(A Davison, quando è sulla soglia) Prendete questo foglio, ve lo affido in custodia.

 

DAVISON (guardando terrorizzato il foglio)

Il tuo nome, Maestà! Hai deciso, allora?

 

ELISABETTA

Dovevo firmare, e l’ho fatto. Un foglio non risolve ancora nulla, un nome non uccide.

 

DAVISON

Maestà, il tuo nome su questo pezzo di carta risolve tutto, è come un fulmine che atterra e annienta al suo passaggio. Questo foglio ingiunge ai commissari e allo sceriffo di andare immediatamente al castello di Fotheringhay ad annunciare l’imminente esecuzione alla regina di Scozia che sarà condotta al patibolo al levar del sole. Non c’è possibilità di rinvio: una volta consegnato questo foglio, è come se lei fosse già morta.

 

ELISABETTA

Sì, Davison! Dio affida alle vostre mani un grande destino! Pregatelo perché vi assista nella sua Onnipotenza. Io vado, vi lascio al vostro dovere. (Si avvia all’uscita)

 

DAVISON (sbarrandole il passo)

No, Maestà! Non lasciarmi prima di avermi fatto esplicitamente intendere qual è la tua volontà. C’è bisogno di ulteriori istruzioni, o i tuoi ordini vanno eseguiti alla lettera? Tu mi affidi questo foglio perché ciò che vi è contenuto venga immediatamente eseguito?

 

ELISABETTA

Provvederà a ciò la vostra saggezza…

 

DAVISON (interrompendola terrorizzato)

Non la mia! Dio me ne guardi! La mia sola saggezza consiste nell’ubbidirti! Qui niente dev’essere lasciato all’arbitrio della mia saggezza! Un errore insignificante può concludersi in un regicidio, e causare un disastro abnorme, tremendo, incalcolabile! Lascia che in un affare di importanza fondamentale come questo io mi limiti ad essere il cieco strumento del tuo volere. Ti invito a dichiarare la tua volontà. Come debbo comportarmi con questa sentenza di morte?

 

ELISABETTA

Il suo nome te lo indica senza possibilità di dubbio.

 

DAVISON

Vuoi che sia eseguita seduta stante?

 

ELISABETTA (esitando)

Non ho detto questo, il solo pensiero mi fa tremare.

 

DAVISON

Vuoi che la custodisca ancora per qualche tempo?

 

ELISABETTA (rapidamente)

Sulla vostra diretta responsabilità! Ve ne addebiterò le conseguenze.

 

DAVISON

Conseguenze? Io? Dio del cielo! Dimmi cosa vuoi realmente, Maestà…

 

ELISABETTA (impaziente)

Voglio mettere la parola fine a questa storia maledetta, e trovare per sempre, finalmente, la pace!

 

DAVISON

Ti costerà una sola parola. Di’ cosa vuoi fare di questo foglio.

 

ELISABETTA

Vi ho già risposto, non tormentatemi ancora!

 

DAVISON

L’hai già detto? Non hai detto nulla. Ricordatelo, ti prego, Maestà!

 

ELISABETTA (battendo un piede per terra)

È intollerabile!

 

DAVISON

Abbi pazienza con me! Solo da pochi mesi ricopro questo incarico. Non so ancora destreggiarmi col linguaggio delle corti e dei monarchi… ho ricevuto un’educazione semplice. Quindi, ti prego di essere indulgente con chi ti serve! Pronuncia, ti scongiuro, una parola meno ambigua che mi ponga nelle migliori condizioni di fare il mio dovere… (Si avvicina in tono supplichevole alla regina, che gli volge le spalle. Disperato, ma in tono reciso) Riprenditi questo foglio! Mi brucia le mani. In questo orribile caso, serviti di qualcun altro.

 

ELISABETTA

Fate il vostro dovere! (Esce)

 

Scena dodicesima

 

 

Davison e, subito dopo, Burleigh.

