provato qualcosa di simile» disse il signor Utterson.

«Proprio così, signore» rispose Poole. «Ebbene, quando quell’essere mascherato saltò come una scimmia di tra gli apparecchi chimici e scomparve nel gabinetto, provai un brivido lungo tutta la spina dorsale. Oh, lo so, non è una prova, signor Utterson; sono abbastanza istruito per sapere questo; ma un uomo ha le sue sensazioni, e io vi giuro sulla Bibbia che quello era il signor Hyde!»

«Sì, sì,» disse l’avvocato «i miei timori vanno d’accordo con i vostri. Temo che il male sia stato l’origine (e il male doveva essere la conseguenza) di quella relazione. Ah, certamente, vi credo; credo che il povero Harry sia stato ucciso; e credo che il suo assassino (per quale motivo, solo Dio lo sa) stia ancora rinchiuso nella stanza della sua vittima. Bene, che il nostro nome sia vendetta: chiamate Bradshaw.»

Il domestico accorse al richiamo, pallidissimo e nervoso.

«Fatevi animo, Bradshaw» disse l’avvocato. «Questa incertezza vi pesa, vi infastidisce; ma, ora, è nostra intenzione porre termine a simile stato di cose. Poole e io stiamo per forzare la porta del gabinetto. Se tutto va bene, le mie spalle sono larghe abbastanza per sopportare i rimproveri. Frattanto, per il caso che vi sia veramente qualcosa di anormale, oppure che qualche malfattore cerchi di fuggire dalla parte posteriore, voi e il ragazzo girate l’angolo con un paio di buoni bastoni, e appostatevi davanti alla porta del laboratorio. Vi diamo dieci minuti per arrivare al vostro posto.»

Mentre Bradshaw si allontanava, l’avvocato guardò l’orologio.

«E adesso, Poole, andiamoci noi, al nostro posto» disse, e, mettendosi l’attizzatoio sotto il braccio, si avviò verso il cortile.

Le nubi avevano coperto la luna, ed ora faceva buio. Il vento, che, giungeva solo a folate, e penetrava in quella fitta massa di caseggiati, agitò la fiamma della candela davanti ai loro passi, sinché non giunsero al riparo della sala anatomica dove essi sedettero in silenzio ad aspettare. Londra mormorava solennemente tutt’intorno; ma lì vicino, il silenzio era rotto soltanto dal rumore dei passi che andavano su e giù sul pavimento del gabinetto privato.

«Così cammina tutto il giorno, signore» mormorò Poole. «Sì, e anche per gran parte della notte.