Nel Palazzo si vedevano ancora illuminate le finestre della biblioteca e altre due nella stessa ala, sull'angolo del secondo piano; una verso ponente, l'altra verso mezzogiorno. Prima di toccar le casupole, il sentiero svoltava fra i due muricciuoli bassi, in un avamposto di granoturco e di gelsi.
"Dove andiamo?" domandò Silla affacciandosi all'entrata scura del villaggio.
"Solo un poco avanti" rispose Steinegge, incoraggiandolo.
"Le sarei grato se ci fermassimo qui."
Steinegge sospirò.
"Come volete. Fuori del ciottolato, allora."
Ritornarono un passo indietro dai muricciuoli e sedettero sull'erba, dalla parte del ponte.
"Io faccio come volete, signor" disse il segretario "ma questo è molto male per Voi di non bere. Gli amici delle ore tristi sono pochi e il vino è il più fedele. Non bisogna trascurarlo. Mostrategli di vederlo volentieri, Vi accarezza il cuore: trattatelo male e, se un giorno ne avrete bisogno, Vi morderà."
Silla non rispose.
Era dolce a contemplare, nello stato d'animo suo, la notte senza luna e senza stelle. Dal vallone spirava una tramontana fresca, pregna d'odor di bosco.
Erano lì da pochi minuti quando udirono a destra fra le casupole un suono cupo di molti passi, che si allargò subito all'aperto e si fermò.
"Ooh, Angiolina!" chiamò qualcuno.
Silenzio.
"Ooh, Angiolina!"
Una finestra si aperse e una voce femminile rispose:
"Che volete?"
"Niente, vogliamo. Siamo qui al caffè della valle a prendere come i signori, e vogliamo far quattro chiacchiere."
"Maledetti ubbriaconi, è questa l'ora di far chiacchiere? Dovevate stare all'osteria a far chiacchiere."
"Ci è troppo caldo" saltò su un altro. "Si sta meglio qui a cavallo de' muri. Non sentite che bel freschino? Come volete fare a dormire? L'è pazzia stare a letto con questo caldo. Non è andato a letto neppure il vecchio del Palazzo stasera. Non vedete che ha ancora acceso il lume?"
"Non si vede da qui. Sarà il lume della signora donna Marina."
"Oh adesso! Mai più. C'è bene anche quello, ma le due finestre chiare, abbasso, sono quelle dei libri. Ho mica da saperlo? Sono stato giù l'altro giorno a metterci due lastre."
"Ci hanno ad essere de' forestieri" disse un terzo.
"Sì, c'è un giovinotto di Milano. L'ha detto il cuoco stasera alla Cecchina. Ci deve essere per aria di combinar qualche cosa con la signora donna Marina."
"Stia allegro chi la toglie, quella lì, che toglie un bel balocco, sì!" disse la donna. "Ha detto così la signora Giovanna alla Marta del signor curato, che hanno attaccato lite anche oggi e che lui, il vecchio, le ha sbattuto giù il libro dalla finestra, e lei allora ha fatto il demonio. La signora Giovanna tiene dal suo padrone, ma già sono matti tutti e due. Solo per il nome non la vorrei quella lì, se fossi un uomo. Ha un gran nome da strega, sapete. Malombra!"
"Oh sì, sì, come ha ragione quella donna, da strega!" disse piano Steinegge. "Questo è divertente."
"E mica Malombra, è Crusnelli."
"Malombra!"
"Crusnelli!"
"Malombra!"
Si riscaldavano, gridavan tutti insieme.
"Andiamo via" disse Silla.
Si alzarono e ridiscesero verso casa.
Quando giunsero in fondo al seno del Palazzo, dove faceva tanto buio che Steinegge si pentì di non aver preso seco la lanterna, saltò su nel silenzio il suono chiaro e dolce d'un piano. Rischiarò la notte. Non si vedeva nulla ma si sentivano le pareti del monte intorno alle note limpide, si sentiva, sotto, l'acqua sonora. In quel deserto l'effetto dello strumento era inesprimibile, pieno di mistero e di immaginazioni mondane. Era forse un vecchio strumento stanco, e in città, di giorno, si sarebbe disprezzata la sua voce un poco fessa e lamentevole; pure quanto pensiero esprimeva lì nella solitudine buia! Pareva una voce affaticata, assottigliata dall'anima troppo ardente. La melodia, tutta slanci e languori appassionati, era portata da un accompagnamento leggero, carezzevole, con una punta di scherzo.
"Donna Marina" disse Steinegge.
"Ah" sussurrò Silla "che musica è?"
"Ma!" rispose Steinegge "pare Don Giovanni, Voi sapete: Vieni alla finestra. Suona quasi sempre a quest'ora."
In biblioteca non c'era più lume. "Il signor conte arrabbia adesso" disse Steinegge.
"Perché?"
"Perché non ama la musica e quella lo fa apposta."
Silla zittì con le labbra.
"Come suona!" diss'egli.
"Suona come un maligno diavolo che abbia il vino affettuoso" pronunciò Steinegge.
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