 

DAVISON

Se n’è andata! Mi lascia nell’incertezza e nel dubbio, senza sapere come devo comportarmi, cosa fare di questo foglio orribile… Lo devo conservare, o lo devo consegnare? (A Burleigh che entra in scena) Milord, giungete al momento opportuno. È a voi che devo la mia attuale incombenza: dispensatemene! Quando ho accettato, ignoravo le pesanti responsabilità che comporta! Lasciatemi tornare di nuovo nell’oscurità da cui provengo, dove mi avete scoperto. Questo non è un posto che fa per me…

 

BURLEIGH

Cosa succede, Davison? Calmatevi. Dov’è la sentenza? La regina vi aveva convocato.

 

DAVISON

Mi ha appena lasciato in preda alla collera. Datemi un consiglio, vi supplico! Aiutatemi! Liberatemi da questo dubbio infernale… Ecco la sentenza: è firmata!

 

BURLEIGH (vivacemente)

È firmata? Consegnatemela! Subito!

 

DAVISON

Non posso.

 

BURLEIGH

Come?

 

DAVISON

Non ha detto esplicitamente qual era la sua volontà.

 

BURLEIGH

La sua volontà? C’è la sua firma! Consegnatemela!

 

DAVISON

Devo farla eseguire? O non farla eseguire? Mio Dio, non so più cosa fare!

 

BURLEIGH (senza concedergli tregua)

Dovete farla eseguire immediatamente. Datemela! Un attimo di indugio, e siete finito!

 

DAVISON

Sono finito, se mi precipito senza riflettere.

 

BURLEIGH

Siete un povero pazzo! Su, datemela! (Gli strappa di mano il foglio ed esce a precipizio)

 

DAVISON (correndogli dietro)

Cosa fate? Fermatevi! Volete rovinarmi!

 

ATTO QUINTO

 

 

 

La stessa stanza del primo atto.

 

 

Scena prima

 

 

(Hanna Kennedy, vestita a lutto, con gli occhi rossi di pianto, e un’espressione di indicibile sofferenza sul volto, sta sigillando lettere e pacchi. Spesso il dolore la distoglie dalle sue occupazioni, e si mette a pregare in silenzio. Entrano Paulet e Drury, anch’essi vestiti a lutto, seguiti da alcuni servi che portano vasi d’oro e d’argento, quadri, specchi ed altri oggetti preziosi di cui riempiono il fondo della stanza. Paulet porge alla nutrice uno scrigno di gioielli con un foglio, e a gesti le fa intendere che si tratta dell’inventario. Alla vista degli oggetti, aumenta la disperazione della nutrice che piomba in un silenzio muto e doloroso, mentre gli altri si allontanano. Entra Melvil).

 

KENNEDY (in un grido, scorgendolo)

Melvil! Siete voi! Dopo tanto tempo!

 

MELVIL

Cara Hanna, ci rivediamo!

 

KENNEDY

Dopo una separazione così lunga e penosa!

 

MELVIL

Che incontro doloroso!

 

KENNEDY

Dio mio! Voi venite…

 

MELVIL

A salutare la mia regina per l’ultima volta!

 

KENNEDY

Solo oggi, il giorno della sua morte, le viene permesso di rivedere la sua gente, come desiderava… Oh, caro Melvil, non voglio sapere come avete vissuto in questi lunghi anni, né raccontarvi cosa abbiamo sofferto da quando ci hanno divisi. Avremo il tempo, per questo. Ahimè! Dovevamo vivere per vedere l’alba di un giorno simile, Melvil!

 

MELVIL

Hanna, non è il momento di piangere! Lo farò per tutto il resto della mia vita. Il sorriso non incresperà mai più le mie labbra, e continuerò per sempre a vestire a lutto! La mia pena non avrà mai fine, ma oggi devo radunare il coraggio che mi resta… Promettetemi anche voi di dominarvi. Quando tutti piomberanno nella più profonda disperazione, noi dovremo mantenere un contegno di estrema fermezza per fornirle tutta l’assistenza di cui avrà bisogno negli ultimi istanti, prima della morte.

 

KENNEDY

Vi sbagliate, Melvil, a supporre che la regina abbia bisogno di noi per morire con dignità! Vi giuro che invece sta dandoci l’esempio di un coraggio e di una virtù inauditi. Non abbiate timore: come un eroe e come un sovrano morrà Maria Stuarda.

 

MELVIL

Come ha accolto l’annuncio dell’esecuzione? Dicono non vi fosse preparata.

 

KENNEDY

No, non lo era.